Uno dei cliché più difficili da estirpare è quello che lega automaticamente un sorso di whisky torbato ad un camino in salotto. C’è la diffusa credenza che versarsi un dito di single malt di Islay (l’isola scozzese patria mondiale della torba) sia la chiave per venire catapultati in una dimensione parallela fatta di casotti di caccia, focolari crepitanti e plaid di tartan sulle ginocchia. Un passepartout liquido e suggestivo verso paradisi da baronetti.

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In realtà, ci sono malti torbati che in un salotto si sentono a disagio come un punk in una sala da thé. E che si troverebbero meglio magari sulla banchina di un vecchio porto, bevuti con in sottofondo lo sciabordio di pescherecci fuligginosi. Uno di questi teppisti in bottiglia è il Kilchoman Machir Bay, che noi Gente di Spirito incline ai soprannomi abbiamo ribattezzato amichevolmente “Tenero Marmittone”. Tenero perché dietro la torba ha un’anima morbidissima; ma tenero anche perché è stato un regalo di Natale, e quando si sente il rumore del liquido nel pacchetto e si scarta compulsivamente, scoprendo poi che ci manca nella collezione, è sempre una gioia come con le figurine…

Prima di giocare un po’ con la nostra bottiglia, però, piccolo ripasso. Kilchoman è una delle distillerie più alla moda in questi anni. Singolare abbinare il termine “moda” a una distilleria che si definisce “farm”, ovvero “fattoria”. Eppure succede che la neonata azienda (solo 11 anni di attività) sia diventata un’icona. Come è successo? Innanzitutto il fatto che, nel 2005, è stata la prima distilleria ad essere fondata su Islay dopo 124 anni: una specie di miracolo, tipo i parti di dieci gemelli. E poi per meriti acquisiti: sono infatti gli unici sull’isola (e tra i pochi in Scozia) a curare ancora in prima persona tutte le fasi della produzione, dal maltaggio allo stoccaggio e perfino la coltivazione dell’orzo.

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Ora, chi sia capitato su Islay – una vasta distilleria galleggiante travestita da isola – sa benissimo che l’idea di “coltivare” qualcosa che non siano delle sbronze epiche è quantomeno improbabile in un ambiente così ostile. Eppure loro lo fanno. Nella Rockside Farm seminano e raccolgono il cereale che poi grazie al proprietario e master distiller Anthony Willis diventa single malt. Il Machir Bay è uno degli imbottigliamenti ufficiali, prende il nome dalla spiaggia sulla costa occidentale dell’isola ed è una release annuale: ogni dodici mesi un’edizione nuova. Questa del 2015 è invecchiata 6 anni: 5 anni e mezzo in botti ex-bourbon e sei mesi in botti ex-sherry Oloroso. Il risultato è un ossimoro in bicchiere. E dopo le presentazioni, è il momento di conoscerlo meglio.

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Colore: paglierino chiaro, con riflessi nocciola e verdi

Olfatto: una sniffata e il primo pensiero è: Gioventù bruciata.  Al naso infatti c’è tutta la forza dello spirito poco invecchiato, resa ancor più ruspante da un fumo intenso, di legno verde, a cui seguono note catramose e grasse. Al di là della spessa coltre di torba, però, spira un piacevole venticello marino di iodio e si intravede un bivio: una via fresca e quasi agra, scorza di limone che con l’aggiunta d’acqua diventa quasi gazzosa; e una seconda via più calda e dolce, con profumi di vaniglia e frutta (banana, buccia di mela). Un naso impegnativo ma multidimensionale.

Gusto: il teppista aggressivo non ti lascia mai la prima mossa. Così basta un sorso e vieni aggredito con una sberla inaspettata dopo le smancerie dei profumi. In bocca cenere, carne sul barbecue ormai spento e di nuovo una zaffata di salmastro. L’alcol è ben integrato con una bella pepatura insolita per un whisky così giovane. Poi però il teppista si ammorbidisce, ti chiede scusa. Una pacca sulle spalle e in bocca spunta una dolcezza fresca di caramella alla frutta e di crema all’uovo (eh, le botti di sherry…). Ultima suggestione: un che di astringente, come di limone e zenzero.

Finale: lungo come un molo nella nebbia. Fumo di diesel, smog e una nota balsamica (menta? eucalipto?) accanto a fave di cacao amaro

La Gente di Spirito al “torbatello” è affezionata. E’ un ragazzaccio che sa quel che vuole, ha ancora i segni dell’acne in faccia ma parla come un adulto. Ha un’armatura possente di torba e un’anima “sal y limon”, fresca e iodata. E’ divisivo, costale ed estremo, ma è ben bilanciato. E’ un quadro di Munch, abbastanza espressionista ma mai sgradevole, un vortice quieto. Non è uno di quegli Ardbeg feroci che ti afferrano alla gola e ti fanno sentire un bearserker (un orso mannaro scandinavo). No, il Machir Bay sa anche convincerti con una dolcezza di vaniglia e frutta, un’aria “grassa” che soddisfa, una lunghezza che appaga.

Kilchoman Machir Bay (2015)
Scozia, isola di Islay
NAS (età non specificata)
46 gradi
50 euro