04_Senato-Repubblica_01-1024x660-800x420Non tutti sanno chi è Arturo Ferrarin. Ma noi iniziamo col dire che è fra gli italiani che hanno fatto grande l’Italia. Ne  conoscono bene  la figura gli appassionati di aeronautica e gli  studenti la cui scuola è intitolata a lui.  Il grande pubblico  sa poco o nulla di questo grande aviatore. Eppure Arturo Ferrarin è ssala-Zuccari-Palazzo-Giustinianitato un mito dell’aeronautica italiana durante gli anni del fascismo. Domani 9 dicembre 2019 alle ore 17,30 a Palazzo Giustiniani-Sala Zuccari a Roma, su iniziativa del Presidente Senatore Pier Ferdinando Casini (Presidente del Gruppo Italiano  dell’Unione Interparlamentare) in collaborazione con la Fondazione Italia-Giappone e del suo Presidente Ambasciatore Umberto Vattani, si celebra la ricorrenza del Centenario  Raid Roma-Tokio(1920-2020). Intervengono il Senatore Pier Ferdinando Casini; il Deputato Eugenio Zoffili presidente della sezione bilaterale di amicizia Italia-Giappone; l’illustre Ambasciatore Umberto Vattani presidente Fondazione Italia-Giappone; Valentina Ferrarin; Satoshi4c_Locandina FERRARIN_Lunedi 9 dicembre '19 Dobara Vice presidente del Roma-Tokio Hangar Museum; Domenico Braccialarghe Direttore Fondazione Ansaldo.       Ed allora ecco qualche notizia su Arturo Ferrarin. Nato a Thiene (Vicenza)  nel 1895, partecipò alla prima guerra mondiale diventando pilota. Nel 1920 il suo primo grande successo mondiale, il raid Roma-Tokio. La trasvolata fu fatta a bordo di uno S.V.A.9 (la sigla sta per Savoja, Verduzio e  Ansaldo, i nomi dei progettisti e dell’Azienda costruttrice).  In quegli anFerrarin-300x273ni  non esisteva ancora la  Regia Aeronautica, che  al momento si chiamava Comando Supremo d’ Aeronautica. Erano i primi aerei, fatti di legno e tela, e dunque cvolare era un’avventura.  Alla famiglia degli SVA apparteneva anche l’aereo con il quale D’Annunzio fece il famoso volo su Vienna il 9 agosto 1918. Lo stesso D’Annunzio era stato l’ideatore di questo raid che si spingeva verso l’Oriente, perché nel 1919 mentre Ferrarin si trovava a Parigi fu raggiunto dalla notizia  che il vate Gabriele D’Annunzio , insieme al poeta giapponese Shimoi, aveva intenzione di effettuare un volo a tappe da compiersi  con più veivoli da Roma a Tokio, il cosiddetto “Raid Roma-Tokio”. D’Annunzio sarebbe stato  a capo di una formazione di cinque cacciabombardieri ricognitori SVA-9 e da quattro bombardieri Caproni pilotati  da valorosi aviatori della Grande Guerra tra cui i tenenti  Ancillotto e Locatelli. Inizialmente  escluso dall’impresa, Ferrarin  chiese e ottenne dalla Direzione  Aeronautica di parteciparvi insieme al suo inseprabile amico, il tenente Guido Masiero  ed ai motoristi  Cappannini e Maretto. L’itinerario del Raid fu suddiviso in 25 tappe e a questa grande trasvolata  parteciparono diversi piloti. Partecipò con due velivoli con funzioni di staffette, in modo da precedere la formazione  per dare informazioni sul percorso, controllare le località di atterraggio, predisporre i rifornimenti e mantenere i contatti con le autorità locali in caso di necessità. I due aviatori decollarono il 14 febbraio 1920 dall’aeroporto di Roma Centocelle alla volta del Giappone con diversi problemi tecnici e organizzativi. Intanto, durante i primi giorni del raid, tutti i nove velivoli partecipanti furono costretti al ritiro, alcuni a causa di incidenti, altri per problemi meccanici. Così, ironia della sorte, gli unici a proseguire il volo, a bordo di velivoli in legno e tela privi di cabina chiusa, furono Ferrarin e Masiero i quali riuscirono incredibilmente a compiere l’impresa raggiungendo Tokio il 31 maggio 1920, dopo aver percorso oltre 18.000 km, in 109 ore di volo, ‘toccando’ territori selvaggi e inospitali, che per la prima volta videro il passaggio di un aeroplano. 1203FerrarinTokyo-302x227-300x225Durante la spedizione, Ferrarin fece tappa in Cina dall’India. Facendo scalo a Canton (21 aprile) con la città allagata per la pioggia, a Fuzhou (28 aprile) dove fu ospite della famiglia Theodoli, il 2 maggio arrivò a Shanghai, atterrando all’ippodromo. Restò nella città per una settimana densa di festeggiamenti e ripartì quindi per Pechino dove ricevette l’onorificenza dell’ordine della Tigre. I giapponesi rimasero  letteralmente stupiti da tale impresa e, benché fosse  una giornata piovosa, accorsero  in circa 200.000 al campo di atterraggio. Il Governo decretò una serie di festeggiamenti ed ottenne  l’aereo di Ferrarin per esporlo in permanenza al museo imperiale delle arti di Tokio.

