images1foriCi sono voluti ben 112 anni per riaprire al pubblico l’ingresso della Rampa Imperiale che dal Foro arrivava al centro del potere, il Palatino. Ora accesso significativo tra questo luogo, in alto, e il Foro, in basso, è un luogo cruciale perché si intersecavano il culto della Lucus Iuturnae, l’aula dei quaranta martiri (gelati negli affreschi e nella vicenda biografica) e quello che resta di Santa Maria Liberatrice (demolita nel 1900).Ha richiesto un lungo intervento di casa-augusto-palatino3-592x427La-Rampa-di-Domiziano-torna-a-splendere1impermeabilizzazione e restauro architettonico condotto con materiali reversibili, perché anche in futuro si possa rimettere mano con facilità.
Un dato di umiltà degli architetti e dei restauratori, nel trattare 4/7 della lunga rampa, che non è paragonabile alla conquista di potere che il luogo rappresentava.
Pari alla grandezza e sontuosità del luogo, il lavoro dei restauratori, non si ferma qui. «Da marzo, il progetto infatti 151144757-54815132-150a-40d5-b90e-f3473c7ebb63-thproseguirà, seguendo il tracciato del Clivo della Vittoria, e attraverso la Domus Tiberiana, seguirà la pendice sud-ovest deMostre: Palatino imperiale, riapre la rampal Palatino per collegarsi alla Scalae Caci, ai templi dell’acropoli antica e alla casa di Augusto. L’apertura di questo itinerario consentirà una visione nuova del Palatino», afferma il Soprintendente Francesco Prosperetti.
La terrazza all’apice della rampa, scoperta più di 100 anni fa da Giacomo Boni, da cui si offre oggi al visitatore un panorama mozzafiato sul Foro, si elèva ad un’altezza di 35 metri ed è stata rimessa in sicurezza grazie al lavoro di Claudia Del Monti e alle ricerche di Patrizia Fortini che oggi inaugurano anche una mostra temporanea sui 300 metri del percorso.
Tra i reperti esposti, non solo l’antico che arriva dalla Fonte di Giuturna con il gruppo di Esculapio, le tre fontanelle a scaletta e il rilievo con i Dioscuri, ma anche i rosoni e gli stucchi seicenteschi provenienti dalla chiesa di Santa Maria Liberatrice.
Resta da significare che a finanziare questi e i successivi interventi necessari per mettere in salvo le rovine dell’area del Foro-Palatino, sono gli stessi visitatori, che il più delle volte ignari del luogo in cui si trovano, diventano, attraverso l’acquisto dei biglietti, novelli Marco Curzio, il leggendario eroe che per riempire la voragine che si era aperta nel Foro, pericolosissima perché secondo la leggenda poteva inghiottire tutta Roma, getta in quel baratro tutto il bene più prezioso che da cittadino romano possedeva, ovvero il suo lavoro per la comunità.

Carlo Franza

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