Mauro-Staccioli-2La prima volta che ebbi modo di conoscere il lavoro di Staccioli è stato  nel 1974, in occasione della mostra a Milano “Presenze e tendenze nella giovane arte italiana” alla Biennale di Milano al Palazzo della Permanente; mostra divisa in dieci sezioni e Mauro Staccioli vi figurava accanto ad Adami, Dangelo, Del Pezzo, Nespolo, Plessi, Pozzati, Trubbiani, Baratella, Umberto Mariani, Isgrò, Carrino, Paradiso, Pardi, Coletta, Marchese, Aricò, Barbanti, Colombo, Bonalumi, Castellani, Pinelli, Verna, Matino, e altri ancora. Poi il suo percorso artistico, umile, colto, profondo, geometrico e razionale, minimale, monumentale pur sfuggendo all’effetto tutto effimero  del monumentalismo, innervato sulle direzioni italiane, europee e internazionali, ha trovato conferma con capitoli di  sensibile misura e di chiaro “exemplum”.Mauro-Staccioli-Roma-2011-corten-galleria-Il-Ponte-Firenze  Ora una mostra al Liceo Artistico di Brera a Milano lo celebra con questa prima mostra dopo la morte di qualche mese fa, e lo ricordo per essere stato non solo qui docente ma anche primo preside quando lo storico Liceo Artistico si portò per motivi di spazio fuori dalle storiche mura dell’Accademia di Brera.  Figura singolare dell’arte italiana, Staccioli  con il suo lavoro e le sue sculture  ha posto in relazione l’ uomo e lo spazio, ed anche i  luoghi, dove l’immagine e l’archetipo della scultura  hanno trovato un luogo di identità; tanto  che questi elementi primari sono diventati  -secondo una definizione del collega Gillo Dorfles-  “delle coordinate del paesaggio e del luogo in cui sorgono”.

images11Ecco perche tutte le sue opere e ognuna di esse sono  divenute il centro del mondo, una “mappa del mondo”; opere localizzate, contestualizzate, ricreate e messeimages66 in rapporto con l’esterno; archi rovesciati, cerchi, ellissi, dischi, sfere, triangoli, prismoidi, stele, covoni, portali, ecc. come monumenti del tempo.  Le sue sculture, le sue installazioni in materie diverse, il cemento, il ferro e, in ultimo, l’acciaio corten,  mirano a suscitare coinvolgimento e incanto, una nuova meraviglia al cospetto di primigeni spettacoli naturali, a rinverdire viaggi nella storia, luoghi, architetture, tracce, memorie. Opere nobilitate dal retaggio  di una tradizione colta e assoluta, cariche di un respiro poetico  palpabile, legato alle forme, ai contesti, ai vuoti e ai pieni, alle geometrie dell’universo,  quasi a rivelare oltre ogni dato materiale uno scrigno esiodeo di occasioni del tempo,  che fuoriesce da esse come peso di preziosa testimonianza. Sono opere, testimoniate anche dai disegni preparatori, cariche di un pathos che si rinnova  quotidianamente, giacchè il profilo di esse e lo snodo finale concorrono a creare un’immagine percorsa da un fremito sottile, laico e mistico al contempo. images34La grandezza di Mauro Staccioli sta proprio  nell’essere stato cronista di una bellezza primigenia, di un mondo che ingloba storie diverse, di una natura che ha fermato gesti antichi.

L’opera in mostra  che ha titolo “La Boldria”  in acciaio e datata 2009-2015 è da leggersi quimages22asi in rapporto  a  un’altra opera che ha nome “Primi passi”, ellittica e in acciaio corten, situata in località Piancorboli; ambedue manifestano il significato recondito  che l’artista ha attribuite ad esse.  L’apertura centrale di questa “cornice” lascia leggere come un quadro il paesaggio circostante, e se l’ellisse de i “Primi passi” incorniciava  uno dei luoghi esperenziali dell’infanzia  di Staccioli , ovvero il casolare ormai abbandonato ma che in passato fu la casa dei suoi nonni e il luogo in cui lui crebbe e mosse,  per l’appunto, i suoi primi passi, “la Boldria” posta nel tratto collinare che da Volterra porta alla frazione di Saline contiene valori significativi che si legano al contesto che l’abita. 

