La Galleria Marcorossi artecontemporanea, in contemporanea nelle due Gallerie di Milano (Corso Venezia) e di Verona, ha in corso una mostra personale di Arcangelo dal titolo “Da terra mia. Opere 1983-2012”, dell’artista campano, meglio dire sannita, che della sua terra ne ha fatto elezione sacrale, “genius loci”, territorio da vivere tra passato e presente, ricavandone una sorta di storia di misteri e tradizioni che ancor oggi lasciano tracce forti in suoi dipinti e sculture. Arcangelo è nato ad Avellino nel 1956, ha frequentato il Liceo Artistico a Benevento, per poi diplomarsi all’accademia di Belle Arti di Roma nel 1980. Nel 1981 si è trasferito a Milano, dove oggi vive e lavora, alternando alla vita milanese viaggi frequenti e lunghi soggiorni nella campagna campana. Il suo è un curriculum indiscusso, con partecipazioni a mostre in tutto il mondo e presenze istituzionali e museali, in quanto è stato capace di raccontare visivamente una storia del territorio italiano sotto traccia. L’esposizione raccoglie una selezione di circa sessanta opere su carta, dal primo ciclo di opere Terra mia del 1983 fino ad arrivare a quello, dell’estate del 2012, intitolato Ex-Voto, attraversando così quasi trent’anni di lavoro. Unitamente alle opere su carta troviamo in mostra un’installazione di sculture in cera e alcune opere su tela relative ai cicli esposti. Il lavoro nobile e misterico di Arcangelo, infatti, procede da sempre in cicli pittorici che prendono spunto dalla sua vita: la sua terra, il Sannio, come per i cicli Terra mia, i Misteri, i Sanniti, Ex Voto, e dai suoi viaggi compiuti o sognati come Tappeti persiani, Verso Oriente, Dogon, Segou e Beirut. Opere, dunque, cariche di segni, simboli e grafemi, con macchie che paiono “lacerti di colore” e cromie accese o terrose e neri profondi come le notti, piene di accensioni gestuali, sgocciolature di colore, brevi spunti figurali come teste e oggetti diversi, scritte informi, un neomoderno primitivismo che ossifica le icone; ecco quanto di vero e di sacrale, anzi di essenziale , appare nellavoro dell’artista Arcangelo, che apre al mistero, alla storia, all’inconoscibile, alla traduzione di quanto del passato è resistito nella storia recente. Tutto ciò lascia intendere la forte personalità dell’artista, l’impulso irrefrenabile della sua passione, la sua sete di conoscenza; ci raccontano il suo senso di appartenenza, che è “la chiave indiscussa del suo lavoro”, per la terra che non è necessariamente il Sud, e per il genere umano. Le carte di Arcangelo sono una parte fondamentale della produzione artistica dell’artista, e talvolta si assemblano in installazioni di grandi dimensioni, quasi fossero l’espansione delle pagine di un diario personale. E in questo grande diario leggiamo gli appunti di Arcangelo che possono aprire un panorama diverso eppure nuovo, una sorta di zibaldone leopardiano: “Improvvisamente fuochi d’artificio. La montagna alle spalle ci guarda severa, tutti affrettano i tempi… da lontano timidamente la musica della banda suona un pezzo che tutti conoscono a memoria, emozione, profumi e tanti ricordi di chi non c’è più. La piccola orchestra passa veloce, vanno a prendere la Madonna, le campane grandi e poi quelle piccole, ancora botti, le voci si addolciscono… tutto si ferma. La Madonna esce in processione. Terra mia, un incontro che non è mai finito (Pianeti, Dogon, Tappeti Persiani, Misteri, Sanniti, Vedenti, Masai, Segou, Beirut) e poi ancora…(Navi, Case, Orti, Trofei di caccia, Verso oriente, Feticci) e poi ancora…(Nessuno sulla terra può essere tanto lontano dal mare, impiccherò nelle mie braccia l’agnello, Atteso dai lupi, Una notte si passa anche sopra una petra, Notti di templi notti di demoni) e poi ancora…(Vicino al Niger, Ho visto l’Africa da vicino, Mille figure africane, Quando ero in Africa vicino al grande termitaio, Il cielo sopra di me, Kenia) e poi ancora …La terra, i viaggi contenere ogni cosa una mappa geografica seguirò le tracce nere della vita e riconoscerò i compagni di viaggio e poi ancora …”. Sono i ricordi della sua terra e i ricordi di terre visitate, ma anche i ricordi del mondo e degli abitanti con i loro usi e costumi.

Carlo Franza

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