1-2-1068x1036 (2)“Very Special Gladnesses” è la prima personale di Endre Tot, artista ungherese vicino al movimento Fluxus, alla Loom Gallery (Via Marsala 7) e prende il titolo da una serie di opere pubblicate a doppia pagina nel Luglio 1976 sul numero 66-67 di Flash Art. Quei lavori sono oggi esposti in galleria e visitabili fino al 3 novembre 2019. L’artista Endre Tot  si misura da circa cinquant’anni sui concetti di Zero e Joy. Zero come zero vale come  nulla, Joy sta come emblema e segnale dell’esistente. Che è come dire muoversi  tra l’essere e il nulla. Zero e Joy appaiono per la prima volta nel lavoro di Endre Tot nel 1971 quando, avendo abbandonato la pittura all’inizio del decennio, realizza un foglio di cartone in formato cartolina con la frase: “I am glad that I could have this sentence printed.” Questo banale svolgimento  è divenuto  il prototipo di tuEndre-Tót_TÓTalJOYS-street-actions-Geneva-1976-silver-gelatine-print-50-x-62-cm-3tti i successivi Joy- pieces, che presentano come componente fondamentale, vale a dire una dichiarazione che inizia con le parole “I am glad if/when…” sull’opera stessa o nel titolo. Potremmo aggiungere che questa piccola stampa, esprimente la vitalità e la gioia  dell’artista nel creare le sue opere,  si segnale  come gesto artistico e  ironico nello stesso tempo che certo mirava a criticare la dittatura socialista degli anni ’70. Decenni dopo l’artista scrive: “Le mie Joys erano i riflessi dello stato totalitario degli anni Settanta. Ho risposto con l’assurda euforia di Joys alla censura, all’isolamento, alla soppressione percepita in ogni campo della vita, sebbene questa soppressione abbia funzionato con i mezzi più sottili, difficilmente visibili. NonET_3-768x511dimeno non ero un cosiddetto artista politicamente impegnato. Ho risposto più indirettamente all’età in cui dovevo vivere. Con umorismo, facilità e una certa filosofia. Ho costantemente evitato i colori scuri e il dramma nei lavori. Se trascurassi l’effetto soffocante dell’ideologia dell’epoca, direi che queste erano le gioie dell’isolamento, il piacere della solitudine. Qualcosa che si può sperimentare nella soppressione, ma anche nella più grande libertà.” Negli anni ’70 l’idea di Joy si sviluppa e si amplia anche con  l’impiego di vari mezzi contaminati dai media, ed ecco  dattiloscritti su carta, azioni pubbliche, francobolli per artisti, opere di mail art, libri d’artista, fotografie e film. Persino il ritratto del suo volto sorridente  diviene velocemente  il simbolo delle sue Joys, che, grazie alla sua semplice corrispondenza e alla sua apparizione in numerose  mostre internazionali, entro la fine del decennio, raggiungono la fama in tutto il mondo andando ad identificare il suo lavoro, così come l’aggettivo “Total”, formato scherzosamente da una sorta di anagramma del  suo nome. Durante la prima metà degli anni ’70 dall’idea di Joy prende inizioanche  l’actionism di Endre Tot, pertantio alle sue prime opere concettuali, esclusivamente testuali, seguono pezzi che incorporano anche frammenti di informazioni visive ed inizia a creare la sua serie intitolata Very Special Gladnesses, in cui le sue fotografie vengono accompagnate da un testo. Una vera e propria trasmigrazione dalla poesia visiva. ET_4-768x512@2xA determinare il riconoscimento internazionale del lavoro di Endre Tot è la presentazione delle sue opere alla Biennale di Parigi del 1971 a cui seguiranno numerosi inviti per apparizioni all’estero.  E poi anche utilizzando le offerte in esposizioni singolari, eseguirà  contemporaneamente in varie  occasioni, azioni in pubblico in Europa occidentale, ma anche nel blocco orientale comunista come in Jugoslavia e in Polonia. My Unpainted Canvases (1971), primo libro di artista di Endre Tot, può essere considerato il manifesto del suo allontanamento dalla pittura. Le illustrazioni sono dei rettangoli bianchi di variabili proporzioni, mentre il testo consiste in dati che ne indicano le dimensioni. Questo libro d’artista segna la prima apparizione dell’assenza nell’arte di Endre Tot. Proprio come i rettangoli vuoti prendono il posto delle riproduzioni pittoriche, nelle prime opere di Zero, i caratteri del testo in primo piano vengono sostituiti da zeri.371535c9-ef98-4098-927b-3c515a2ba463_338 I pezzi di carta, dattiloscritti o stampati, destinati alla consegna postale e quindi effettivamente pubblicati, appartengono al genere della mail art, campo in cui Endre Tot risulta come figura pionieristica. Grazie all’unicità di questi suoi lavori e alle sue straordinarie attività si muove nei circuiti degli artisti più importanti associati a fluxus e all’arte concettuale. Il segno “Zero”, come incarnazione del concetto matematico del nulla, che, coprendo le parole e le frasi, allude alla mancanza, insufficienza e impossibilità di comunicazione, subisce un graduale processo di emancipazione divenendo motivo centrale del suo lavoro come simbolo del nulla. Per Endre Tot, la creazione delle sue opere è principalmente un’attività intellettuale, la stessa che lui si aspetta da chi le guarderà.

