Per Palazzo Marino non esiste un’emergenza degrado. Per Palazzo Marino, inoltre, il problema dell’indifferenza (così come lo ha posto don Colmegna) non merita risposte. Per Palazzo Marino è la stampa che strumentalizza. Ecco il pezzo uscito ieri sulle pagine milanesi del Giornale:

«Strumentalizzazione». Palazzo Marino risponde così al caso sollevato dalla foto pubblicata sul «Giornale». Un’immagine di degrado estremo a due passi dalla Milano scintillante dei grattacieli. Una giovane donna, seminuda e sola per terra in mezzo ai rifiuti, vicino alla stazione Centrale. L’ufficio stampa del Comune, sabato, aveva spiegato che la donna è «conosciuta dai servizi socio-assistenziali» e che ha «consapevolmente deciso di rifiutare l’offerta di assistenza che, come noto, non può essere imposta». Il sindaco Giuliano Pisapia aveva scelto un profilo basso il giorno dopo, spiegando che la signora ha ricevuto dopo i soccorsi tutta l’assistenza necessaria. Un’informazione che tranquillizza. Ma il vicesindaco, Ada Lucia De Cesaris, sceglie di attaccare il Giornale: «La strumentalizzazione del caso da parte de “Il Giornale” non è accettabile – ha scritto su facebook – L’amministrazione ha da tempo in cura questo caso, ma trovare il modo per indurre una persona a fare qualcosa è delicato».

«Qualcuno lo dimentica troppo facilmente – aggiunge – ma esiste la libertà personale e l’impossibilità di far diventare coercitive le cure, principi costituzionali, che valgono per tutti. Sicuramente non bisogna abbandonarla ed è quello che si sta facendo da tempo». La vicesindaco, quindi, accusa il «Giornale» di «fingere umanità» strumentalmente. Ma è De Cesaris che, rispondendo, in realtà elude il problema. La difesa dell’avvocato De Cesaris svicola la questione vera, che non riguarda quella ragazza (il cui caso personale è giusto archiviare) ma l’intera città. Se il vicesindaco non riesce proprio a dar conto al «Giornale», potrebbe forse rispondere a ciò che chiedeva, riferendosi anche a un caso analogo, don Virginio Colmegna, punto di riferimento di questa amministrazione (tanto da averle «prestato» il suo braccio destro, Maria Grazia Guida): «Nessuno ha aiutato la giovane donna fotografata dal “Giornale” mentre giace a terra svestita in mezzo a cartacce e rifiuti, in un angolo di via Tonale tra un muro scrostato e un’auto parcheggiata – scriveva sabato su “Repubblica” il fondatore della “Casa della carità” – Cosa sta succedendo in questa nostra città incupita dalla crisi economica, dal vuoto della politica, dal disagio sociale?».

E dovrebbe, infine, la Milano «arancione», dar conto non al «Giornale» ma ai suoi elettori, di un’illusione svanita chissà dove. Non hanno promesso una o dieci o cento cose pragmatiche e programmatiche, su tributi, rifiuti, traffico o altre misure concrete. Si è impegnata a regalarci una Milano più giusta, più equa e – letteralmente – «più felice». E – attenzione – ha evocato una felicità diversa da quella «made in Usa», dove la cornice istituzionale pubblica deve solo garantire la ricerca della libera realizzazione personale dei cittadini. No, solo due anni fa parlavano di una felicità da costruire con una «politica nuova», e «diversa» capace anche di educare, intenzionata a incidere culturalmente sui cittadini. Due anni dopo abbiamo visto una pioggia di tasse, quelle sì per tutti (o comunque per centinaia di migliaia di famiglie). E ne hanno forse tratto beneficio i poveri? Quali? L’alba radiosa di questa città nuova e felice non l’ha vista nessuno. Intanto, nel «vuoto della politica», sono finite le illusioni. E l’indifferenza resta.

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