Un italiano, un francese e un tedesco… Sembra il classico inizio della solita vecchia barzelletta tanto in voga qualche anno fa. Ma in questo caso continua così: …”scrivono un comunicato in inglese”. Fra i tanti effetti insondabili della Brexit, in effetti, ce n’è uno un po’ laterale, o secondario (ma neanche tanto). Un nodo che dovrà essere sciolto, prima o poi, a margine delle grandi discussioni su strascichi finanziari, pilastri istituzionali e mercato comune dopo l’uscita del Regno unito della Gran Bretagna. Stiamo parlando ovviamente del tema linguistico. Perché si dà il caso, come prontamente rilevato da Francesco Maria Del Vigo sul Giornale, che l’Unione europea, nei suoi palazzi del potere, oggi parli e scriva principalmente in una lingua che comunitaria non lo è più, almeno nella sostanza del voto referendario (le forme e i passaggi li vedremo poi, con i tempi dell”exit”). La lingua extracomunitaria è ovviamente quella di Sua Maestà. E accadono quindi fatti che oggi appaiono ancor più bizzarri, come il testo in inglese che è scaturito dall’incontro fra i capi dei governi di Francia,  Italia e Germania.

C’è qualche italianofono e italianofilo che di questi temi ha grande cura. Per esempio quegli irriducibili sognatori che sono gli esperantisti dell’Era, una piccola associazione della “galassia radicale” che continua a propugnare l’utopia dell’esperanto, la lingua artificiale dell’Europa unita. Al presidente dell’Era Giorgio Pagano suona particolarmente strano, o peggio fastidioso, o incomprensibile, che si parli di ministro del Welfare o di Job’s act. Dev’essere dunque addirittura inaccettabile, per gli amanti dell’italiano come Pagano, che nella Presidenza del Consiglio dei ministri si parli inglese (a Roma, non in un anonimo grattacielo di Bruxelles nelle more delle trattative Ue-Gran Bretagna). E che sul sito di Palazzo Chigi (governo.it) venga pubblicato un documento esclusivamente in lingua inglese, appunto la dichiarazione congiunta fra Francois Hollande, Matteo Renzi e Angela Merkel. Difficile dar torto agli esperantisti se si arrabbiano. Ed è difficile dar torto a Pagano quando pone il problema dei corsi universitari in lingua inglese nelle Università più prestigiose delle città italiane, fra cui proprio Milano.

viola

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