foto giusi (3)Da questa personale di Giusi Santoro, pittrice milanese di chiara fama, dal titolo “Liturgie del colore”   che si tiene nell’ex Studio di Piero Manzoni,  si rileva subito che la realtà naturale è un dato esistente per la pittrice, da cui non poter prescindere. Ma è una realtà  che serve piuttosto di appoggio per l’immaginazione immaginativa  che tende a crescere in una dimensione di libera fantasia, in un rispecchiamento di luci, colori, di sensazioni, che traggono la loro forza evocativa da un profondo stato emotivo.  foto giusiIn questo senso il lavoro di Giusi Santoro condivide l’avventura moderna, che tende a “inventare” laddove nel passato tendeva a “riconoscere”.  Le buone stagioni della pittura sono state spesso investigate e  sorvegliate da artisti innovativi e  dunque riproposte occasionalmente come nuove, pur con varianti capaci di foto Maugeri (27)stratificare rivoli sensazionali.  E’ il caso del lavoro informale di Giusi Santoro, pittrice italiana di sensibile talento, che argomenta non solo l’effusione della materia, quasi che cominci da zero, ma la fa ritrovare sulla tela come corrosa da un tempo che vi batte a tratti, per cui sembra mostrare i suoi quadri come si mostra una ferita, secondo gli stifoto Maugeri (47)lemi del pudore. C’è di più, il suo è un  esercizio mentale, d’avanguardia, che volge verso un paesaggio astratto, selvaggio e dinamico, trasfigurato da finestre di colore che affiorano qua e là, fruga la realtà sotto il profilo dell’avventura, e ogni fantasia diventa cifra capillare, stazione di meditazione e di pausa. Materia e colore vivono questa solennità astratta e il mondo informale, risorge tra spessori e frantumi, tumulti, urti, gorghi, graffiature e soprattutto ai  toni che sanguinano. Dietro ogni dipinto c’è una tessitura ideativa di forte spessore, grazie alla  costruzione e al colore, portando  questa pittura ad essere anche documento carico di spessore omogeneo. Esibisce le difficoltà sacrificali dell’io dilacerato e consunto soprattutto fisic469S0283 OKamente, ritrova l’uomo d’oggi nelle deserte oasi, descrive piuttosto che le monotone verità dell’uomo, l’iconologia  spettrale con una penombra che  invade con  abbagli. Poi in taluni dipinti, a quell’irrequietezza dell’immagine, alla simbolicità che affoga  in un mare di colore monocromo o bidimensionale, si adegua quasi liturgicamente, come calasse dal cielo una sorta di misticismo orgiastico, una superficie  capace  di valori percettivi con stimolazioni emotive e inconsce. Bagliori come giochi di teofania, vale a dire apparizioni del divino attraverso la luce. Monocromi o poco più, con il privilegio del bianco, certi dipinti recentissimi che non devono leggersi in antitesi a quelli dove vi partecipa l’immagine figurale. Semmai quell’immagine irrequieta  via via è divenuta ossificazione del simbolo, divenuta poi  naturalmente nuvola di colore. Qui la presenza di Philip Guston e Hans Hofmann è più certa, proprio nei fondi con stesure monocrome, interrotte da presenze dai margini sfumati. I dipinti  di Giusi Santoro paiono così  pareti colorate, un segnare un di là e un di quà del mondo. Le tinte, poi, fanno si che l’opera non sia una parete che divide, ma il punto generatore di uno spazio sempre nuovo. Giusi Santoro  con questi nuovi dipinti  pare quasi saturare i colori, e  in queste grandi dimensioni una generale assenza di profondità fisica è sopperita da una profondità spirituale capace di riferire capacità trasformative; il quadro non rappresenta più cose, ma è cosa in sè, non  racconta più, è già compiuto e sufficiente  a se stesso, leggendosi  materia colorata.

La finezza di queste modulazioni di colore, che si intrecciano sulla spinta di un’emozione  che vuole  trasfigurare la realtà quotidiana  ed esprimere una delicata elegia, ci conferma  che siamo dinanzi a una intelligenza sincera, a un animo sensibile che trova nel dipingere, anzi nel suo tenue colore, mai aspro, né secco, la sua felicità, anzi la sua verità.

Carlo Franza

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