“Tancredi, con la sua pittura, crea una nuova filosofia poetica per coloro che non posseggono né telescopi né razzi: quanto fortunati noi che abbiamo tali cristallizzazioni da trasportarci sani e salvi, verso altri mondi”(Peggy Guggenheim).  E ancora “Tancredi è il migliore pittore italiano, dai Futuristi in poi”( Peggy Guggenheim).

Con quetancredi-santrovasosta mostra l’opera di Tancredi Parmeggiani (Feltre 1927–Roma 1964) torna a Palazzo Venier dei Leoni a Venezia. Talento precoce e irrequieto, nel 1951 fu riconosciuto da Peggy Guggenheim che gli offrì un contratto, concedendogli uno studio nella propria residenza e adoperandosi a dargli un prestigio internazionale. Alla mecenate sono dedicate alcune delle opere qui esposte, molte sono invece quelle a lei appartenute o da lei promosse nel circuito delle gallerie di Venezia, Londra e New York. La mostra celebra anche il ritorno di alcuni dei quadri da lei donati o venduti a grandi musei americani, come il Museum of Modern Art, New York, il Brooklyn Museum e il Wadsworth Atheneum Museum of Art, Hartford. 05-tancredi-ricordo-di-raoul-1953A Venezia, città amata da cui sentirà il bisogno di staccarsi per cominciare una serie di peregrinazioni in Italia e in Europa, Tancredi trovò una città ideale alla sua pittura, che da subito presenta dei caratteri originalissimi basati sugli elementi di spazio, segno e punto, interpretati secondo una carica inventiva che si rinnova continuamente. Lungo il percorso espositivo si possono apprezzare le tipologie della sua ricerca, dagli anni dell’Informale, fondati sull’uso del punto come elemento base del linguaggio artistico, fino al momento di crisi esistenziale della maturità, in cui dà spazio a un’esplosione di colore violenta che precorre gli anni della contestazione. Nella sua breve vita, stroncata a soli trentasette anni, Tancredi si afferma come uno dei maestri più originali della sua generazione, pioniere della pittura di gesto di cui dà una peculiare connotazione “italiana” e “veneziana”, conciliando l’impressione atmosferica e un costante ricordo della natura e della sua vitalità primaverile. Come scriverà in un appunto degli anni Sessanta: “Tutta l’Arte è Fantasia, tutta l’Art99387e è Natura”.Ora fino al 13 marzo 2017 la Collezione Peggy Guggenheim presenta la mostra “La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba. Tancredi. Una retrospettiva”, a cura di Luca Massimo Barbero, curatore associato del museo veneziano. Con oltre novanta opere, l’attesa retrospettiva sancisce il grande ritorno a Venezia di Tancredi Parmeggiani (Feltre 1927 – Roma 1964), tra gli interpreti più originali e intensi della scena artistica italiana della seconda meta del ‘900. Tancredi è stato l’unico artista, dopo Jackson Pollock, con il quale Peggy Guggenheim stringe un contratto, promuovendone l’opera, facendola conoscere ai grandi musei e collezionisti d’oltreoceano e organizzando alcune mostre, come quella del 1954 proprio a Palazzo Venier dei Leoni. Dopo oltre sessant’anni, dunque, l’artista ritorna protagonista indiscusso alla Collezione Peggy Guggenheim con una straordinaria selezione di lavori, che ricostruiscono in modo intimo e capillare, tra produzione creativa ed emotivita prorompente, la parabola breve, ma folgorante, di questo grande interprete dell’arte del secondo dopoguerra.

Partendo da rare prove giovanili di ritratti e autoritratti e dalle prime sperimentazioni su carta del 1950-51, le famose “Primavere”, il percorso espositivo, passa a documentare la ricerca svolta dall’artista feltrino nell’arco dei primi anni ’50, periodo che segna l’incontro cruciale con Peggy, di cui diventa protégé, e che lo porta ad avere un proprio studio a Palazzo Venier dei Leoni. Questo significativo legame e documentato dal consistente numero di lavori appartenenti alla collezione di Peggy, arricchito dalle nove opere della donazione Giorgio Bellavitis, ricevuta dal museo nel 2000. La mostra rappresenta inoltre il ritorno in Italia di u04-tancredi-senza-titolo-1953na preziosissima selezione di opere donate dalla mecenate ad alcuni celebri musei americani. Per la prima volta, dai tempi di Peggy, saranno finalmente esposti capolavori come la Primavera, proveniente dal MoMA di New York, Spazio, Acqua, Natura, Spettacolo, oggi al Brooklyn Museum, o Senza titolo (Composizione), dal Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford. E proprio grazie al rapporto privilegiato che instaura con Peggy che il lavoro di Tancredi acquisisce un respiro internazionale, tanto da farlo diventare molto noto in età giovanissima. E in questo periodo che l’artista giunge a concepire una pittura personale, micro-spaziale e po03-tancredi-senza-tit-1952-53licromatica, definita da alcuni “molecolare”. Lo stile pittorico è incentrato su una sempre più evidente frammentazione del segno e su un cromatismo lucente, elemento trascinante nelle tele. L’energia del tratto, abbinandosi alle vibrazioni luminose, crea una nuova armonia che corrisponde a uno dei periodi più felici della produzione dell’artista. Tancredi fu sempre attratto dagli accostamenti dei colori accesi, dalle invenzioni informali che, grazie a un pennello incessante e a una pittura piena di vita e intensità vibratile, occupavano tutti gli spazi della tela.

