La mostra di Auguste Rodin a Milano nasce dalla collaborazione col Musée Rodin di Parigi e con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, e presenta un nucleo di oltre cinquanta opere del grande scultore Auguste Rodin (1840-1917)considerato uno dei massimi innovatori della tradizione scultorea insieme a Michelangelo. Non poteva che essere la prestigiosa e monumentale sala delle Cariatidi, al piano nobile di Palazzo Reale, ad ospitare la mostra “Rodin, il marmo e la vita”, dedicata alle sculture del grande artista francese. Un’esposizione che definire unica, per una volta, non è un’enfatizzazione dovuta dalle circostanze, ma esatta corrispondenza con la realtà. Le 60 opere in mostra fino al 26 gennaio 2014, infatti, rappresentano la sintesi artistica più completa mai realizzata sui lavori marmorei di Auguste Rodin (1840-1917). Esse sono il frutto dei prestiti concessi alla città di Milano da parte di importanti musei francesi quali il Petit Palais-Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, il Musée Faure di Aix-les-Bains e il Musée de Picardie di Amiens. Ma sono soprattutto alcuni capolavori provenienti dal Musée Rodin di Parigi a fare entrare questa mostra nel novero delle grandi esposizioni europee di questo autunno-inverno. Singolare è infatti il rapporto che Rodin instaura fra la propria sensibilità artistica e la matericità del marmo. La durezza del marmo sotto le abili mani di Rodin diventa una materia plasmabile e morbida, che riesce a dare l’idea della carne, dell’erotismo della pietra, della vita. Si diceva che sotto lo scalpello di Rodin il marmo “tremasse” e acquisisse quella morbidezza naturale che solo la vita sa dare; la sua abilità inaugura la plastica moderna, che si sviluppa in un’evoluzione meditata che parte dalla statuaria antica e arriva fino al Neoclassicismo, soffermandosi sull’importanza della scultura del Rinascimento. Fondamentale è infatti lo studio di Rodin sulle opere di michelangiolesche, di cui si sente l’eco nella lavorazione del non-finito, tanto celebre nella Pietà Rondanini di Milano. Ritratti, corpi, mitologia si dispiegano fra una lavorazione intima e appassionato, classicista e moderna, austera ed erotica, sempre originalissima, capace di donare alla pietra un raffinato realismo e una vivida consistenza che, non per ultimo, riescono a creare un gioco di dialogo e comprensione fra l’osservatore e l’opera. La mostra di Rodin a Milano è una prima assoluta, destinata a spostarsi in seguito anche a Roma. Mai al di fuori del Musée Rodin si era tentata una mostra monografica dell’artista che proponesse, con grande intento didattico, la conoscenza di questo artista, considerato uno fra i massimi scultori dell’arte moderna.Le opere, dopo un primo spazio introduttivo in cui il visitatore viene edotto sul lavoro dell’artista e la sua concezione sull’utilizzo del marmo, sono distribuite cronologicamente lungo tre sezioni: Prima sezione: nella prima di esse troviamo le opere giovanili, legate al classicismo. Il tema è quello legato all’”Illusione della carne e della sensualità“. Su tutti bisogna segnalare due lavori: l‘“Homme au nez cassé”, un ritratto che Rodin realizzò tra il 1874-1875 e che dedicò al genio del grande Michelangelo Buonarroti. E poi, il grande capolavoro “Il Bacio”. Quest’opera, tra le più celebri dell’artista, si ispira alla vicenda dantesca di Paolo e Francesca e rappresenta i corpi dei due amanti che si fondono nell’atto di baciarsi. Una scultura che fece molto scalpore nella Francia di allora per la sua forte carica erotica, in cui la posizione di Francesca lascia intenderedi non subire passivamente il bacio del suo amato ma di voler quasi prendere l’iniziativa, abbandonandosi audacemente, per il giudizio di quei tempi, alla passione. Seconda sezione: in questo secondo spazio sono presenti le opere della maturità di Rodin. Lontane dal perfezionismo accademico del primo periodo, le sculture sembrano prendere forma dal marmo con assoluta naturalezza e spontaneità, con tutta la loro carica erotica e sensuale. In alcuni lavori di questo periodo è evidente lo sforzo del Maestro di cercare nuovi e inediti percorsi espressivi. Ne è un esempio la “Mains d’amant”, delicato e sensuale richiamo all’amore che Rodin scolpisce ricreando l’idea del movimento, in un lavoro di recupero della classicità rincorrendo i suoi più nuovi ideali estetici. Terza sezione: l’ultima sezione, la terza, è quella dedicata alla “poetica dell’incompiuto”, l’approdo a quel “non finito consapevole” che lo stesso Michelangelo aveva saputo sapientemente contrapporre alla perfezione di un’opera compiuta. Rodin, come il “suo Maestro”, lascia le opere dei suoi ultimi anni di attività, sicuramente le più moderne, incomplete, come se le figure fossero ancora imprigionate nella pietra, affinché l’impressione conservi tutta la sua freschezza. Appartengono a questa sezione i ritratti forse più suggestivi dell’artista: quelli di Victor Hugo e Puvis de Chavannes, il grande “decoratore di muri”, un artista molto in voga nella Francia di fine Ottocento. La mostra allestita a Palazzo Reale ripercorre, quindi, l’intera carriera di Auguste Rodin, riproponendo al pubblico milanese e non le tappe principali che hanno portato il genio francese a distinguersi, nella sua stessa epoca, in quanto a sensibilità artistica e gusto per l’innovazione. Un’esposizione che intende rivolgersi tanto agli esperti quanto ad un pubblico più tradizionale, fatto di appassionati o semplici amanti del bello.

Carlo Franza

 

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