La Porta di Milano dell’aeroporto di Milano Malpensa rafforza la propria identità di unicum nel panorama delle aerostazioni mondiali, come struttura funzionale di accesso all’aeroporto e come spazio espositivo di grande suggestione. Adesso e fino al 31 marzo 2015, la Porta di Milano ospita la mostra “Oggetti Misteriosi”, curata da Salvatore Licitra, con tre opere di Giò Ponti, l’installazione ‘Espressioni’ dello showroom Ideal Standard di Milano (1966), la “Cattedrale di Los Angeles” (1967) e i “Pavimenti per gli uffici della Salzburger Nachrichten di Salisburgo” (1976).

Dopo il successo delle iniziative legate a due maestri dell’arte del Novecento, quali Fausto Melotti e Marino Marini, ecco il terzo appuntamento che vede protagonista Gio Ponti, una delle personalità più importanti e influenti dell’architettura e del design internazionale.

L’iniziativa, promossa da SEA – Aeroporti di Milano in collaborazione con il Gio Ponti Archives, consolida così il progetto studiato da SEA di proporre l’aeroporto, crocevia di emozioni legate all’esperienza del viaggio, come sede ideale per dare voce alle espressioni artistiche nelle loro infinite forme e arricchire la già importante offerta culturale di Milano, proponendo iniziative d’arte a cadenza periodica.

Sono lieto di questa collaborazione tra SEA e Gio Ponti Archives – afferma Salvatore Licitra – anche perché sono certo che a Gio Ponti sarebbe piaciuto misurarsi con un’esposizione in uno spazio come la “Porta di Milano”, e sperimentare l’impatto con lo sguardo di viaggiatori che attraversano luoghi e tempi sospesi tra arrivo e partenza. Per questi luoghi di passaggio e di metamorfosi ho pensato di raccogliere tre “espressioni” (come Ponti le chiamava) davvero inusuali, dei punti speciali, che sembrano raccogliere ed unire temi differenti prefigurando un percorso che si svolgerà successivamente. Le metamorfosi suggerite da Ponti con questi “Oggetti misteriosi” – un pavimento che possa essere una pittura, un angelo che possa essere una chiesa, e tanti obelischi bianchi che contraddicono la loro tradizionale, solitaria, severa monumentalità – raccontano molto della sua libertà creativa. Una qualità che ha animato il suo lavoro fin dai primi anni, ma che dalla metà degli anni ’60 prende campo con opere dove la committenza, se c’è, diviene sempre più l’occasione per dar corpo e vita a progetti non più serrati tra necessità funzionali. I lavori presentati a Malpensa sono da considerarsi come degli spunti che nel tempo hanno portato alla creazione di capolavori come la Cattedrale di Taranto, il Museo di Denver, o la “Sedia di poco sedile”.

Ecco una descrizione delle opere esposte. Installazione “Espressioni” nello showroom Ideal Standard, Milano, 1966. Ponti inaugura lo show room della Ideal Standard a Milano, riempiendolo completamente di bianchi obelischi di diverse altezze. Scrive Ponti: “L’obelisco insegna Architettura, è forse il simbolo stesso, e puro, dell’espressione dell’architettura, dalla quale parte un “cantare” quando le sue linee non si posano, non stanno soltanto ma sono “staticamente in moto”. Lo spazio era stato da lui progettato perché ospitasse libere espressioni di architetti, artisti, designer. Espressioni temporanee e sperimentali, pensate per una breve durata e per un luogo preciso, aperto al pubblico ed affacciato con vetrine sulla strada, creando uno spettacolo per i passanti.

Cattedrale di Los Angeles, 1967. Scultura in acciaio inossidabile alta 4,20 metri e larga 2, composta da tre sottili lamine sovrapposte in forma di angelo, tagliate in modo da giocare con la luce. Presentata alla Galleria De Nieubourg a Milano, è un omaggio a Los Angeles dedicato “ai poeti, i bambini, i giovani puri e Ray e Charles (Eames) abituati ai miracoli”. Una visione simbolica, che già racconta il capolavoro della Cattedrale di Taranto del ’70. La sagoma esagonale del diamante, codice della teoria della “forma finita” che ispirava il lavoro di Ponti negli anni ’50, diviene un traforo in un’architettura sempre più smaterializzata, fatta di giochi di luci e superfici.

Pavimenti per gli uffici della “Salzburger Nachrichten”, Salisburgo, 1976.
Con la lucida, colorata e amatissima ceramica, Ponti compone uno straordinario pavimento trasformando una superficie tradizionalmente anonima nel vero protagonista dello spazio. Pavimenti (e soffitti) nel lavoro di Ponti sono sempre stati occasione per dar carattere, vigore e unità alla composizione degli spazi, ma in questo caso, dove l’architettura era inespressiva e non sua, il pavimento “ruba il palcoscenico” e diventa il vero, primo e unico protagonista.

Carlo Franza

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