Il Paese Italia sta affondando, salvagente non se ne trovano, anzi pare sia finita anche la scorta e, intanto, il Buco Nero in cui il nostro paese si è infilato non sappiamo dove ci porterà, anzi è difficile prevederlo. E allora i consigli degli intellettuali li vogliamo ascoltare o no? In passato hanno lasciato segni memorabili. Quelli beninteso che hanno dato lustro all’industria italiana nel Novecento ad iniziare dalla Fondazione Olivetti e poi dalla Fondazione Agnelli. Si chiedono da più parti riforme, riforme, riforme, ma quali riforme? Semplice Utopia. Guido Ceronetti,notissimo intellettuale, poeta, filosofo, scrittore, giornalista e drammaturgo, sul Corriere della Sera del 27 ottobre ha lanciato strali di fuoco. Eccone alcuni: “In verità l’ossessione statistica, la galera tecnologica e le orripilanti tassazioni negano in ogni parte del mondo la funzione e l’essenza della cittadinità”. E ancora: “Il risultato in una nazione di mente debole come questa è la sommersione in una legalità naufraga priva di bussola ma abbondante di bottoni di comando”. Ceronetti pensa che una riforma integrale “dovrebbe partire da un atto di forza,che in rari casi è l’unico liberatorio”; e fa memoria della Francia che nel 1958 ebbe un generale dai poteri carismatici che disse “Vi ho capiti” (Je vous ai compris) e impose senza sangue una repubblica presidenziale di salvezza tuttora ben funzionante. Ceronetti confessa che Renzi non è fuori dall’acquario perchè come sindaco di Firenze non ha affatto difeso la lingua italiana. E avverte: “ Se nel programma di un eventuale candidato presidente di nomina popolare non ci fosse la difesa a oltranza della lingua italiana, astenetevi dal votarlo”.

E allora basta con tutti gli sprechi italiani, con tutti quegli uffici per i parlamentari (affittati per ben 586 milioni di euro da un Signor Scarpellini allo Stato) extra Camera che richiedono anche cinquecento dipendenti. Per non parlare dell’appannaggio alla Presidenza della Repubblica che supera a dismisura la Casa Bianca, Buckingham Palace e l’Eliseo. E ad essere più concreti fuori i deputati e i senatori da Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama, trecento deputati bastano e avanzano; altrochè pensare a una seconda Camera con i Presidenti delle Regioni. Riforma, se riforma deve essere, deve essere profonda e amputare ciò che non serve. Eppoi basta con l’appellativo “onorevole”, il termine vuol dire ben altro e pochi lo meritano. E Montecitorio e Palazzo Madama sedi di Camera e Senato diventino Musei. Sì, proprio così. Dove portare i Deputati di un prossimo Parlamento? All’Eur che è sede fin troppo onorevole, forse in quel Palazzo della Civiltà dato ai francesi.

Nel Palazzo di Montecitorio sono conservati oltre mille dipinti e sculture datati tra il XVI e XX secolo, alcune migliaia di incisioni e stampe di varie epoche, un nucleo consistente di reperti archeologici nonché una discreta quantità di beni artistici, quali: orologi, mobili d’epoca, arazzi, busti e sculture. Si tratta di una collezione vasta e articolata, che si è andata formando a partire dall’insediamento della Camera dei Deputati nel Palazzo, secondo modalità diverse. Una parte consistente di tali opere riguarda beni di proprietà delle varie Soprintendenze in deposito temporaneo presso la Camera dei Deputati. Si tratta in prevalenza di opere relative ai secoli XVII e XVIII acquisite nel corso degli anni per far fronte alla esigenza di arredo e di rappresentanza dell’istituzione parlamentare. La rimanente parte del patrimonio artistico, rappresentata prevalentemente da opere d’arte moderna e contemporanea, è stata direttamente acquisita in proprietà dalla Camera a partire dagli anni Trenta. Una piccola parte del patrimonio artistico è inoltre rappresentata da donazioni fatte sia dagli artisti che dagli eredi. Anzitutto il Fregio che decora la Camera dei Deputati, ovvero 50 pannelli alti quasi 4 metri di Giulio Aristide Sartorio salutato da D’Annunzio stella dell’arte. Nella raccolta delle opere d’arte è rappresentata una nutrita schiera di artisti del XIX secolo, quali: Anton Sminck van Pitloo “Navigli sul mare in tempesta”, Antonio Fontanesi “La pastorella”, di Francesco Paolo Michetti“Testa di contadina”, Armando Ferraguti “Il riposo di una cadine nell’harem”, Nicola Parise “I feriti di Porta Pia”, Carlo Bellosio “David che trattiene il braccio di Abigail”, Francesco Londonio “Animali”, GiuseppeCammarano “Ercole a cavallo”, Andrea Besteghi “Collenuccio condannato dai suoi cari”, Enrico Bartezado “Alpi Pennine”, Stefano Bruzzi “Tre pecore al pascolo”.Circa la raccolta delle opere d’arte acquisite direttamente dalla Camera dei Deputati, essa è prevalentemente indirizzata all’arte italiana del XX secolo, a partire dagli anni Trenta fino agli anni Settanta. Tale nucleo comprende vari periodi artistici italiani, quali il celebrativo e il figurativo nonché un consistente numero di opere di artisti attivi a Roma appartenenti al movimento denominato “Scuola romana”.Per quanto riguarda la già consistente raccolta di arte contemporanea, la stessa è stata ampliata su iniziativa del Comitato per la tutela del patrimonio artistico della Camera dei Deputati(varata con la XIII legislatura) che ha proceduto ad una serie di acquisti di opere di giovani autori che hanno esposto ad eventi culturali, quali la Quadriennale di Roma e la Biennale di Venezia. Palazzo Madama possesso della famiglia de Medici dal 1505 che lo acquistò per il tramite del cardinale Giovanni de Medici figlio di Lorenzo il Magnifico e futuro Papa Leone X. Qui, all’ingresso una statua in bronzo di Emilio Greco “Grande figura accoccolata” del 1971 e un arazzo mediceo del XVI secolo ; in Sala Maccari, pareti decorate con episodi storici da Cesare Maccari e sul soffitto 4 figure allegoriche che rammentano Industria, Scienze, Armi e Arti e due frasi celeberrime di Macchiavelli e Guicciardini che forse gli attuali senatori neppure hanno notato. Alla Buvette sul bancone del bar una statua di Vincenzo Gemito e sulle pareti due opere di Luciano Ventrone, “La Pausa” e “Il ritorno di Ulisse” del 2002. Nella Sala Italia, scultura in legno “Italia” di Giuliano Vangi alta 2,35 metri e su una parete il dipinto di Piero Guccione “Il nero e l’azzurro”.E ancora nella Sala dello Struzzo un dipinto di Corrado Cagli che ha per titolo “L’etna in eruzione”. Nel 2001 il collega Vittorio Sgarbi allora Sottosegretario ai Beni Culturali scoperse,visitando il Palazzo, ben due dipinti falsi acquisiti non si sa come.

Carlo Franza

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