Agli amanti del viaggio e ai curiosi della natura il Museo di Palazzo d’Arco presenta dal 06 settembre 2020 al 10 gennaio 2021, la mostra “Diario di Viaggio. Luigi d’Arco e i naturalisti dell’800”. Un viaggio era quello che doveva percorrere il naturalista di Sette e Ottocento. L’osservazione diretta e lo studio sul campo erano le prime caratteristiche dello studio empirico e induttivo a cui si rifacevano gli studiosi di scienze naturali, seguito poi dall’analisi, osservazione e comparazione dei dati e degli esemplari raccolti. Il gabinetto naturalistico del Conte Luigi d’Arco (1795-1872) è un esempio eccellente di come in questo periodo, accanto alle raccolte naturalistiche delle Accademie e dei Licei, nascessero collezioni private che costituivano dei veri e propri centri per lo studio e la diffusione della scienza. Questi Gabinetti erano infatti il perno di una rete intellettuale estremamente ricca e prolifica, documentata da fitti scambi epistolari. Nelle missive gli studiosi riportavano il frutto delle loro ricerche e scoperte, chiedevano analisi e confronti, suggerivano nuovi spunti di indagine. Per posta però non viaggiavano solamente le idee e le informazioni ma anche gli elementi animali, vegetali, minerali e malacologici. In questo mondo di condivisione dei saperi il conte Luigi d’Arco si distinse divenendo un punto di riferimento per i naturalisti ottocenteschi dell’area lombarda e non solo; i legami con gli studiosi di Milano, Pavia e Cremona, oltre che mantovani, sono da leggere tra le pagine della sua storia e di quella delle sue collezioni naturalistiche. Lo studio degli esemplari conservati, della corrispondenza, dei taccuini e dei libri custoditi nell’Archivio e nella Biblioteca di famiglia ha consentito di tracciare le rotte del viaggio del conte Luigi d’Arco e di quello dei naturalisti dell’Ottocento.  La mostra è il diario di viaggio del conte Luigi e di chi come lui ha intrapreso il sentiero delle scienze naturali. Le sette sezioni in cui è articolata l’esposizione sono le pagine di quel diario che raccontano storie di vita, di studio e di amicizie. 1. I viaggi dei naturalisti dell’Ottocento. Il percorso della mostra narra il viaggio dei naturalisti dell’Ottocento, tra le pagine dei libri nel silenzio delle mura domestiche e le esperienze condotte sul campo, tra impegno della ricerca e desiderio instancabile di collezionismo, in cui tutte le scienze naturali sono comprese. Il viaggio è quello epistolare, della corrispondenza e dello scambio di esemplari, ma anche il percorso fisicamente compiuto da un generoso gruppo di cultori delle scienze. La carrozza, un brougham appartenuta alla famiglia d’Arco, accoglie i visitatori nell’atrio di ingresso del Palazzo, carica di bagagli e pronta a condurli nel viaggio ottocentesco, fatto di lentezza, di soste e di pazienza. La curiosità e la sete di conoscenza spingerà gli stessi naturalisti a compiere viaggi sempre più audaci qualificandoli come avventurieri ed esploratori. Tra questi alcuni illustri mantovani. 2. Itinerari e strumenti. Accanto al grand tour settecentesco dei rampolli dell’aristocrazia europea nel XIX secolo si intensifica il viaggio dei naturalisti che si interseca con altri tragitti: gli itinerari di poeti e scrittori romantici verso le ville e i giardini all’inglese, descritti dalle guide storiche e dai primi trattati; i cammini degli scalatori ed alpinisti che incontravano geologi e botanici e il turismo borghese che, seguendo i tracciati ferroviari conquistò l’Europa, avviando il turismo moderno. Si aggiungono le spedizioni del colonialismo cosicchè il viaggio diventa avventura ed esplorazione della natura selvaggia, quella lussureggiante dell’America del Sud, o quella dell’Africa nera. Nel Salone degli Antenati alcuni famosi diari e guide, tratti dalla ricchissima biblioteca dei conti d’Arco, e oggetti, come la bussola e la macchina fotografica del conte Antonio d’Arco, orientano il visitatore alle molteplici forme di viaggio. Il coccodrillo del Nilo, più precisamente Crocodylus niloticus, la tartaruga Caretta caretta e il Phoenicopterus ruber si mescolano agli strumenti di spedizione. 