Il Palazzo Metternich, sede dell’Ambasciata d’Italia a Vienna. Pubblicato un prezioso libro di storia, arte e diplomazia curato dall’Ambasciatore Gaetano Cortese per il Bicentenario del Congresso di Vienna.
Una strenna preziosa, un libro fondamentale, un testo storico di notevole importanza, una veste editoriale ricca. Questo volume corposo -oserei dire capitale- dal titolo “Il Palazzo Metternich”, che mi ritrovo tra le mani, è uscito in concomitanza con il bicentenario del Congresso di Vienna. La fortuna di questa uscita la si deve a Sua Eccellenza l’Ambasciatore Gaetano Cortese, figura di notevole cultura giuridica, diplomatica, letteraria, storica e visiva. Il volume certo fa capo ad una collana -sempre curata da questo ambasciatore illuminato- in cui sono presenti altri volumi che descrivono e raccontano le sedi delle Ambasciate d’Italia nel mondo. Questo volume poi ha trovato anche il forte consenso dell’ambasciatore d’Italia a Vienna Giorgio Marrapodi che vede così valorizzata la sede -dal 1908- della rappresentanza diplomatica a Vienna. Vi assicuro che il volume è preziosissimo, ha richiesto impegno e tanto lavoro per raccogliere notizie e immagini (452 pagine con testo e foto, molte delle quali concesse da 12 musei di alcune delle principali città d’Italia e d’Europa), compreso il coordinamento dei contributi di grande autorevolezza, come quelli stilati da ambasciatori (Massimo Spinetti, Alessandro Quaroni), da direttori di Musei (del Quirinale, delle Carrozze, del Belvedere e del Kunsthistorisches Museum di Vienna), da studiosi dell’Università Statale “La Sapienza” di Roma. Bellissime immagini, anche a tutta pagina, coloristica notevole, un susseguirsi di foto di interni e di esterni, di ritratti, di dipinti, di fregi, di arredi, che danno subito idea del corredo come cosa fondamentale per narrare e descrivere la storia del Palazzo Metternich. Il libro svolge anche una grande lezione di storia, per i luoghi di un vissuto testimoniale, non solo, ma una storia soprattutto artistica che racconta di un’epoca grazie agli ambienti in cui vi sono conservate pitture e sculture di altissima qualità, luoghi che vantano il respiro di precisi avvenimenti, lontani e vicini, dove passato e presente si incrociano fra quelle mura aperte su un parco imponente. Nel libro le notizie sul palazzo si susseguono definendone la storia. Era il 1846 quando il principe di Metternich, allora Cancelliere, settantatreenne, fece costruire il nuovo palazzo su terreni della famiglia sulla Rennweg, egli era certo ancora potente, ma prossimo al declino. All’epoca aveva una moglie quarantunenne che gli aveva dato tre figli ancora in tenera età, mentre dai suoi due precedenti matrimoni aveva avuto altri tre figli, ormai adulti. Il palazzo,dunque, fu costruito su terreni della famiglia sulla Rennweg; e non era stata ancora ultimata la costruzione all’epoca della rivoluzione di Vienna, con i rivoluzionari che puntavano il dito sul Metternich principale nemico. Questi si fece da parte solo nell’agosto del ’48 quando ci fu l’abdicazione dell’Imperatore e Francesco Giuseppe raggiunto la maggiore età legittimamente potè succedere allo zio. E’ qui che inizia l’esilio volontario dapprima a Londra e poi a Bruxelles. Al palazzo di Vienna la famiglia tornò dopo più di tre anni. Con l’ascesa al trono di Francesco Giuseppe e la sconfitta della rivoluzione il Metternich tornò nuovamente in auge e tenuto in grande considerazione, ma il nuovo imperatore commise errori politici grossolani, compreso l’ultimatum all’Italia che avrebbe condotto all’ultimo atto delle guerre per l’Indipendenza italiana, nel 1859. Il 5 giugno giunse la notizia al suon di tromba della sconfitta di Magenta; al Metternich ne giunse notizia, costretto sulla sedia a rotelle, nel parco del palazzo. L’11 giugno 1859, a mezzogiorno, ricevuti i conforti religiosi, l’ex cancelliere spirò, nel suo palazzo. Oggi riposa nella tomba di Plasy in Boemia, con le tre mogli e gli otto figli che gli erano premorti.
Ma chi era Metternich? Il principe di Metternich è stato il più influente uomo di stato austriaco della prima metà dell’800, e uno dei padri del realismo politico nel campo della diplomazia; è stato anche tra i politici più odiati per la sua politica di repressione nell’epoca storica della “Restaurazione”. Non era austriaco Klemens Wenzel Lothar von Metternich che nacque il 15 maggio 1773 a Coblenza sul Reno da famiglia nobile che viveva nella Renania da secoli. Studiò scienze politiche a Strasburgo e potè anche godersi la vita e mille piaceri a spese del padre. Con la rivoluzione francese i genitori fuggirono prima a Londra (nel 1794) e poi a Vienna. Come era usanza presso gli Asburgo, la carriera politica di Metternich iniziò con un matrimonio, infatti nel 1895 sposò Maria Eleonore Kaunitz, la nipote di un ex cancelliere. Le amicizie influenti della moglie e i suoi contatti nella corte viennese gli spianarono la strada al successo tanto che divenne, tra il 1801 e il 1809, prima ambasciatore austriaco presso la corte della Sassonia a Dresda, poi nella capitale della Prussia, a Berlino e infine a Parigi dove regnava Napoleone. Preoccupato di far carriera, divenne presto il più abile diplomatico dell’imperatore austriaco che riuscì ad affrontare, grazie alla sua intelligenza e una grande capacità diplomatica, e a gestire con discreto successo i difficili rapporti dell’Austria con questi stati. Tornato a Vienna nel 1809 divenne ministro degli esteri e guidò l’Austria negli anni difficili della guerra antinapoleonica. Dopo la sconfitta di Napoleone, scontato che la conferenza internazionale, escogitata da Metternich, nel frattempo nominato principe, si svolgesse nella capitale austriaca. E’ stato il Metternich a inventare la diplomazia dei congressi internazionali -ad appena 36 anni Ministro degli Esteri e a 48 Cancelliere- si conquistò, per la sua abilità diplomatica, un indiscusso ruolo chiave. Molte delle decisioni del congresso furono risultato del suo lavoro di mediazione tra le monarchie europee, facendo valere innanzitutto gli interessi degli Asburgo.
