striscia_sitoLa Deodato Arte di Milano presenta al mondo intero una novità assoluta, ovvero un capitolo inedito di Andy Warhol, quello elaborato attraverso un computer di nome Amiga. Accanto al lavoro di Warhol ecco le nobili e festanti interpretazioni di Giuliano Grittini artista “cum laude” che ha mirato a flashizzare la storia e il capitolo ultimo del genio americano.
Giuliano_Grittini,_MEMORY_BLACK_CAMPBELL_SOUP,_2015,_Tecnica_Mista_su_carta,_50x65cm._L’arte è sempre stata considerata un fare mediante la mano, per l’abilità da esercizio e per la continua partecipazione mentale. L’artigiano è stato premessa di tutta l’arte delle varie civiltà, fino all’Ottocento, certamente nelle civiltà passate la macchina interveniva, ma il suo uso era ancora in funzione della mano. La màchina magh – macchina mago- si risolveva in un aiuto che le dava la forza della mano. Poi con la rivoluzione industriale è subentrato il dominio della macchina; l ‘evoluzione industriale ha creato i presupposti di una nuova civiltà che ha inciso sulle nuove concezioni estetiche. Le avanguardie, anzitutto, del primo novecento e poi quelle del secondo novecento sono state il prodotto di queste trasformazioni strutturali della società.
La serialità è sorta con l’affermazione dell’industria e del design e con pretese di arte pura. Nella serie industriale tutto è prodotto a macchina , anche in modo illimitato, ed è quindi il “progetto” ad avere valore.4ecb2ccf-b71a-4da9-935e-c6205d7ce7f3 Ciò è valso per la sedia progettata con rigore da Mackintoosch, come per il ritratto di Warhol elaborato con Amiga. E se Warhol ha collegato la macchina fotografica al computer, il rapporto macchina-mano-occhio-mente, con lo sviluppo del processo fotografico ha assunto un carattere particolare; la macchina è diventata un potenziamento della mano e dell’occhio, che è in questo caso warholiano, occhio della mente.
Il ritratto warholiano e le operazioni estetiche da lui messe in atto con il computer non hanno escluso la serialità e non hanno annullato nelle opere le premesse artigianali, il tocco, la sensibilità materica, la ricerca per rendere quanto più personale il prodotto. Nelle opere seriali di Warhol, il quale più di altri ha sentito come motivo poetico l’iterazione, specie con il manifesto moltiplicato e affisso nelle strade, da lui ripreso come mass-media, abbiamo vari esemplari con stesure di colore anche diverse e un tocco e6ea6860-1564-4ce8-b5c9-1f074acbb386aggiuntivo che ha reso più personali le singole opere.
Un fatto nuovo, nuovissimo, non ancora studiato dagli storici dell’arte, è stato l’approccio di Andy Warhol con il computer, e l’elaborazione di lavori, opere d’arte compiute, rientranti a pieno titolo nel capitolo della pop art e del new dada, per via di una ri-creazione non imitativa ma in funzione di altri rapporti, di altre misure, di inediti risultati nella concretezza dell’oggetto-opera.
Ma una breve storia dell’approccio di Warhol al computer Amiga serve a capire come anche quest’arte abbia potuto avere singolare successo.
Amiga è una piattaforma informatica originariamente ideata da una piccola compagnia statunitense chiamata Hi –Toro. Questo gruppo d’informatici e ingegneri inizialmente voleva creare una macchina da gioco dalle grandi cGiuliano_Grittini,_RED_FLOWER_2,_2015,_Tecnica_Mista_su_carta,_50x65cm.,__apacità grafiche e sonore. In seguito, man mano che il progetto avanzava, Hi-Toro incorporò alla proto-console caratteristiche proprie di un personal computer multimediale coordinate da un elegante sistema operativo, AmigaOs che già allora offriva un reale multitasking preemptive (caratteristica che permette di eseguire più programmi contemporaneamente). Nacque così la piattaforma che fu soprannominata “Advanced Multitasking Integrated Graphics Architecture” (AMIGA). La Hi-Toro fu poi acquisita, insieme al progetto Amiga, da una famosa casa produttrice di personal computer, la Commodore la quale commercializzò il prodotto dall’ottobre del 1985.
Era il 23 luglio del 1985 quando venne mostrato al mondo l’Amiga 1000 da Andy Warhol. Il grande artista americano divenne il protagonista assoluto dell’evento. Andy Warhol, Debbie Harry dei Blondie e altri vip si ritrovarono a un gala ospitato al Vivian Beaumont Theater del Lincoln Center di New York. Fu di sicuro un grande evento, ma non certo per la presentazione di un disco o l’anteprima di una mostra, quanto per la presentazione dell’Amiga 1000 Si trattava del primo personal computer professionale di serie, sviluppato da Commodore, dotato contemporaneamente di multitasking preemptive e di una shell con interfaccia grafica di tipo WIMP (caratteristica che permette un utilizzo user-friendly del computer). Per di più l’interfaccia era a colori e la grafica e l’audio erano i più avanzati. Da una fotocamera collegata ad un computer – una tecnologia futuristica per quei tempi – Andy Warhol disegnò un ritratto della cantante Debbie Harry, leader dei Blondie. Prima scattò una foto alla Harry e poi la modificò usando un software particolare. Quell’evento era il lancio del computer Amiga 1000 e quel software era una delle potenzialità di quel pc che andare a cambiare il sistema della comunicazione e dell’estetica.