3. I pesci pietrificati: una storia lunga quattro generazioni. La Sala di Pallade ospitava lo studio personale di Gianbattista Gherardo d’Arco: era la camera del diletto e della meditazione dove il conte conservava la sua collezione di libri e probabilmente tutta quella serie di oggetti naturalistici che affascinano uomini colti e curiosi. Qui, tra le meraviglie della natura, si annoverano i pesci pietrificati estratti dalle cave di Bolca nel veronese, che attirarono l’attenzione di studiosi, filosofi, letterati e aristocratici, vivacizzando il dibattito attorno la formazione della Terra che divideva nettunisti e plutonisti. Forse proprio questi reperti fossili raccolti dal nonno fecero sbocciare in Luigi la passione per la paleontologia e le Scienze Naturali, che lo accompagnerà per tutto il corso della vita e che, da buon padre, seppe trasmettere al figlio Antonio. Accanto ai fossili sono esposti minerali e i taccuini che raccontano dell’interesse per la geologia, che lo condusse alla rinomata locanda della Nave d’Oro di Predazzo, resa celebre dalle frequentazioni del naturalista tedesco Alexander von Humboldt. Persino la moda femminile seguì con interesse il fermento degli studi naturalistici e i viaggi d’oltreoceano, proponendo al gentil sesso un nuovo copricapo, ornato da intricate decorazioni di fiori, nastri, piume esotiche, oppure addirittura decorato con veri e propri uccelli imbalsamati, che divenne un must nel guardaroba delle dame di epoca tardo vittoriana. Il successo di questi appariscenti accessori e di raffinati oggetti in madreperla, avorio e tartaruga, ben pubblicizzati nella riviste di moda, alimentò vistosamente il commercio di colibrì ed altri esemplari naturali provocandone una vera razzia.  Il libro della mostra.  La mostra è accompagnata da un libro, Il Gabinetto naturalistico del conte Luigi d’Arco. Un sentiero nella storia naturale lombarda, curato da Fondazione d’Arco ed edito Publi Paolini. Il libro si compone di: Contributi scientifici relativi alle sezioni delle collezioni naturalistiche esposte ·Introduzione a cura del professor Rodolfo Signorini, Conservatore del Museo ·Ornitologia a cura di Paola Pavesi e Alessia Goreri ·In viaggio per Milano, il racconto di un cacciatore naturalista a cura di Silvia Tosetti ·Paleontologia e reperti osteologici a cura di Paola Pavesi e Corrado Benatti ·Le collezioni paleontologiche, una storia lunga quattro generazioni a cura di Nicola Zanotti. Botanica a cura di Stefania Accordi ·La passione di una vita: Luigi d’Arco e l’amabile scienza a cura di Elena Piazza ·Malacologia a cura di Paola Pavesi ·Conchiglie mantovanea cura di Francesca Rapposelli ·La biblioteca di Luigi d’Arco ·Un sentiero nella storia naturale lombarda a cura di Chiara Rubini Photo di Federica Bottoli; photo assistant Riccardo Pasciucco; set styling Conti | Marchetti; grafica Giulia Sadler; Composizioni floreali Sfumature di Cipria; Composizione di conchiglie Giulia Bernardelli. Le mode e Avenir de la mode, ali dipinte esibite sui cappelli autentici e costose piume di struzzo adatte alla ricercata mise delle dame di casa d’Arco sono esposte nella Sala Verde. Ritornando alla Sala degli Antenati si incontra la collezione di uccelli imbalsamati del conte Luigi d’Arco, da lui personalmente catturati o acquistati dai cacciatori locali o sul rinomato mercato di Genova. Non esisteva