LEstorick Collection di Londra dedica una mostra al pittore, nonché politico, siciliano Renato Guttuso. La mostra, “Renato Guttuso: Painter of Modern Life” terminerà il 4 aprile, ed è la più grande retrospettiva sulla carriera dell’artista, in Gran Bretagna, degli ultimi 20 anni.

L’esposizione si concentra sullo stile popolare del pittore, che produsse sempre opere dal forte contenuto sociale, morale e politico, nella convinzione che l’arte debba innanzitutto essere utile. Guttuso non si staccò mai da quest’idea, applicandola per tutto il suo percorso artistico. Sicuramente il periodo storico in cui visse, e le decise opinioni che ne scaturirono, condizionò profondamente il suo lavoro, espressione della sua ferma ribellione al regime culturale del fascismo. Raccontò con i suoi quadri l’angoscia di una generazione e il cambiamento della società per oltre 40 anni, passando per diverse correnti artistiche, dalla Scuola Romana, a Corrente, al Fronte Nuovo delle Arti, forgiando uno stile individuale che contaminò tutta l’arte italiana del dopoguerra.

Anche la scena politica lo vide protagonista, il pittore infatti nel 1940 si iscrisse al Partito Comunista e ne disegnò il simbolo. Durante la guerra combatté nella Resistenza e, per tutta la vita fedele al partito, fu eletto Senatore della Repubblica per ben due volte. Ma Guttuso continuò anche a creare opere ispirate alla gente e al paesaggio del sud Italia, utilizzando sempre colori vivaci e una tecnica pittorica unica nel suo genere. Se Pier Paolo Pasolini è stato il neorealista della parola, mentre Federico Fellini e Vittorio De Sica hanno portato il neorealismo al suo culmine sul grande schermo, Renato Guttuso è il maggiore esponente del realismo in pittura. Profondamente coinvolto nel clima sociale e politico del suo tempo, Renato Guttuso è tra le coscienze più autorevoli dell’arte del secondo dopoguerra. Sin dalla metà degli anni ’30 la sua scelta è chiara, in nome di una figurazione che da un lato recuperi in modo critico l’identità antica della pittura, la sua capacità di farsi racconto ed emblema, e dall’altro sia lo specchio critico di un rapporto intenso, lucido, drammatico anche, con la storia. La precoce scelta antifascista, l’adesione al movimento comunista, ne fanno l’interprete maggiore di un realismo che non è scelta retorica e celebrativa, ma testimonianza critica del proprio tempo, del presente individuale e collettivo, di cui restituire una verità possibile. “Vorrei arrivare alla totale libertà in arte, libertà che, come nella vita, consiste nella verità”, scrive Guttuso. E ancora: “Sempre ha contato, soprattutto, per me il rapporto con le cose. Trovare, o credere di trovare questo rapporto (naturalmente non stabile né fisso) ha significato, in qualche modo, tentare la possibilità di comunicare tale rapporto. Un’arte senza pubblico non esiste”. Colta tanto quanto antiintellettualistica, la pittura di Guttuso sceglie temi di genere, dalla natura morta al ritratto al nudo, fondendo registri che vanno dall’amore per il Rinascimento e il Seicento all’umore popolaresco, dalla sintesi formalmente forte alla narratività, dall’evidenza potente delle cose all’allegoria. La sua è, anche, partecipazione piena al dibattito delle avanguardie, di cui ha piena consapevolezza ma che sempre guarda da un punto di vista di piena, rivendicata autonomia. Riflette sull’ espressionismo, instaura un dialogo serrato con Picasso e le sue sintesi brucianti, polemizza con il disimpegno etico delle correnti a lui contemporanee, perché per lui la realtà “è un rendiconto di ciò che la realtà è, di ciò che è dell’uomo”. La retrospettiva, organizzata in collaborazione con la Galleria d’Arte Maggiore di Bologna, offre una panoramica completa su tutto il lungo percorso dell’artista.

Carlo Franza

 

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