Ecco poi quanto scrive Giancarlo Politi (luglio 2019)  in occasione di questa mostra a Milano: “  BUDA-PEST, ENDRE TOT E L’ARTE CLANDESTINA. Il mio primo viaggio a Budapest per conoscere gli artisti del dissenso, avvenne nel 1975 e in quell’occasione incontrai Gabor Attalai, che era il più conosciuto e anche il più visibile data la sua statura e i capelli lunghi ma anche il mite Endre Tot che mi sommerse con le sue cartoline piene di timbri con molti zeri (000 000000) e di NOTHING, o di We are glad if we are happy (Noi siamo contenti se siamo felici) forse a significare il silenzio a cui era ridotta la cultura e l’assoluto divieto di movimento e spesso anche di parola (con gli estranei) in quel momento in Ungheria. Endre Tot, apparentemente il più mite degli artisti del dissenso, era invece il più esplosivo e determinato. La sua carica interiore si avvertiva anche dal sorriso ironico e sarcastico. Ricordo infatti che lui era uno degli artisti più controllati dai servizi segreti e anche il nostro incontro si realizzò a casa sua ma dopo vari depistamenti. Prima prendemmo la metropolitana, poi un tram, quindi un lungo tratto a piedi e poi di nuovo un altro tram per arrivare vicino alla sua abitazione. Per me era un divertimento ma ricordo che lui sudava freddo. Anche se poi capii che lui giocava con la polizia segreta come a guardie e ladri. Ma a lui era severamente vietato incontrare stranieri, soprattutto giornalisti. La nostra conversazione fu molto approssimativa perché lui parlava bene il tedesco ma conosceva pochissime parole di inglese. Capii però che Budapest e l’Ungheria gli stavano stretti (invece a me sembrò un bellissimo paese e una città magica, anzi, due città, Buda e Pest, divise dal Danubio). E dove un occidentale poteva mangiare un goulasch a un prezzo da non credere. A Buda-Pest Endre Tot mi fece scoprire le più belle terme del mondo (almeno per me) dove poi io trascorsi molte ore incurante dell’igiene molto scarsa di quei tempi e in quel luogo promiscuo. Ma sopravvissi felicemente. I miei anticorpi erano più forti dei virus termali. Endre si teneva in contatto con il mondo attraverso la Mail Art, a quei tempi anticipatrice di Wikipedia: infatti tutti gli artisti della Mail Art di tutto il mondo (dal Canada dove viveva il padre della Mail Art, Ray Johnson, all’Europa, ai paesi nella cortina di Ferro, sino alla Russia) si conoscevano. Fu Ben Vautier, esponente di Fluxus che mi parlò di Tot, dicendomi che era molto interessante ed aveva partecipato ad alcune manifestazioni Fluxus. Il quale Fluxus era ben radicato nei paesi della cortina di ferro, perché le autorità non potevano impedire ad una allegra brigata di cantare, ubriacarsi, recitare nelle strade, mascherarsi o tingersi il viso. Perché Fluxus a quei tempi era questo. E di tutto ciò poi è restata solo qualche sbiadita immagine fotografica. Ecco, c’è da dire che i movimenti della Mail Art e di Fluxus furono i grandi ambasciatori della dissidenza verso l’Occidente. Anche a Praga, con cui Endre Tot era in contatto, i tre più famosi artisti concettuali, Karel Miler, Jan Mlcoch e Petr Stembera, in realtà operavano come artisti clandestini, sfidando spesso la polizia e in qualche caso irridendola. Fuori Praga, quando interveniva la polizia (che li teneva d’occhio), restava con le pive nel sacco, perché trovava solo tre burloni che effettuavano un picnic nel bosco con tanta birra e poco companatico. Credo che lo stesso avvenisse a Budapest, dove Endre Tot sapeva destreggiarsi con estrema intelligenza. Trascorsi con loro un paio di giorni molto divertenti, poi tornai a Milano, con la promessa di restare in contatto epistolare. Ma Endre Tot scomparve subito dal mio radar. Gli scrivevo ma non ottenevo risposta. E questo per un po’ di tempo, sino a quando Attalai mi informò che Endre era riuscito, con una borsa di studio della famosa istituzione berlinese DAAD a recarsi a Berlino, dopo che le autorità gli avevano negato il visto numerose volte. Infine, l’autorevolezza dell’istituzione e una stampa tedesca a suo favore, gli permisero di lasciare Budapest. Endre Tot, una volta a Berlino, decise di dire addio al suo paese. A Berlino si trattenne un anno, tanto era la durata della famosa e opulenta borsa di studio che offriva un’abitazione, un luogo per lavorare e un salario per vivere alla grande. Poi, ma io ne avevo perso le tracce, da amici comuni seppi che Endre Tot viveva a Colonia, dove si era integrato e con qualche borsa di studio e qualche vendita o forse l’insegnamento, se la cavava piuttosto bene. Questa è la storia del mio incontro con Endre Tot nel 1975. E ora, dopo 44 anni me lo ritrovo a Milano. Chissà se avrò la forza di incontrarlo. Rivedere le persone dopo quasi 50 anni mi fa paura. Perché nessuno dei due è come quando ci siamo conosciuti. È accaduto anche con Milan Knizak, incontrato a Praga nel 1976 e che io e Helena frequentammo a lungo. All’epoca era un artista battagliero, impegnato contro il regime e che fu messo anche in prigione. Quando l’ho incontrato nuovamente dopo 30 anni, era diventato un burocrate di stato, nemico acerrimo dei giovani artisti che ha boicottato in tutti i modi. Ma anche questo fa parte della vita”.

Endre Tot, nato a Sümeg, in Ungheria, nel 1937, è un artista ungherese che vive e lavora a Colonia, in Germania. Tot ha partecipato al movimento Fluxus ed è ben noto per i suoi progetti artistici di posta, l’uso di copie xerox e l’uso di timbri con chiare dichiarazioni di testo concettuali.

Carlo Franza

 

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