00940-volterra1-850x426Ma è pur vero che il grande cerchio de “La Boldria”,  proseguendo il percorso lungo le strade sinuose di Volterra, lo ritroviamo in esterno insieme ad  altre opere, poste proprio sui cigli delle trafficate vie, ovvero  si tratta dell’Anello in località Poggio di San Martino, de La Boldria e del Tondo pieno, questi ultimi due collocati a poca distanza l’uno dall’altro. Tutti e tre segni e sculture  staccioliane per eccellenza,  che  invitano  i passanti non solo a vedere  ma a “guardare, ovvero a contemplare lo scenario racchiuso entro queste cornici. Staccioli  è un contemplativo,  medita leopardianamente sui ricordi e sull’emotività, creando come un tracciato profondo tra  sé e ogni opera volterrana. imagesBasti pensare che lo stesso  “Portale” collocato sul viale di ingresso alla fattoria di Lischeto, come la grande ellisse, vive e si  rappresenta come una soglia del ricordo andando a idealmente certificare la via che i contadini percorrevano ogni Schermata_2018_01_12_alle_13.09.48giorno dal podere di Persignano (dove si trova il rudere del casolare inquadrato dalla grande ellisse) fino alla fattoria, in cui venivano depositati tutti i raccolti. Scene di lavoro e di campagna, scene di lavoro contadino, scene  di vita vissute  da Staccioli bambino, e che poi  egli  stesso ha voluto rendere tangibili attraverso questi “luoghi d’esperienza” con installazioni e sculture dove la materia e la forma vivono il contesto, vivono  la filosofia dei luoghi rammemorati.

Biografia-dell-autore-MauVive in mostra un’altra opera di Staccioli  che ha nome “Senza titolo”, ferro cementato del 2006, si fa leggere come  un  grande arco rovesciato simile a “”una grande virgola sita  nel podere omonimo, le cui  forme spigolose sottolineano il paesaggio volterrano innescando relazioni profonde tra  forma e natura; alla curva dell’arco segue la dolcezza delle colline, le punte della scultura-arco volte al  cielo  sposano la terrestrità delle zolle. La superficie ricurva di “Senza titolo” del 2006  crea incredibili giochi di riflessi e ombre, col mutare della luce e delle ore del giorno, dove le geometrie curve e le prospettive asimmetriche, con anche le superfici apparentemente non finite, aprono in maniera spettacolare la principale visuale della città  come già in “San Giacomo  in Fognano”. Così “Lungarno” in acciao corten del 2007, ove lo sviluppo filosofico dei ricordi e del contesto, vive un   processo astratto e intellettualizzato, che si importa verso un sistema visualmente  strutturale e ottico che risente di una certa scuola americana.

Il lavoro di Mauro Staccioli  presenta  certamente riverberi  della Minimal Art americana  con Carl  Andre, Dan Flavin , Donald Judd, Sol Le Witt, Robert Morris, che hanno lavorato con sculture articolate per lo più in installazioni ambientali; l’artista  italiano infatti ha  saputo interpretare in modo estremamente personale la questione del site-specific, aprendo nuovi orizzonti di senso che possono aiutarci ad abitare autenticamente i luoghi del mondo. Il binomio scultura/ambiente è stato sempre fondamentale per Mauro Staccioli (Volterra, 1937- 2018), sin dagli esordi del suo operare. “Creare scultura”,  è significato per lui “ esistere in un luogo”, idea resa perfettamente già dalle monumentali opere realizzate nel corso degli anni settanta, nelle quali prende corpo il suo linguaggio potente ed essenziale, fatto di geometrie elementari e di materiali estranei alla tradizione aulica quali ferro, cemento o pietra serena, e poi l’acciao corten.
A Mauro Staccioli, che ha assunto un ruolo di primo piano nel panorama della scultura internazionale con quella che è stata chiamata “poetica dei contesti”, il merito di aver evocato  un dialogo  sensibile che dispiegava le superfici e definiva  gli spazi, recuperando la storia attraverso nodi simbolici e sacri, di coscienza e di ordine, di inedita invenzione.

 Carlo Franza 

 

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