L’impressione era che Vienna si fosse trasformata in una gigantesca festa dell’aristocrazia di tutta Europa. Ma dietro la facciata allegra e festosa dei nove mesi del Congresso, furono soprattutto le cinque grandi potenze dell’Europa (Russia, Inghilterra, Austria, Prussia e Francia) a decidere sui contenuti degli atti ufficiali. Paesi, provincie e città furono spostati qua e là, spartiti fra principi e monarchi, senza tenere conto in nessun modo delle conseguenze politiche, economiche o culturali che ciò poteva avere. Con questo congresso iniziò il periodo della “Restaurazione” che durò fino al 1848 quando le rivolte democratiche in tutta l’Europa rovesciarono l’equilibrio politico creato dal Congresso di Vienna. Come ministro degli esteri dimostrò grande capacità di gestire i rapporti tra le monarchie europee, e una sorprendente modernità di idee per quanto riguarda i rapporti tra Vienna e altre parti dell’impero. Propose di concedere una limitata autonomia alle regioni italiane annesse, creando una confederazione, una “Lega Italica”, sotto la presidenza dell’Austria, ma l’imperatore Francesco I rifiutò. Secondo la sua ottusa convinzione, gli italiani dovevano diventare “dei veri austriaci”. Anche per i popoli balcanici Metternich voleva creare un “regno slavo meridionale”, naturalmente sotto il dominio dell’Austria, ma con certi privilegi. Anche questa volta l’imperatore rifiutò, cosa che poi si rivelò un tragico errore, mentre Metternich mostrò una notevole lungimiranza e un realismo politico non comune. Nel 1848 scoppiarono delle insurrezioni in Europa, anche a Vienna e negli altri territori austriaci: in Ungheria, in Boemia e in Italia. Mentre in questi territori le ribellioni assunsero un carattere nazionale, a Vienna le richieste dei rivoltosi (in maggioranza borghesi e studenti, ma anche artigiani e operai) riguardavano la libertà di stampa e i diritti civili. L’imperatore Ferdinando I era disposto a parlarne con i capi della rivolta, ma Metternich rifiutò ogni concessione, mandò le truppe contro gli insorti, causando un massacro. Vienna si trasformò in un calderone ribollente, nelle
strade del centro furono erette delle barricate, Metternich fu congedato e dovette lasciare l’Austria. Tornò tre anni dopo, quando la rivoluzione era ormai un lontano ricordo, e restò consigliere dell’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria. Morì a Vienna l’11 giugno 1859.
Il poderoso volume a firma dell’illustre Ambasciatore Gaetano Cortese, dal titolo “Il Palazzo Metternich nel bicentenario del Congresso di Vienna”, ci porta proprio dentro la dimora antica viennese di questo potente politico dell’Ottocento, nei suoi grandiosi ambienti rinascimentali, progettati dagli architetti Johann Romano von Ringe e August Schwendenwein, spaziando in lungo e in largo, dall’ingresso allo scalone con inserti archeologici, al piano nobile di rappresentanza, e attraverso strabilianti immagini e scatti fotografici dei passaggi da una stanza all’altra, il salone delle battaglie, la sala della musica, la sala da pranzo, il salone delle feste, gli ambienti del secondo piano, abitati dalla famiglia degli ambasciatori italiani a Vienna, lo studio dall’imponente emboisage, l’appartamento degli ospiti di stato, il parco. Certo che la scelta delle immagini è come dire quasi fatale, ma anche misurata, appropriata, chiara, visivamente artistica e scenografica.
Ed ancora, il volume coglie arditamente tutta la vita recente del Palazzo, sede dal 1908 della rappresentanza diplomatica italiana, attraverso proprio tutta una serie di fotografie che documentano non solo la storia italiana della diplomazia in occasione delle visite di importanti personalità politiche internazionali, ma anche momenti di fraternità, intimità e svago, capaci di tradurre e trasmettere l’atmosfera non solo di lavoro politico ma anche culturale che i diplomatici italiani sapevano far vivere a chi si avvicinava a frequentare la vita della nobile dimora del Palazzo che fu di Metternich. Sicchè il lavoro forte, documentato, mirato, che l’Ambasciatore Gaetano Cortese ha fatto, ci consegna un libro capitale che onora l’Italia e la diplomazia italiana nel mondo, perché l’excursus mostrato vive di sapienti parole, di storia fondativa, di immagini belle e serrate che ne fanno un testo di storiografia contemporanea.
Carlo Franza