alcun turbamento circa la possibilità di essere insieme cacciatori e curiosi della natura; l’atto venatorio e l’imbalsamazione erano dunque l’unico modo possibile per studiare le specie e per proteggerle. L’indagine quasi stratigrafica e l’osservazione meticolosa era poi tradotta dai disegnatori talentuosi nelle illustrazioni dei trattati ornitologici. Gli uccelli sono accompagnati dalle lettere manoscritte, tratte dal prezioso Archivio di famiglia, che raccontano minuziosamente il reperimento degli animali attraverso appostamenti e vere e proprie battute di caccia o storie di amicizia tra cacciatori naturalisti che condividevano conoscenze ed esemplari a beneficio della ricerca. Le vicende del conte si intrecciano con quelle di Giogio Jan e dei fratelli milanesi Ernesto ed Ercole Turati. 6. Luigi d’Arco botanico.  Tra tutti i campi di studio a cui il conte Luigi d’Arco si dedicò con scientifico fervore, certamente quello della botanica risulta essere il più continuativo e longevo, che lo portò alla compilazione dell’imponente erbario conservato nel museo, composto da una sezione di flora italica e da una di flora mantovana. In particolare la sezione di flora locale risulta di grande interesse storico e scientifico, perché permette di ricostruire zone del territorio oggi completamente scomparse e di indagare le modifiche botaniche avvenute in questi ultimi centocinquanta anni. Nella Sala dei Cesari i campioni essiccati di orchidee e i disegni accurati dei taccuini rivelano paesaggi alterati e suggestioni di un antico giardino di Casa. Il ricchissimo archivio fornisce informazioni che aiutano a delineare l’importanza del conte d’Arco nel panorama naturalistico dell’epoca, nazionale ed internazionale: egli infatti tenne  intense relazioni epistolari con tutti i principali naturalisti del periodo, ergendosi a punto di riferimento per lo studio e la conoscenza della flora mantovana. Alberto de Bracht, Giorgio Jan, Paolo Barbieri, Francesco Masè e soprattutto il suo collega nonché discepolo prediletto, Enrico Paglia non sono che alcuni nomi tra tanti. Il Gabinetto naturalistico si conserva intatto, completo delle vetrine e degli armadi autentici, e preserva il fascino e lo spirito del collezionismo ottocentesco, qualificato dalle operazioni meticolose della catalogazione e della classificazione secondo i metodi proposti da Linneo e da Lamark. La prima sala, detta di Apollo, introduce alla malacologia, sfera delle scienze naturali indagata dal conte Luigi sia nell’interesse verso le conchiglie e le curiosità marine sia nello studio dei molluschi fluviali e terrestri, sotto il suggerimento dei fratelli Villa che a Milano ne furono pionieri. Le scatole composte e dipinte dal conte, complete di tutti gli esemplari classificati, fanno bella mostra sui tavoli accanto agli studi manoscritti del Conte. Il percorso prosegue e si conclude nella successiva Sala di Seth, in cui sopra al camino svetta il palco di Alces alces, lo stesso che Emilio Cornalia, direttore del Museo di Storia Naturale di Milano, chiese al conte Luigi in prestito per la monumentale pubblicazione sulla paleontologia lombarda di Antonio Stoppani. Così il palco fossile, accuratamente imballato, partì con il treno per Milano per ritornare tre anni dopo con un gradito souvenir di viaggio. Di fronte all’Alce dimora un altro palco di cervide gigante, il Megalocero giganteus che, acquistato dal figlio Antonio, è uno degli ultimi tasselli di una raccolta naturalistica lunga quattro generazioni. La mostra si chiude con la proposta ai curiosi e appassionati della Natura di intraprendere il proprio viaggio con la visita alle collezioni e ai luoghi che hanno tracciato il sentiero del conte Luigi nella storia naturale lombarda.

 

Carlo Franza