Il Comune di Milano rinnova anche quest’anno l’appuntamento con i capolavori d’arte per offrire alla città, durante le feste di Natale,ormai canonico dono natalizio della città ai milanesi e non solo, un incontro speciale con la bellezza. Fino all’11 gennaio 2015 infatti, nella sala Alessi a Palazzo Marino, la cinquecentesca sede del Comune di Milano, è ospitata la Madonna Esterházy di Raffaello, splendida opera del genio del Rinascimento proveniente dal Museo delle Belle Arti di Budapest (Szépm vészeti Múzeum).

Promossa dal Comune di Milano, Intesa Sanpaolo e la Rinascente, l’iniziativa è realizzata da Palazzo Reale e dal Museo delle Belle Arti di Budapest in collaborazione con le Gallerie d’Italia di Piazza Scala, curata da Stefano Zuffi e organizzata con la collaborazione di Arthemisia Group.

Il dipinto, raffinatissimo e solare, raffigura la Madonna col Bambino e san Giovannino e segna esattamente la conclusione del fondamentale periodo trascorso da Raffaello a Firenze, prima di essere chiamato a Roma da Papa Giulio II. La composizione di quest’opera si ispira in modo esplicito a Leonardo, conosciuto e attentamente studiato da Raffaello, che porta con sé la tavola nel trasferimento a Roma, luogo dove aggiunge, sullo sfondo, i ruderi del Foro Romano, dipinti con precisione topografica, a riprova di una conoscenza diretta e di una serena e convinta “immersione” nella classicità.

La Madonna Esterhazy è un toccante dipinto di Raffaello, conservato nel Museo delle Belle Arti di Budapest (Szépművészeti Múzeum), rimasto incompiuto eppure mirabile per ciò che fece definire Raffaello “eccellente in ogni parte della pittura e che portò l’arte alla sua estrema perfezione”.
E’ il 1508, dopo quattro anni passati a Firenze a imparare da sommi maestri come Leonardo e Michelangelo, Raffaello si appresta a partire per Roma chiamato dal Papa. Non termina la Madonna, ma come per la sinfonia di Schubert, l’opera contiene già tutti gli elementi del capolavoro e contiene i tratti propri della pittura raffaellesca e della sua innovazione che consiste nell’aver messo al centro l’espressione dei sentimenti.
Insieme all’intrinseca bellezza la Madonna Esterhazy si presta a narrare molte “storie”, per il luogo dell’esposizione e per il particolare momento della città ormai a pochi mesi dall’apertura di Expo 2015. Per questo si è deciso di proporre anche il rapporto tra la presenza del dipinto di Raffaello e il contesto artistico e storico di Milano:
insieme al capolavoro proveniente da Budapest verranno esposte due opere pertinenti al patrimonio artistico e alla storia culturale di Milano, accostabili per epoca, per soggetto e per caratteristiche stilistiche, ovvero l’ottima copia della Vergine delle rocce attribuita a Francesco Melzi e conservata presso l’Istituto delle Suore Orsoline di via Lanzone (senza dubbio la migliore versione dell’illustre pala d’altare di Leonardo rimasta a Milano) e un esempio di dipinto per la devozione privata, la Madonna della rosa di Giovanni Antonio Boltraffio conservata nel Museo Poldi Pezzoli. Fra tutte le opere dei leonardeschi lombardi esposte nei musei di Milano, per stile e qualità forse solo questa può degnamente confrontarsi con un’opera di Raffaello.
Le evidenti affinità (basti osservare, in tutte e tre le opere, il volto della Vergine e i gesti dei bambini) si combinano con le forti differenze: Raffaello pone il gruppo di figure in un luminoso paesaggio, Boltraffio preferisce un contatto più intimo e ravvicinato.
Per epoca e per stile, inoltre, la Madonna Esterhazy si colloca in modo perfetto tra i due capolavori di Raffaello presenti da secoli nei musei di Milano: lo Sposalizio della Vergine di Brera (1504) è lo snodo tra l’attività giovanile e il trasferimento a Firenze; il cartone della Scuola di Atene (1509) , tesoro inestimabile dell’Ambrosiana, segna invece l’eccezionale “laboratorio creativo” della Stanza della Segnatura.

Il rapporto con Leonardo: un confronto tra Raffaello e i lombardi. Nella Madonna Esterhazy il riferimento a Leonardo appare evidente, soprattutto nell’ azione fisica e sentimentale che lega le tre figure, organizzate secondo il classico schema triangolare. Qui il pittore mostra di essersi impossessato dei presupposti stessi del linguaggio figurativo di Leonardo forse come in nessun’altra sua opera. Il movimento circolare del corpo della Vergine presentata “di spalla”, nell’atto di accudire il Figlio proteso verso il piccolo San Giovanni, anch’esso in posa molto complessa, con una rotazione contrapposta della testa e del corpo, e la vivace dinamicità del gruppo entro uno schema compositivo insieme semplice e calibratissimo, sarebbero impossibili senza lo studio e la comprensione profonda dei modelli leonardeschi. Il ritorno di Leonardo da Milano a Firenze segna una svolta nella storia dell’arte italiana, con una diffusione dei modelli leonardeschi che si estende dal Nord al Centro dell’Italia. L’esposizione della Madonna Esterhazy a Palazzo Marino consente di illustrare questo decisivo passaggio in modo chiaro e avvincente con l’accostamento all’opera di Melzi e Boltraffio. Una storia movimentata: grandi collezionisti e un furto clamoroso. La Madonna Esterhazy ha inoltre una storia straordinaria anche per quel che riguarda il collezionismo. Non se ne conosce la storia fino all’inizio del XVIII secolo, quando viene donata da papa Clemente XI Albani a Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel, moglie dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo e discendente dalla dinastia dei conti di Braunschweig, a loro volta grandi intenditori e collezionisti di pittura. Elisabetta Cristina, madre dell’imperatrice Maria Teresa, donò la tavola di Raffaello al conte Wenzel Anton von Kaunitz, figura di spicco nella politica imperiale. Alla morte di Kaunitz (1794) il dipinto passò infine agli Esterhazy e da qui al museo nazionale ungherese. La mostra è anche l’occasione per ricordare le vicende drammatiche, ma anche il “lieto fine”, del furto avvenuto poco più di trent’anni fa (novembre 1983), considerato il più clamoroso furto d’arte dai musei del XX secolo. Approfittando dei lavori di restauro al museo, un gruppo di italiani, su commissione di un magnate greco, ha messo a segno un “colpo” clamoroso, rubando sei opere di arte italiana, fra cui la Madonna Esterhazy. Tutti icapolavori sono stati ritrovati dai carabinieri del nucleo recupero di opere d’arte in un convento dismesso in Grecia. Tutti i ladri sono stati identificati e arrestati. Dopo il furto, la tavola è stata accuratamente sottoposta a indagini e restaurata: nel catalogo della mostra, edito da Skira, ci sono contributi specifici riguardanti il collezionismo, il furto e il restauro dell’opera di Raffaello. La pubblicazione si configura così come la prima, completa monografia critica sull’opera. Inoltre il prestito eccezionale dal Museo di Belle Arti di Budapest è il preludio alla grande mostra di Palazzo Reale nel 2016 che porterà a Milano i capolavori conservati nel museo della capitale ungherese.

Carlo Franza

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