cover__id4807_w302_t1549966823__1xLa Casa Editrice Quodlibet pubblica “I Turcs tal Friùl”(I Turchi in Friuli, prefazione di Giorgio Agamben, pp.1turcs80, 2019) di Pierpaolo Pasolini, il dramma dello scrittore italiano, che è anche  tragedia e sacra rappresentazione, scritto in friulano. L’opera significativa  è stata scritta nel 1944, nel pieno della seconda Guerra Mondiale, quando il  Friuli era percorso dalle truppe naziste e devastato dai bombardamenti anglo-americani; fu allora che il giovane Pier Paolo Pasolini scriveva  in friulano un dramma, a metà fra tragedia e sacra rappresentazione, che in un certo senso contiene, in una drastica e quasi profetica abbreviazione, tutti i temi della sua opera futura. E’  questa un’opera cardine di Pierpaolo Pasolini, in quanto rievoca  come soggetto l’invasione dei Turchi in Friuli del 1499, testimoniata da una lapide votiva che il giovane poeta poteva leggere nella chiesa di Santa Croce a  Casarsa; la lapide non appartiene a questo luogo sacro della comunità casarsese, ma è stata trasferita qui nell’anno 1880 e proviene dalla piccola chiesa della Beata Vergine delle Grazie, che venne portata a compimento con pitture e decorazioni nel 1529, quando la comunità di Casarsa, in segno di ringraziamento per essere stata risparmiata dalle invasioni turche, adempie a quanto la lapide esprime. “1499 ADI30 7BRE NEL SOPRAD. MILESIMO FURONO LI TURCHI IN FRIULI ET PASORONO PER DESOPRA LA VILA ET NOI MATIA DE MONTICO ET ZUANE COLUSO FESIMO AVODO DE FAR QUESTA SANTA CHIESA SE LORO NON NE DAVANO DANO ET PER LA GRATIA DELA NOSTRA DONNA FUSSIMO ESAUDITI ET NOI CON LO COMUN FESSIMO LA PRES ENTE CHIESA NOI CAMERATI BASTI AN DE JACUZ ET ZUAN DE STEFANO GAMBILIN FESSIMO DIPINZER DEL 1529 ADI 7 SETEMBRE”. Ed è a questa lapide votiva che si  ispira il dramma teatrale I Turcs tal Friûl, un atto unico in friulano scritto da Pasolini durante il corso drammatico della guerra. Questo cammeo drammaturgico è riemerso postumo nel 1976, ma fu composto a Casarsa, nei primi incunaboli forse già dal maggio 1944. Il testo, col suo andamento da “mistero”, tra tragedia greca e sacra rappresentazione, si situa al crocevia di tante e diverse sollecitazioni: la mitologia favolosa dei racconti di casa Colussi, elargiti da Susanna Colussi, madre di Pier Paolo; il fatto storicamente documentato della reale ondata aggressiva dei Turchi che lambirono il Friuli nel 1499, sfiorando e risparmiando il paese di Casarsa; la ferocia contemporanea della seconda guerra mondiale, che in quel 1944 trasformò Casarsa in luogo di pericolo e di allarme, con invasioni naziste, azioni partigiane, bombardamenti anglo-americani che miravano al ponte e alla ferrovia sul Tagliamento.

lapide-commemorativa-turchiE’ chiaro che  sotto l’apparenza di un’evocazione storica, è tutto il mondo di Pasolini che  “I Turchi in Friuli” mette in scena in un inestricabile ordito di elementi personali (i protagonisti portano lo stesso nome della madre Susanna Colussi) e motivi ideali, l’appassionata fede religiosa e la rivolta contro la Chiesa, l’amore per la vita e la fascinazione per la morte (l’uccisione di Meni Colùs alla fine del dramma sembra annunciare quella del fratello Guido solo un anno dopo), turcs1l’impegno nell’azione e la fuga nella preghiera. E non è certo un caso se tutti questi motivi, almeno in apparenza contraddittori, si compongono in una parola che è la stessa che il poeta molti anni dopo avrebbe proposto come titolo per la raccolta delle sue poesie complete: bestemmia. Sono fonti e fatti diversi, dunque, di cui però nei Turcs non resta traccia documentaria o cronachistica, perché gli spunti valgono solo per occasionare per metafora  una vicenda archetipica, sillabata  dal ritmo ternario di dolore, morte e rinascita. Ed ecco turcs3che, in questa drammaturgia della minaccia, si accampa l’affresco di una piccola comunità casarsesca, da  periferia del mondo, che la Storia costringe a confrontarsi con il presagio della violenza, l’ostilità dell’ altro, la paura. E ancora, di fronte al sopraggiunto  pericolo della fine, ecco che il coro di paese discute e pensa a possibili reazioni di autodifesa: da un lato, la rassegnazione, di fronte al mistero del destino incombente senza auspici del cielo; dall’altro, lo scatto combattivo, attivo e vitale, anche con aspetti di grido di contestazione. Sugli uomini che dibattono e si affrontano in  fazioni, sorvegliano le donne, unite da una comune complicità di vestali e soprattutto dall’essere madri, emblemi della  Mater Dolorosa già cantata da Jacopone da Todi , che conoscono il dolore, ne soffrono  gli effetti in silenzio e, all’affanno maschile, offrono il viatico straziato della pietà affettuosa. Madri che divengono mater consolationis come Lussia, con la sua dolcissima fragilità; Anuta Perlina, con la saggezza disincantata di chi ha già patito il pianto; la Vergine invocata, con la sua protezione superiore e ineffabile. Ma dinanzi al la minaccia del Turco, giovane e selvaggio, non serve altro mezzo che la morte. Ed è  la morte che  si porta via Meni, il giovane che ha scelto di reagire all’impotenza fatalista degli altri, come un Cristo, capro espiatorio o eroe tragico di tragedia antica che, con il suo sacrificio, sa ricomporre misteriosamente la ferita, dando avvio alla rinascita e favorire la catarsi collettiva. Da tutto ciò si coglie  la parabola sul destino degli uomini  e  una riflessione sulla morte che rigenera la vita. Soffia il vento,  è un vento di montagna sul piccolo microcosmo paesano miracolato e riacciuffato dal pericolo del buio. E intanto nel rito del testo, dove  sacro e pagano si intrecciano, in cui il giovane Pasolini ha dotato quel mondo di parola scritta, esce il dono dei sentimenti e delle idee universali che  si fanno colonna del  mistero del vivere, dove regna amore e  paura,  pietà materna, dilemma tra fede e ragione e  tra preghiera e protesta,  e infine l’utopia della salvezza. Il libro presenta il testo originale nell’autorevole revisione critica di Graziella Chiarcossi, accompagnata dalla traduzione in versi di Ivan Crico, uno dei più sensibili poeti friulani di oggi.

Pier Paolo Pasolini. Le poesie in friulano di Pier Paolo Pasolini (Bologna 1922 – Lido di Ostia 1975) sono state raccolte una prima volta in La meglio gioventù (Sansoni, Firenze 1954) e poi ripubblicate in una nuova e più ampia versione col titolo La nuova gioventù poco prima della morte (Einaudi, Torino 1975). Le pubblicazioni del periodo di Casarsa (1944-1947) sono state raccolte a cura di Nico Naldini nel volume L’academiuta friulana e le sue riviste (Neri Pozza, Vicenza 1994).

Carlo Franza

 

Tag: , , , , , , , , , , , ,