Schermata 2020-01-12 a 23.29.27Schermata 2020-01-12 a 23.29.54Il MVSA di Sondrio vive in questi primi giorni del 2020 un evento culturale di piano internazionale, e proprio in quanto città di frontiera bene accoglie una mostra dal titolo “Sguardi plurimi” che movimenta  il lavoro di ben sei artisti internazionali, capaci di farsi bandiere e indicatori della movimentazione artistica nel terzo millennio.  E se taluni  vogliono farsi un’idea di come l’arte oggi si vada configurando deve fare visita a questa mostra in cui teleri  e sculture raccontano la vita, il mondo e le poetiche mosse a sostegno del nostro tempo.

Schermata 2020-01-12 a 23.30.01Tre artisti, Ioan Sbârciu, Markus Lüpertz e Guido Pertusi, tutti docenti in prestiSchermata 2020-01-12 a 23.30.09giose Università di Arte e Design europee si propongono affiancati a tre artisti di più giovane età, Olimpia Bera, Ramona Raus e Anna Mottarella, cercando un componinento dialogico non solo generazionale ma come processo generativo di nuovi linguaggi artisticiLa mostra pure nata da un’idea della Professoressa Tiziana Valzelli (Accademia di Brera- Milano )  e da me curata e presentata ufficialmente nel salone di Palazzo Sertoli a Sondrio lascia vivere l’arte in un itinerario multiculturale, in quanto la ricchezza del rapporto tra Nazioni quali l’Italia, la Romania e la Germania, si sviscera attraverso il confronto delle esperienze nel campo artistico e in quello delle loro scuole. Tutto ha origine dall’esperienza nella “scuola di Cluj”(Romania), per sua vocazione aperta e interdisciplinare, dove sotto la guida di Schermata 2020-01-12 a 23.30.17Ioan Sbârciu si sono incontrati vari artisti e si è elaborata la volontà di un dibattito generazionale sul tema dell’arte. Un confronto che nell’insegnamento come evoluzione dell’esistenza umanaSchermata 2020-01-12 a 23.30.49 ne vede la ragione e gli scopi in una libertà di pensiero e di vita, dove i luoghi dell’arte nelle singole opere, infrangono i confini di qualsiasi geografia. Ed entriamo nel merito di questo mostra vitale e singolare, dal titolo “Sguardi sublimi”, visitabile fino al 31 gennaio 2020  e capace finalmente di farsi traino di  un’Europa in movimento che proprio dall’arte può trarre linfa e speranza.  Lo stesso  titolo lo raccolgo in questa frase di G. A. Becquer: “L’anima può parlare con gli occhi e baciare con lo sguardo”. Ecco quanto ho scritto nel catalogo della mostra:  “L’arte viene dalle profondità misteriose del mondo e del tempo, portando con sé quanto laggiù è sospeso  e indefinito. E lo fa negandosi a una modernità che tutto dissimula. Nel suo realizzarsi, l’arte richiede lo sconvolgimento del finito. Reclama di portarsi verso ciò che non è ancora formato, ovvero verso quello spazio aperto che preme dalle profondità dell’altrove. Ogni discesa nell’interiorità -dice Novalis- è anche “ascesa, viaggio al cielo-sguardo volto al davvero esteriore”.Schermata 2020-01-12 a 23.31.54 Ora, ordinare e mettere a punto una mostra sul Schermata 2019-10-22 a 15.05.31contemporaneo, presuppone sapere che fin dagli anni Cinquanta del secondo dopoguerra, alla categoria del bello è stata sostituita quella di interessante. Ogni percorso artistico e ogni singola opera derivano essenzialmente da uno scenario che l’artista proietta sulla cultura, considerata a sua volta come cornice narrativa che produce nuovi possibili scenari in un movimento senza fine. Stante ciò, l’opera contemporanea non è più il punto finale del “processo creativo” ma un sito di partenza, di navigazione, penserei addirittura a un portale, a una sorta di generatore di attività. Riscrivere la modernità è il compito storico di questo inizio del XXI secolo, non ripartire da zero, né ritrovarsi spaesati dinanzi all’archivio della storia, ma inventare e selezionare. La fondazione di un discorso ipermodernista e transmodernista parte proprio dagli scritti teorici di Clement Greemberg secondo il quale la storia dell’arte è una narrativa lineare, teologica, una logica all’interno della quale ogni opera del passato si definisce grazie alle relazioni con quelle che la precedono. Per Greember la storia dell’arte moderna e contemporanea è una progressiva purificazione della pittura e della scultura, questa storia deve avere più di un senso e questi sensi devono essere organizzati in una narrativa lineare. IMG_20191101_180124La modernità si è aperta con una serie di teorie destabilizzanti che hanno contribuito a corrodere nel tempo le nostre convinzioni e le nostre certezze. Tutto ciò ha avuto delle conseguenze anche nella storia dell’arte che è diventata sempre meno certa dei suoi momenti fondamentali. Ed è proprio alla luce di questi evocanti presupposti di base che nasce questa mostra riflessa attorno a traiettorie misteriose, a “sguardi plurimi”-come titola l’esposizione-, entro i limiti spazio-temporali di un’arte europea, in un clima di scambi e di confronti tra generazioni, tra tre aree (Italia – Romania – Germania) cui appartengono  i tre artisti tutti docenti in prestigiose Università di Arte  e Design Europee, e cioè Ioan Sbârciu (Università Arte e Design di Cluj-Napoca), Markus Lüpertz (Accademia di Belle Arti di Düsseldorf), Guido Pertusi (Accademia di Belle Arti di Brera); a questi tre illustri maestri di chiara fama si affiancano tre artiste assistenti, nello stesso ordine dei tre elencati, quindi Olimpia Bera, Ramona Raus, Anna Mottarella. Il recente lavoro di Markus Lüpertz procede ancora, come aveva già fatto in precedenza negli anni ‘80 divenendo uno dei più formidabili dei pittori neoespressionisti tedeschi, mettendo in cortocircuito due punti focali, ovvero l’inquadramento rigido della cultura museale – gli echi picassiani e classici- combinato a quella vaga cortina che circonda la cultura popolare.

