All’interno di un nobile e storico progetto nel quale sono già transitate le figure più storiche e intriganti dell’arte italiana e internazionale al Plus Florence di Firenze, è la volta di due singolarissimi artisti siciliani, docenti entrambi all’Accademia di Belle Arti di Messina, con due personali, “Fare epoca” per Antonello Arena, e “Palpiti e stagioni della pittura” per Alessandra Lanese. Un affondo capace di porgere dalla provincia nella quale vivono, i nuovi aspetti dell’arte italiana.

Esemplare l’arte di Antonello Arena, che esula dalla descrittività pittorica per lasciarsi interagire con materiali che vanno dalla fotografia come icona alle resine, e ritagliarsi una precisa connotazione in quel realismo stringente che cattura la nostra epoca e la quotidianità. E’ una misurazione pop artistica, ove pop sta per popular, in quella cattura di elementi di costume e realtà, in quella presa di oggetti e componenti di un’epoca consumistica. Lo sguardo è totale e a tutto campo, nulla sfugge dell’oggi, perché Antonello Arena da artista del nostro tempo si muove proprio in quella sfera che lo circonda giornalmente. I territori della sperimentazione hanno da subito interessato l’immagine di Antonello Arena, artista italiano che sorprende e rinnova, ma addirittura entra nel disordine dei pensieri e delle cose per offrirne poi sensazioni, emozioni e allusioni verticalmente esasperate, andando a catturare una realtà cittadina e quotidiana lontana dalla decultura , alimentandola di anamorfosi. Come se non bastasse l’artista offre una realtà che sa di video a colori, avvitata in un desiderio filmico. Ecco perché i suoi lavori paiono dei tableaux vivants, dove Mnemosine cieca scandaglia ricordi e avverte la sobbalzante artificiosità della lusinga metropolitana. Persino taluni simboli e miti del nostro tempo diventano scena dell’oggi, e si candidano dinanzi alle tracce di sguardo sospeso. L’artista ha frugato nell’incrocio del vivere cittadino e nelle resistenze delle perfidie televisive, quanto basta a vocarlo presenza dell’arte contemporanea, e presenza di spessore, capace non solo di stupire, ma soprattutto di sottolineare quel salto nel nuovo millennio. Provate ad avvicinarvi all’arte di Alessandra Lanese vi leggerete un volto e una pelle misteriosi, come di velari che contengono il sapere del mondo, con antiche formule, magiche ed esoteriche. Ma al di là delle simbolicità forti che ne vengono ad essere percepite, la plastica di queste opere si innerva di colorazioni e tonalità diverse, senza però tralasciare le accidentalità epidermiche della materia e delle superfici scivolose, lisce, sfaccettate. Ella ci offre una descrizione dello spazio e delle cose interamente risolta con scansione ritmica e pausata delle masse. Ma tutto ciò muove anche nel senso di una poetica dell’artificio come sperimentazione di culture e forme, i cui repertori sono sì di iconografia del nostro tempo, ma con tracciati neoromantici. La declinazione più singolare di queste opere è l’approdo a una tensione meno drammatica fra immagine e forma, per favorire invece il rapporto fra contenuti iconologici e struttura linguistica della costruzione e della materia, che non vuol dire volgersi solo alle qualità estetiche del visivo,a una scelta più leggera e decorativa del porgere il tutto, quanto il porgersi alla funzione mediatica dell’arte che ogni giorno intende e vuole essere vista e gustata anche dal grande pubblico delle città del mondo. La condizione del rappresentare intrapresa dalla Lanese non è già solo problema di linguaggio, ma condizione anche dell’essere e del fare, per portarsi poi verso quella condizione del rappresentare una propria visione storica del mondo con innesti di segni, forme e frammenti in un mutamento perenne, pur sostanziati da flussi vitalistici e naturali.

 Carlo Franza

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