52963-01_big                                    Ha per titolo “Guttuso. Inquietudine di un realismo”, la mostra ospitata nella Galleria di Alessandro VII – Palazzo del Quirinale e visitabile fino al 9 ottobre. Splendida, ricca, esempio grandioso di arte italiana del novecento. Riunisce i quadri di Renato Guttuso di ispirazione religiosa e offre un’inedita apertura alla lettura dell’artista per carpirne a distanza di tempo il vero senso del suo lavoro. L’esposizione è a cura di Fabio Carapezza Guttuso, Presidente degli Archivi Guttuso, e di Crispino Valenziano, Presidente della Accademia Teologica via pulchritudinis; resa possibile anche dal sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dei Musei Vaticani, del Museo Guttuso di Bagheria, della Camera dei Deputati e di prestigiose collezioni private. “La Crocifissione” di Renato Guttuso, la sua opera più famosa e uno dei quadri più significativi del Novecento italiano, suscitò in occasione della presentazione al Premio Bergamo nel 1942 un grande dibattito nel Paese. In quel tempo fu lo stesso vescovo di Bergamo a puntare il dito su quel capolavoro che presentava nudità. Ecclesiastici autorevoli, giudicandola blasfema, proibirono a chierici e preti di guardare l’opera, pena la sospensione a divinis. Monsignor Crispino Valenziano, illustre teologo costantemente vicino all’arte contemporanea come pochi in Italia, proprio dalla “Crocifissione” ha iniziato l’esegesi delle opere dell’artista, per proseguire nella disamina a più voci di “Spes contra spem”, “Il Legno della Croce”, la “Cena di Emmaus”, fino agli “Studi di Crocifissione”, proponendone una nuova chiave di lettura.  Osserva bene, e dice: “… di Guttuso mi interessa il credere cristiano complicato a suo modo nell’opera della sua arte”, così in un suo saggio titolato emblematicamente “Guttuso credeva di non credere”. Valenziano si sofferma  sulla produzione artistica di Guttuso  sottolineando come “dalla virtualità religiosa del suo realismo sociale” si giunga “alla sua conoscenza riflessivamente operativa delle Scritture e delle tradizioni connaturate al nostro radicamento culturale”, e infine “alla sua disponibilità e adesione a realizzare opere che hanno nella liturgia la loro causalità originante, la loro identità materiale e formale e la motivazione finale della loro struttura e funzione”. Come storico ne ho avvertito la colta valenza di questa lezione di Valenziano, perché il Guttuso religioso non vada proprio disgiunto dal Guttuso laico e comunista. La mostra è a dir poco spettacolare, e gli stessi numeri di visitatori mi dice come finalmente si possa ancor più riscoprire uno degli artisti italiani del Novecento che ha dato alla pittura continuità alla lezione realista che dai secoli precedenti ha fatto dell’Italia un patrimonio figurale unico, una miniera di tesori senza prezzo. L’organizzazione è stata affidata a Civita e il catalogo della mostra è a cura di De Luca Editori d’Arte.

Carlo Franza

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