E certamente i motivi tedeschi della sua arte, e via via tutto lo snodo espressionista e transavanguardista, esplorano i limiti del non-artistico in una direzione talvolta insensata in quanto fronteggia la cultura nel profondo, il suo idealismo formale, ma anche ogni volontà individualistica di salvezza. Basti osservare lo scontornamento delle sue immagini e dei dipinti, che ci pare proprio una delle strategie più importanti della cultura contemporanea, l’inclusione dell’iconografia popolare nel sistema della grande arte, lo spaesamento di opere classiche e canoniche verso contesti banali. E in questo elogio della suo fare si concentra il dramma della coscienza in balia delle proprie ombre, affascinata e insieme terrificata dall’oscura presenza della vita, dalle inquietudine del corpo e dai turbamenti dell’eros. Ioan Sbârciu vive oggi una pittura che attraversa in pieno la cultura europea, in quanto i dipinti di grandi dimensioni lasciano leggere più orizzonti, macchie di colore il cui pigmento assume andamenti nebulosi o luminosità vibranti. Il colore di Sbârciu allineato a quanto fece brillantemente Rothko, accenna alla ricerca di quantità della luce, di una luce che infine è materia, sia pure la più rarefatta. Spazi, paesaggi che suggeriscono elementi primordiali, dall’acqua all’aria, alla luce e al buio. Sbârciu sembra farci sentire e vivere la contemplazione di silenziose profondità, e in questa alchimia sottilissima che l’artista ci offre, quasi a rimanere sospesi nella sua atmosfera d’altri mondi, ci fa avvertire la profondità di un messaggio quasi biblico. Il lavoro di Guido Pertusi lascia leggere opere che non sono solo pura forma e immagine, ma per via dell’impressione di spazialità aprospettica indotta dai segni-colore, esse assumono anche una consistenza oggettuale, di realtà plastica aggettante. E se protagonista è il segno-colore, spesso anche monocromo, che si connota come presenza, manifestazione, risultato di un’energia interiore, questo segno è l’elemento alfabetico essenziale del suo lessico visivo. Di forte impatto anche le forme plastiche dove Pertusi sperimenta l’assenza del limite, in quanto amplia i confini della percezione che si estendono ad infinitum. In mostra, dicevamo, si affiancano ai tre maestri, tre giovani assistenti, tre artiste che appartengono a giovani generazioni, e che hanno e stanno interpretando lo spirito dei miti del nostro tempo. Olimpia Bera lascia leggere nei suoi dipinti i temi del mito, dell’inconscio e della natura; lo fa catturando e manifestando i simboli eterni che motivano ed esprimono le idee psicologiche fondamentali, ma anche le passioni primordiali nutrite di un gusto romantico e altalenante in una dialettica che poggia nel buio e nella luce. Ecco che i suoi dipinti astratto-informali si avvolgono in un linguaggio plastico ispirato da una volontà ritualistica orientata verso una saggezza metafisica. Ramona Raus fa leggere l’attualità del suo dipingere nella cornice dell’espressionismo astratto con tutta la sua tradizione di colore, spazio e immagine. E con il suo modernissimo linguaggio, svela la sua potenza creativa e l’eccezionale consapevolezza matura della forma che gli permette il gesto assolutamente nuovo e altalenante tra sciabolate di colore che deborda fra altezze e larghezze. Apre così la sua pittura a mondi scompaginati  che danno luogo ad una spontaneità di fioriture, di spaccature, di cancellazioni, di gocciolamenti, di aggregazioni; in sostanza i dipinti comunicano direttamente le scosse emotive dell’artista. Il linguaggio informale di Anna Mottarella svela ampiamente il senso delle sue ricerche volte a reinventare l’articolazione primaria dello spazio e delle forme, sia come stimolo di sorpresa percettiva, sia come scoperte di sintesi formali del nostro tempo. Anche qui, la natura svolge un supporto stringente, da cui muove un’energia in letargo, l’esaltazione della grandezza dei vuoti e dei pieni, di lacerti e macchie di colore, intense, chiare e potenti; nei dipinti la spazialità diventa materiale in tensione, struttura che si disloca nello spazio, dove la totalità assoluta è ridotta a una parte, a un frammento del mondo, al torso di un simbolo. La Mottarella esempla l’eternità del tramonto, non come dato naturalistico ma certamente concettuale, descrivendo una sorta di lacerazione del mondo, un profondo che vive oltre ogni superficie. E per finire aggiungo che il mio vedere è un raccogliere. Il mio sguardo sulle cose, sugli esseri, sulle opere di questi artisti riuniti in mostra, -lo svelamento dei loro sguardi plurimi- mi porta a dire che le loro immagini sono configurazioni e ciò che fu originariamente avvistato è ormai trascorso, rammemorato nell’artista, sublimato nell’immagine. Ora un cerchio è tracciato, perché attraversando le immagini, le opere, oltre queste vi è una meta, la bellezza della contemplazione.

 Carlo Franza

 

 

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