I quartieri di Milano sono tante piccole Babele, città nella città. Un tempo improntate a un certo ordine (ma sarà proprio così?) oggi sono un impasto etnico e culturale. E a volte polveriere che nessuno sorveglia. E le Zone? Le “Zone (così come sono) non hanno poteri”, dicono molti. E infatti presto avremo i municipi anche a Milano (il “presto” in Italia, quando si tratta di riforme, ha un valore molto relativo). Eppure già oggi le Zone meritano di essere seguite. Non tanto i pareri, le commissioni e le delibere. Sì, ci sarà tempo anche per quelle; ma il lavoro più importante è quello non scritto. Il primo potere che non hanno, e che provano comunque a esercitare i consiglieri, è amministrare i quartieri, seguire i lavori pubblici, segnalare i problemi, contrastare il degrado.

La seconda funzione, ancor meno codificata, è fornire un “vivaio” a partiti e liste, allevare i consiglieri, gli assessori e magari – speriamo – i sindaci di domani. Sono una serbatoio, un Comune in miniatura dove si combattono spesso piccole-grandi battaglie politiche, lontano dai riflettori e dai taccuini. Ma se diamo un’occhiata alle zone, magari scorgeremo i “fuoriclasse” di domani. Se cerchiamo di vedere dove porta la riforma della città metropolitana, forse capiremo insieme come sarà l’architettura istituzionale di Milano alle prossime elezioni. E vedere dove porta la miscela sociale dei quartieri ci aiuterà a intuire come sarà la città
in futuro.

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