ashraf-fayadh(2)Aveva partecipato alla Biennale di Venezia nel 2013, con il progetto “Rhizoma” curato insieme a Sara Raza. Il messaggio forte era parlare e far prendere coscienza di una nuova consapevolezza da parte della nuova generazione di artisti sauditi, per creare un forte messaggio indipendente. Stiamo parlando di Asrhaf Fayadh, palestinese, 35 anni, in carcere proprio in Arabia Saudita, e condannato alla pena di morte per apostasia e diffusione dell’ateismo pena-di-morte-arabia-saudita-orig_main( sentenza del 25 novembre 2015).
Nessun avvocato pronto a difenderlo nel paese dell’islam sunnita, ma solo un testimone ad accusarlo di averlo sentito imprecare Dio, Maometto e l’Arabia, e anche con una precedente accusa per crimini “virtuali”, ossia l’aver scattato fotografie a una serie di donne e averle conservate sul cellulare, azione che gli era costata 800 frustate e qualche giorno di galera.
Oggi, però, dal Festival della Letteratura di Berlino, e in tutta Italia, arriva l’omaggio, con una serie di reading di poesie dell’artista, tratte dal suo libro “Le istruzioni sono all’interno”. Non solo. In queste ore è partito anche l’appello promosso da Amnesty International e indirizzato al Re e al Primo Ministro dell’Arabia Saudita, in cui si chiede che la condanna a morte – dovuta a un ribaltamento in appello della sentenza di apostasia – sia rivista.
Asrhaf Fayadh, definito dal direttore Chris Dercon della Tate Modern di Londra,“un artista schietto e coraggioso”, penso meriterebbe un po’ di attenzione, specie dal mondo degli intellettuali italiani, anche per via dei diritti umani calpestati in Arabia Saudita.
Io stesso, avendo incontrato a Venezia nel 2013 Fayadh in Biennale, ho inviato un telegramma alla Casa Reale perchè sia concessa la grazia allo scrittore. Ma si sa, gli intellettuali fanno paura, e nel cuore dell’islam si uccide la cultura. Pensate che in Arabia Saudita nei pochi giorni che ci separano dall’inizio del 2016 sono già state giustiziate 51 persone. E’ una vergogna inaccettabile per ogni essere umano. 

Carlo Franza

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