Il pilota e il suo motorista  vennero  ricevuti dall’Imperatrice in persona. Il Ministro della guerra consegnò  ai due trasvolatori  una grande spada da samurai. Al Ferrarin vennero  consegnati dei disegni realizzati da alcuni bambini  giapponesi perché fossero  donati alla Regina Elena di Savoia. La suggestione di tale impresa colpì anche i cinesi, che decisero  di collocare l’immagine di Ferrarin all’interno di un tempio di Canton, vicino al busto di Marco Polo. Terminata l’impresa, Ferrarin trovò un’occupazione civile presso l’Ansaldo. Il raid si era svolto dal 14 febbraio  al 31 maggio 1920. Ma il nome di Ferrarin è  rimasto legato, oltre ad altri successi in competizioni aeronautiche, come il primato di volo in circuito chiuso, insieme a Carlo Del Prete, soprattutto alla famosa trasvolata verso il Brasile che lo avrebbe portato, sempre insieme al capitano  Del Prete, a stabilire il record mondiale di distanza in linea retta senza scalo. I due piloti, infatti, decollarono il 3 luglio 1928 da Guidonia-Montecelio, percorsero in 49 h e 19 m 7.188 km, atterrando il 5 luglio a Porto Natal. L’atterraggio fu d’emergenza, perché invece di atterrare su Bahia i due piloti scesero sulla spiaggia di Port Natal. Nel serbatoio erano rimasti pochi litri di carburante.   Il successo fu enorme. Ritornato in patria a Ferrarin venne concessa la medaglia d’oro al valore aeronautico. Il mito di Ferrarin era ormai realtà. E questo faceva ombra al potente sottosegretario dell’Aeronautica Italo Balbo che, nel 1930, diventato ormai Maresciallo dell’Aria,  riuscì a farlo porre in congedo. Però, dopo quella burrasca, nel giugno del 1931 Balbo partecipò al matrimonio di Ferrarin con Adelaide Castiglioni, segnando la riappacificazione. Ferrarin continuò così la sua carriera di pilota e fu lo stesso Mussolini a chiedere di essere portato in volo da Ferrarin per inaugurare il Monumento ai Caduti della Prima Guerra mondiale a Redipuglia. La carriera militare di Ferrarin proseguì ottenendo nel 1935 la promozione a tenente colonnello ma, lo stesso 1935 fu un anno funestato da un grave incidente. Il 14 luglio del 1935, pilotando l’aereo di Giovanni Agnelli, un Savoia Marchetti S 80, Ferrarin andò a sbattere contro un tronco galleggiante nella fase di ammaraggio all’idroscalo di Genova causando la morte del suo passeggero, Edoardo Agnelli, di soli 43 anni, figlio del senatore Giovanni Agnelli,  erede della dinastia. Ferrarin rimase indenne ma la sua storia di pilota collaudatore ebbe una grave battuta d’arresto. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale Ferrarin riprese i suoi voli come collaudatore ma, il 18 luglio 1941, cadde con il SIAI 107° a Guidonia e vi trovò la morte, aveva solo 46 anni. Arturo Ferrarin è stato un grande pilota, un asso dell’aviazione italiana, che ha fatto grande la nostra aeronautica.

Carlo Franza

 

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