Renato Galbusera (Milano, 1950) è figura di spessore dell’arte italiana, titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, e soprattutto c’è da dire che per un’ intera vita non ha mai tradito l’immagine figurale, dando capacità di raccordo tra la grande rappresentazione figurale ad esempio del Sironi anteguerra con la nuova figurazione dei nostri tempi che, come salvata, offre al mondo dell’arte internazionale il volto vero di un’Italia che intende volgersi al futuro. Ora una sua mostra-installazione, un po’ inusuale epperciò nobile e consona col tempo, si è aperta nella hall della Fermata Repubblica del Passante Ferroviario di Milano; un’opera composita di teleri della lunghezza di ben 25 metri. Parte da lontano la vicenda artistica di Renato Galbusera, da quella battaglia culturale che negli anni del secondo dopoguerra si identificò con il clima del cosiddetto “Realismo”, pure alimentato nell’omonima rivista attiva dal 1955 e, soprattutto, in quel credo mai allontanato di implicazione dell’iconicità, della figura, della fissità e dello sguardo, del racconto, capace di resistere a ogni retorica, ad ogni dogmatismo e a ogni schematismo figurativo. Da qui parte l’intero sviluppo di questa passione figurale volta alla rivendicazione del diritto all’immaginazione, al superamento dell’eredità accademica e alla ripresa originale e creatrice delle figure intrise di status fortemente esistenziale, nelle sue componenti di luce, simbolo e sogno. E’ stato che soltanto ritrovando il legame che riporta alla tradizione, ha elaborato un linguaggio rappresentativo della propria realtà. E’ l’arte di una umanità che Renato Galbusera racconta, l’esteriorizzazione dei sentimenti e del pensiero, lo svelamento di un mito. Ecco visibilmente degno il disegno semplice e grafico, la pulizia dei contorni, un colore puro che si stende. In Renato Galbusera la severa lezione figurale si volge e si nutre anche dell’architettura che entra nei dipinti e nei teleri e segmenta i comparti che rinforzano il narrato; sicchè tutte le spinte dinamiche nel rigore di una sintassi costruttiva di estrazione cubista, si svelano con una dimensione più interiore ed intimamente emotiva, ricca di un repertorio morfologico sempre sorprendente. Il valore emotivo delle opere si basa sull’elemento colore, elemento sensuale d’interpretazione rafforzato dall’immagine che loro si fanno dell’uomo. Quando si dedica al ritratto è una rivelazione cruda, senza pietà e senza infingimenti. Fare il vero più vero della natura, con toni tra chiari e scuri, il disegno incisivo e la struttura compositiva semplificata. Poi gli sguardi, attoniti, carichi di stupore e di attesa. La luce decanta ogni cosa superflua attorno alla figura, li porta a una visione del mondo in cui lo sguardo spazia nell’irrealtà di ogni giorno. E’ un’operazione alta, singolare, un’immagine continua che cerca non di appurare solo l’immagine nelle varianti esistenziali inevitabilmente poste dal tempo e dallo spazio, bensì nel concepirla come un tutto organico in cui si abbia una risultante omogenea che è, appunto, l’amalgama di forma, tempo, spazio ed esperienza. Mitografie esistenziali, inesorabile esplorazione di un climax sospeso, di un’aria che si concentra su spicchi di realtà, di spazio fisico rarefatto ed immoto, epifanico e attesista. Così, quell’antico credo oggi riabilitato da Renato Galbusera, da novello Sironi,  è diventato non solo libera sperimentazione formale oltre il commento illustrativo del fatto o dei fatti di cronaca, quanto completo inserimento italiano nei circuiti aperti della ricerca europea. E aggiungo che opere di storica importanza come l’attuale, dovrebbero dallo Stato essere collocate in spazi museali disseminati lungo la penisola.

 Carlo Franza

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