Al Museo Madre di Napoli è in corso la mostra “Lucio Amelio. Dalla Modern Art Agency alla genesi di Terrae Motus (1965-1982)”, dedicata a Lucio Amelio(1931-1994)in occasione dei vent’anni dalla sua scomparsa e organizzata in collaborazione con l’Archivio Amelio, ripercorre la storia di uno degli indiscutibili protagonisti della storia dell’arte contemporanea, che ha contribuito a rendere Napoli uno dei centri più importanti della produzione e della riflessione artistica degli ultimi decenni a livello nazionale e internazionale. Ma è anche la storia dei tanti artisti, collaboratori e compagni di strada che hanno condiviso la loro ricerca con Amelio. Ed è, in qualche modo, anche la storia che conduce, oggi, all’esistenza di un museo come il Madre.

Nel 1965 l’apertura a Parco Margherita di una galleria dedicata ai linguaggi e alle pratiche artistiche più sperimentali, quale fu appunto la Modern Art Agency di Lucio Amelio, concorse ad una radicale trasformazione del dibattito artistico allora in corso, in un contesto un cui erano attive gallerie come Il Centro (animato da Renato Bacarelli e Dina Carola), critici e curatori quali, fra gli altri, Filiberto Menna, Germano Celant, Achille Bonito Oliva, e figure di mecenati e collezionisti quali, in quegli anni, Vittorio Baratti, Peppino Di Bennardo, Renato e Liliana Esposito, Graziella Lonardi Buontempo, Giuseppe Morra, Pasquale Trisorio o Marcello e Lia Rumma, promotori questi ultimi di un evento straordinario quale fu, nelle sue tre edizioni (1966-68), la “Rassegna di Amalfi”, conclusasi nel 1968 con la tre giorni di “Arte povera più azioni povere” a cura di Germano Celant. Un discorso questo che, nell’attività di Amelio, si articolerà, lungo tutti gli anni Settanta, attraverso la produzione di progetti di arte pubblica, il sostegno a grandi mostre istituzionali, fra cui quelle a Villa Pignatelli e alla Reggia di Capodimonte, un’intensa attività editoriale e l’organizzazione di mostre personali e collettive spesso pionieristiche e seminali che segnarono, tra l’altro, l’affermazione dell’Arte Povera e della Transavanguardia e approfondirono le relazioni fra arte americana ed europea (esemplarmente rappresentate, nel programma della galleria, dal rapporto fra due artisti come Andy Warhol e Joseph Beuys), delineando una ricerca che spaziò dalle pratiche concettuali a quelle performative, dalla fotografia al cinema e al teatro, dalla letteratura al suono. Senza dimenticare l’attenzione costante alla scena artistica napoletana e alla “Nuova Creatività nel Mezzogiorno”, alle pratiche del femminismo e alle definizioni di genere, fino al dibattito critico intorno al ruolo dell’istituzione artistica, segnato dall’attività, fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, della Galleria Inesistente, fondata nel 1969 e che in varie occasioni intrecciò la sua storia anche con quella della galleria Amelio, divenuta ormai simbolo di un sistema dell’arte contemporanea che, proprio allora, gettava le sue basi a Napoli. L’istituzione, il 20 novembre del 1982, della Fondazione Amelio (da parte di Amelio con le sorelle Anna, Lina e Giuliana), segnerà la genesi di un altro capitolo fondamentale di questa storia, al contempo artistica e istituzionale, ovvero quello del progetto Terrae Motus: una collezione in progress concepita per stimolare la reazione da parte di alcuni dei più importanti artisti dell’epoca ad un evento devastante quale fu il terremoto dell’Irpinia (23 novembre 1980).Terrae Motus confermò quell’implicazione attiva e diretta dell’arte nel contesto sociale, civile e culturale sempre ricercata da Amelio che non a caso, verso la fine della sua attività, concepì, intorno alla collezione Terrae Motus, ora esposta alla Reggia di Caserta e ideale continuazione di questa mostra, un museo vero e proprio ubicato in un’ala dell’antico complesso conventuale di Santa Lucia al Monte e dotato, oltre che di una sua collezione, di sale espositive, spazi per residenze ed attività educative, laboratori, una biblioteca. I progetti di questo museo “immaginato” da Lucio Amelio per Napoli aprono e chiudono simbolicamente la mostra al Madre, insieme alla raccolta di tutti gli inviti, dalla Modern Art Agency alla Galleria Lucio Amelio. Figura di primaria importanza nella scena artistica napoletana, nazionale e internazionale, Lucio Amelio è quindi una fonte di grande ispirazione ancora oggi, nella sua costante ricerca di una stringente implicazione fra arte e comunità a cui oggi anche un museo come il Madre deve, in parte, la sua stessa ragion d’essere quale consapevole e responsabile testimone di questa eredità intellettuale ed istituzionale.