Affermerà più tardi, nel 01-tancredi-senza-tit-1950-511956: “Ho impiegato una ‘forma’ molto semplice per controllare lo spazio: il ‘puntino’. Il punto e l’elemento geometrico meno misurabile che ci sia, ma il più immediato da ideare; un punto da l’idea del vuoto da tutte le parti, di dietro, ai lati, davanti; qualunque punto realizzato formalmente e geometria, qualunque forma relativa alle dimensioni del mio quadro ha per legge il vuoto da tutte le parti”. Nel 1952, pur rimanendo indipendente, sottoscrive il manifesto del Movimento Spaziale insieme a Lucio Fontana; e presente in questi anni nelle gallerie di Cardazzo a Venezia, Milano e Roma, e i suoi lavori entrano in prestigiose collezioni internazionali. Cruciale nel 1954 la mostra che Peggy organizza a Palazzo Venier dei Leoni e che consolida la fama del giovanissimo “artista”. Ricorda la collezionista nella sua autobiografia “Una vit06-tancredi-composizione-1955a per l’arte”: “[..] poi finalmente sviluppò uno stile tutto personale: era quello che in Italia si chiama uno spazialista e le sue gouaches riempirono presto casa mia. Erano delicate ed aeree [..]”.

La mostra prosegue con la sezione dedicata alle partecipazioni di Tancredi a premi e mostre internazionali, come “Tendances Actuelles” alla Kunsthalle di Berna, con dipinti eseguiti tra il 1955 e il 1959, quali, tra gli altri, la serie di opere intitolate A proposito di Venezia, citta che lasciadefinitivamente nella primavera del 1959 per trasferirsi a Milano. Sempre in questa sezione si incontra il ciclo Natura (1954) e alcune delle opere esposte alla galleria Saiderberg di New York e alla Galleria Paul Facchetti di Parigi. E’  verso la fine degli anni cinquanta, tra il 1959 e i99388l 1960, che nelle opere di Tancredi, come le Facezie, si ripresenta la figura umana, che, rispetto alle opere giovanili, viene metamorfizzata. In seguito al soggiorno norvegese, durante il 1960, l’amore per la pittura nordica e il grottesco si arricchiscono delle note accese e drammatiche di Edvard Munch, della nuova figurazione e dell’ironia quasi rivoluzionaria che condivide con gli amici del movimento artistico Anti-Proces, sviluppatosi intorno alla Galleria del Canale di Venezia. E’ un momento di crisi e di completa revisione della propria pittura, a cui l’artista vuole dare ora un senso esistenziale e politico. Ed è cosi che la vena della polemica e della tensione di quegli anni di guerra fredda emergono nel titolo di questa retrospettiva “La mia arma contro l’atomica e un filo d’erba”, frase con cui Tancredi risponde agli innumerevoli conflitti dell’epoca, dal Vietnam alla guerra in Algeria, alla tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Di questo momento fondamentale nel suo percorso artistico, in mostra a Venezia ci saranno i tre dipinti della serie Hiroshima (1962), esposti finalmente insieme dopo anni.

Un ulteriore segmento di sperimentazione, nella parte conclusiva dell’esposizione, è quello dei collage dipinti, eseguiti tra il 1962 e il 1963, i cosiddetti Diari paesani e i Fiori dipinti da me e da altri al 101%, che a ragione possono essere definiti la vera rivelazione di questa retrospettiva e che sono da considerarsi esempi di eccezionale vigore creativo e drammatica euforia. Immersosi nel clima della nuova pittura degli anni ’60, Tancredi in aperta polemica con essa costruisce nuovi quadri “antieroici”, imbevuti di colore che diviene ora macchia ora immagine, capaci di alludere alla guerra, alla cronaca o a grandi fiori. Sono queste opere a chiudere lo straordinario percorso, geniale e sregolato, della pittura di Tancredi dedicata alla natura e all’uomo. Quadri che nella loro inquietante felicità cromatica, preludono all’ultimo anno di vita del pittore, tra le più originali e non classificabili personalità della pittura italiana ed europea del XX secolo. Tancredi muore nel 1964 a soli 37 anni, giovanissimo e pronto a entrare, come scrive Dino Buzzati, nel “mito di Tancredi”.

Carlo Franza

 

 

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