Erich Fischl abbandona la potente galleria Mary Boone di New York dopo trent’anni. Il mercato dell’arte soffre di una bolla di isterismo.
Da un lato abbiamo una delle gallerie più potenti e famose del mondo, Mary Boone; dall’altro, Eric Fischl, uno dei più validi artisti degli ultimi decenni,
Lavorano – anzi, lavoravano – insieme da trent’anni, ma qualcosa nei rapporti si evolve, e così si è annunciata la separazione, dalle pagine di “Interview”, dove Fischl è stato autore intervistato per un testo sul mercato dell’arte.
Seguendo la scia di Richter e del tedesco Baselitz, anche Fischl ha riportato di non sentirsi più rappresentato da questa “bolla di isterismo”, dove gli artisti sono “grandi marchi” e i collezionisti personaggi in cerca di una “lista di celebrità”.
E così via, dopo anni e anni rappresentato da Mary Boone, l’artista non avrà più una galleria di riferimento.
Nessuna rivendicazione certo, perché nel pezzo-intervista Fischl parla del suo rapporto con la galleria e della capacità che questa ha avuto nel tempo di lavorare con artisti per cui l’arte era anche una “possibilità per cambiare la società”, con un idealismo che via via si è perso, e che all’età di Fischl e con la carriera e le sue possibilità economiche alle spalle si può anche tentare di recuperare, pur tra mille difficoltà proprie e improprie. Ma Fischl lascia anche intendere che il mercato dell’arte europeo è sopravvalutato, che tale bolla presto scoppierà e che mille investimenti per i tanti collezionisti andranno in fumo, perché si è perso fondamentalmente proprio l’idealità, la fede nella bellezza e nelle scelte, ed anche la realtà e l’umanità. Il nichilismo europeo avvolge anche l’arte in una spirale fuori controllo.
Carlo Franza