La mostra, che si concentra sugli anni dal 1965 al 1982 (ovvero gli anni fondativi di un metodo e di una visione dell’arte culminati appunto con la costituzione della Fondazione Amelio e la genesi di Terrae Motus), presenta opere fondamentali di più di cinquanta artisti, risultato di una meticolosa ricerca d’archivio sulle mostre organizzate da Amelio, insieme a un imponente corredo documentario costituito da una selezione di più di cinquecento documenti storici, molti esposti per la prima volta, provenienti dall’Archivio Amelio e da altri archivi pubblici e privati: lettere autografe, progetti di mostre e schizzi di allestimento, fotografie, inviti, manifesti, libri, cataloghi, brochure, edizioni numerate, progetti architettonici ed ingegneristici.

Nelle prime sale è documentata la ricerca sui rapporti fra astrazione e figurazione alla fine degli anni Sessanta (con opere, fra l’altro, di Renato Barisani, Lucio Fontana. Piero Manzoni, Paolo Scheggi, fino alla successiva collaborazione con Alberto Burri, culminata nella realizzazione a Capodimonte, nel 1978, del Grande Cretto Nero). Seguono le sale dedicate agli artisti dell’Arte Povera, in cui sono presentate opere fondamentali, fra gli altri, di Pierpaolo Calzolari, Luciano Fabro, Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, a partire dalla ricostruzione della mostra personale di Jannis Kounellis con cui, nel 1969, inaugurò la sede della galleria in Piazza dei Martiri e che segnò una svolta anche nella sua programmazione. Questa sezione è approfondita, nella sale seguenti, dalle opere e dai documenti dedicati alla “Nuova Creatività nel Mezzogiorno” e alla ricerca performativa e teatrale (Vito Acconci, Lea Lublin, Charlemagne Palestine, Gruppo XX, Falso Movimento e Teatro Studio di Caserta), alle ricerche concettuali (con un’inedita presentazione di opere su carta di James Lee Byars, insieme a opere di Daniel Buren e Dan Graham), fino alle sale dedicate alla Pop Art e all’arte “rivoluzionaria” e alla “scultura sociale” beuysiana (esposti, fra l’altro, insieme a ritratti, disegni e multipli, due lavori simbolo della collezione Terrae Motus realizzati prima del 1982: Fate Presto, 1982, di Andy Warhol – ispirato alla copertina del “Mattino” del 26 novembre 1980 – e Terremoto in Palazzo, 1981, di Joseph Beuys). La seconda parte del percorso espositivo si articola fra opere cardine di artisti quali Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Nicola De Maria, di Nino Longobardi, Luigi Ontani, Ernesto Tatafiore, accanto alle opere di Tony Cragg, Robert Rauschenberg, Gerard Richter e Cy Twombly. Chiude il percorso espositivo al terzo piano una selezione di opere fotografiche e filmiche, fra gli altri, di Bernd e Hilla Becher, Fabio Donato, General Idea, Gilbert & George, David Hockney, Mimmo Jodice, Wilhem Von Gloeden, e un’ampia sala di documentazione che comprende un ritratto di Amelio di Mario Schifano connesso all’avvio del progetto Terrae Motus. Nell’ambito della mostra è presentato infine, presso la sala che domina il secondo cortile del museo, Delle distanze dalla rappresentazione (1969), installazione ambientale di Carlo Alfano entrata nel 2013, insieme all’opera di Nino Longobardi, Terrae Motus, 1980, nella collezione permanente del Madre.

Carlo Franza

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