natali-cohen-vaxberg                                                                                                  Tutto ebbe inizio nel luglio 2014, quando Israele lanciò la sua incursione militare a Gaza. Pochi giorni dopo Natali Cohen Vaxberg, artista e performer israeliana, pubblicò un video intitolato “Shit instead of blood”, lasciando vedere esattamente quello che recitava il titolo; ovvero l’artista accovacciata in un bagno, intenta nell’atto di defecare su diverse bandiere nazionali, tra cui quelle di Israele, Palestina, Francia, Stati Uniti e Regno Unito, su colonna sonora di Frédéric Chopin.
Fu subito arrestata, passando prima una notte in carcere e poi un mese ai domiciliari, con il divieto di usare internet.
Ma Cohen Vaxberg da allora non ha perso il vizio, reiterando il reato, e nell’arco del 2015 è stata arrestata altre 4 volte, di cui l’ultima lo scorso dicembre, quando sulla sua pagina facebook è stato trovato un altro video dove l’artista mima ancora una volta l’atto di defecare su un orsacchiotto avvolto con una bandiera israeliana.
«La polizia mi ha chiesto che messaggio volevo lanciare. Ho detto che mi sembrava chiaro e non avevo intenzione di spiegare. Hanno chiesto se mi ricordavo quando avessi postato la foto, e ho detto che non ricordavo e avrebbero dovuto chiedere all’orso. Anche un poliziotto non poteva trattenersi dal ridere», ha spiegato Vaxberg.
Voi capite che se un artista si può permettere di dire ciò che vuole e ancor più offendere il simbolo di una nazione, la comunicazione è estremamente grave oltre che fallimentare. In Israele si è aperto un nuovo “caso” nazionale, perché la polizia ha trasmesso tutti e cinque i casi ai pubblici ministeri israeliani per decidere se sporgere denuncia contro la ragazza, per aver dissacrato la bandiera, reato previsto dal 1949, punibile con più di un anno di carcere. E direi carcere meritevole.

Carlo Franza

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