La grande, anzi grandissima, novità era che Warhol dipinse davanti a tutti un ritratto digitale della Harry, mettendo a fuoco le potenzialità di quella macchina. Grande entusiasmo per la piattaforma ma errori e scarso interesse degli amministratori di Commodore portarono alla bancarotta di Amiga che andò in liquidazione volontaria nell’aprile del 1994, con conseguente vendita della tecnologia ad una serie di aziende specializzate in pc. Di fatto, però, in 30 anni la piattaforma è stata tenuta in vita da una serie di programmatori e utenti, affezionati anche ai giochi creati ‘ad hoc’ come Civilization, The Settlers, Wings, Arabian Nights, Monkey island e Sensible Soccer. Ancora oggi un computer Amiga coordina gli impianti di condizionamento di un gruppo di scuole nel distretto di Grand Rapids, nel Michigan, Stati Uniti; da 30 anni accende e spegne caldaie, compressori e ventilatori e tutte le riparazioni sono fatte da uno studente-programmatore. E in coincidenza dell’anniversario di Amiga, il Computer History Museum ha organizzato una serie di iniziative con decine di eventi in tutto il mondo. Con il 2000 la piattaforma ha iniziato una lenta rinascita grazie all’impegno di Amiga Inc., l’azienda che attualmente ne detiene i diritti; a breve proprio due miti degli anni ’80 come Commodore e Amiga rivivranno sullo smartphone ‘Pet’, opera di un gruppo di ingegneri italiani.
Ebbene quelle foto scattate e ‘lavorate’ da Andy Warhol con il computer Amiga – rielaborazioni digitali di sue opere famose come il barattolo della zuppa Campbell, la banana della copertina del disco dei Velvet Underground, il ritratto di Marilyn Monroe – sono state dimenticate per anni. Sono state scoperte un anno fa da un artista di Brooklyn nei floppy disk conservati nel museo di Pittsburgh dedicato a Warhol. Sono tra le ultime creazioni del genio americano della Pop Art, che morì due anni dopo l’arrivo dell’Amiga 1000, nel 1987.
A distanza di anni e con queste premesse, encomiabile è il lavoro che oggi Deodato Arte di Milano ha messo in piedi per questa innovativo e campionario capitolo warholiano, a trent’anni da quella fatidica data del 1985 e dall’elaborazione computerizzata di ritratti, ed entratone in possesso di quella performance mediatica ha voluto dare nuovamente cornice e risalto affidandone a un maestro come Giuliano Grittini la ricreazione dell’evento e delle procedure con opere uniche e con la produzione di grafiche in formati diversi, 75x 50 e 100×150 cm., che andranno a movimentare una mostra bellissima, e sarà, in ottobre, corona a Milano Expo 2015.
Sono pienamente convinto che solo Giuliano Grittini poteva avere animo e spirito di captare il processo warholiano con Amiga, in quanto egli stesso artista, ebbe già modo nel 1997 di elaborare CLONART, dando avvio in modo sensazionale a un nuovo processo artistico, unico e irripetibile.
Ora Grittini si è cimentato con Warhol, Amiga, lo spirito del nuovo secolo e un connubio di serialità non comune, dando prova, con opere in cui passione, annosa ricerca e sperimentazione dello stile svelano contenuto ed esecuzione. La magia del rappresentato esiste, l’immagine di Warhol, lo schermo che apre e chiude l’intera serie dei lavori, la schiettezza e la forza del messaggio, la storia che racconta il geniale artista americano, cultura e simbolo storia tecnologica ed estetica del visivo.
Se osservate i lavori di Grittini in cui flashizza la storia e il capitolo ultimo di Warhol è quanto di più vicino al teatro ci sia nel senso classico. Lacerti di colore, rosso, azzurro, oro, drappeggiano come finestre aperte sulle immagini rappresentate, l’artista lombardo per queste opere specifiche ha disegnato come la natura e ha dipinto come la luce. Quello di Grittini per celebrare Amiga e Warhol é un sistema di “uso del colore” radicato nel cervello e che usa istintivamente con la libertà nata da una completa comprensione. Disgiungere quella macchina computer e quanto realizzato da Warhol da questa operazione di Grittini non si poteva perché anch’egli ne ha controllato i mezzi e ha dato allo stesso tempo l’idea della libertà e della fluidità con la quale li adopera simultaneamente. Grittini quando ha dipinto ciò, prima di portarsi alla serialità della stampa, era in uno stato di passione e di impeto, e di sapiente immaginazione, facendo sua quella massima di Matisse che diceva: “l’importante nel dipingere è conoscere gli spazi”. E qui, spazi, forme, immagini e colori paiono realizzate con una certa magia. Prima Warhol eppoi Grittini hanno utilizzato macchine per entrare in contatto con la realtà del reale, in modo simile alle ombre nella caverna descritte dal filosofo greco Platone.
Si è trattato di comunicazione, in cui il corpo ha funto da mezzo di espressione, Warhol fotografando e ritraendo con Amiga, Giuliano Grittini traducendo e interpretando un evento che nell’arte contemporanea porterà nuovamente influssi testimoniali aperti a quella nuova era della concezione, della creazione e della diffusione dell’opera d’arte.

Carlo Franza

 

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