La Galleria MARCOROSSI artecontemporanea di Milano in Corso Venezia presenta “Social Distortion”, il nuovo progetto artistico dello scultore romano, Maurizio Savini., una mostra tutta artistica e tutta politica, in quanto è stata capace di catturare il nostro tempo, asfittico, demenziale, indolente, catastrofico, nauseabondo e sotto mira dallo spread.

Personalità incisiva nel mondo artistico italiano, Maurizio Savini ( Roma,1962 ) è noto per servirsi di una materia del tutto anomala come il chewing-gum per creare le sue sculture. Certo non è stato il primo, altri ad esempio, come Jeremy Laffon uno scultore che vive e lavora a Marsiglia, ma più legato a forme astratte, hanno lavorato e lavorano con il chewing-gum. Savini cattura il mondo e le relazioni interne a personaggi e mondo neocapitalistico, sviluppando oggetti, cose e figure con la gomma da masticazione. La gomma arabica dall’acceso colore rosa o policroma, diventa nelle mani dell’artista un mezzo che gli permette un’analisi attenta su argomenti di interesse comune.

Savini esamina le relazioni fra l’essere umano e ciò che lo circonda, creando così una realtà fatta di paradossi che viene rivisitata, attraverso un’estetica iper-futurista composta di oggetti e simboli, in quanto il moderno e il post-moderno è già finito. La sua è un’arte che, pur colta, connaturata ai materiali del proprio tempo, e impegnata, non dimentica mai gli stimoli dell’infanzia ovvero “la creatività ludens”, ed è permeata da una profonda ironia che gli permette di trattare, con apparente leggerezza, temi impegnativi, reali, esistenziali. Con la mostra “Social Distortion” l’artista intende mettere in luce, in chiave visiva, come nel mondo postmodern l’ economia e la politica siano dominati da dicotomie, fratture e contrasti evidenti che si articolano come una lunga serie di categorie binarie: ricchezza e povertà, potere e impotenza, genere maschile e femminile, profitto ed etica, legalità ed illegalità, guerra e pace, consumo umano e danno ambientale. Oserei ancora aggiungere “umano-non umano”. La forte contraddizione tra la serietà del tema e l’ironia determinata da un materiale così effimero e profumato come la gomma da masticare, è la cifra stilistica di Savini.

Tra i lavori esposti ecco una bandiera americana, icona di tutte le culture occidentali, epperò spogliata dei propri colori, eliminando così quel condensato di retorica che vive nei vessilli di ogni nazione, diventando completamente inerme; poi una fanciulla, abbigliata in modo rispettabile, in equilibrio su un trave di legno sospeso, che evoca un momento di riflessione sulla precarietà dello stato attuale delle cose e sul futuro. Alcuni animali che fanno parte del bestiario e della produzione di Savini negli ultimi anni, completano la mostra. Ecco tartarughe, caprette, maiali, destinati all’estinzione e alla sperimentazione di laboratorio, tutto pare esplicitare quel la sorta di diniego dell’ esistenza; personificano non solo la distruzione e la scomparsa dal ciclo biologico e, contemporaneamente, sono vittime della materia di cui sono fatti, il chewin gum, che è essa stessa un rifiuto solido. Ironia, delegittimazione, speculazione, neocolonizzazione, stagnazione, precarietà, dramma, nevrosi, sono alcuni degli elementi di lettura della scultura di Maurizio Savini, lettura solida di un mondo che di giorno in giorno si sta sciogliendo come neve al sole.

 Carlo Franza

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