L’integralismo è soprattutto un problema dei Paesi arabo. Il proliferare di un’ideologica confessionale e oscurantista non è una minaccia solo per gli Stati e la società europee, ma anche per il mondo islamico.  Le élite più illuminate ne sono consapevoli. E il re del Marocco è impegnato contro quelli che ha definito “i demoni della manipolazione ideologica” e le “forze sovversive”. Di questo impegno, di questa consapevolezza, dà conto la Coreis, la Comunità religiosa islamica di via Meda, che ha dato prova di grande impegno nel dialogo, tanto da godere oggi di una riconosciuta considerazione presso le istituzioni.
marocco(A sinistra Abd al-Aziz Uthman al-Twaijri, direttore generale dell’Isesco, Organizzazione internazionale preposta all’Educazione, Scienza e Cultura islamica)
La Coreis ha partecipato, a Fes, in Marocco, alla Conferenza internazionale sul dialogo delle culture e delle religioni. Promosso dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione  internazionale del Regno del Marocco e dall’Oif (Organizzazione internazionale della Francofonia), in cooperazione con l’Organizzazione Islamica per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Isesco), il meeting ha fatto seguito alla prima edizione, tenuta sempre a Fes nel 2013. Alla cerimonia di apertura era presente anche il ministro per gli Affari Religiosi del Marocco Ahmad Tawfiq in rappresentanza del Re Mohammed VI, che ha portato uno speciale messaggio ai presenti. Ed ecco come la Coreis riporta il messaggio:
“Il Re ha toccato il tema del contrasto al radicalismo, citando le numerose “riforme ad ampio raggio” intraprese dal Regno per “proteggere la società marocchina contro i demoni della manipolazione ideologica e le forze sovversive, utilizzando, a tal fine, un’illuminata formazione religiosa basata sulla moderazione e la tolleranza. […] A sostegno di queste politiche vi è la Carta degli Ulema del 2008, il piano locale di supervisione religiosa, la riapertura di scuole per l’educazione religiosa e la revisione del curriculum di insegnamento dell’educazione religiosa nelle scuole. Sulla stessa linea, il Marocco forma sia gli imam, sia le guide religiose maschi e femmine che predicano in Marocco, Africa ed Europa. Esso cerca anche di decostruire il discorso religioso radicale promuovendo una narrativa alternativa che invoca tolleranza, concordia e pace”.

Il Re ha voluto anche sottolineare la storica sensibilità dell’Islam e del Marocco per il rispetto verso le altre religioni: “Ho lanciato progetti per restaurare i cimiteri ebraici, rinnovare le Mellahs e ristrutturare siti religiosi ebraici in generale. In Marocco non c’è differenza tra un cittadino musulmano e uno ebreo. Essi celebrano le festività religiose insieme. Anche per quanto concerne i cristiani, residenti o in visita temporanea, essi hanno sempre praticato liberamente la loro fede nelle chiese”.

Infine un accenno anche al tema dell’immigrazione: “Laddove taluni percepiscono la migrazione solo come un problema, il Marocco vi scorge un’opportunità nella quale ha investito onorando così le sue radici africane. Il risultato delle politiche umanitarie proattive sulla migrazione è stato un sempre crescente numero di migranti arrivati nel Regno dai paesi sub-sahariani. A fronte della retorica allarmante che vorrebbe mostrare l’immigrazione come un fenomeno distruttivo, il Regno del Marocco – un paese esso stesso modellato dall’apporto di numerosi flussi migratori – ha adottato un approccio unico e proattivo. Sia a livello regionale e internazionale che a livello nazionale e locale, il Regno del Marocco si impegna in un approccio umanitario che tiene conto dei contesti globali e locali e rispetta i diritti e la dignità dei migranti”. L’imam Yahya Pallavicini, presidente Coreis italiana, ha coordinato una delle sei tavole rotonde del meeting, dedicata al tema “Il ruolo dell’educazione per instaurare una cultura di pace”.

Nel suo intervento dal titolo “Il coraggio della pace e il ruolo dei musulmani in Europa”, l’imam Pallavicini ha affermato: “Non potremo superare il letteralismo degli islamisti opponendo il razionalismo dei modernisti. Dobbiamo riconoscere l’unità fra la lettera e il significato spirituale della nostra tradizione e rivitalizzarla alla luce dei tempi e dei luoghi in cui abbiamo vissuto, trovando le loro corrispondenze armoniose, su piani diversi, con le regole legali e sociali che devono necessariamente garantire l’ordine della civiltà alla quale noi stessi apparteniamo.

Il coraggio della pace implica quindi il coraggio di essere autentici musulmani, nello spirito e nel cuore, e non solo nella moda, nel cibo, nel commercio estero o nel folklore etnico. Il coraggio della pace implica il coraggio di essere autentici cittadini europei, interpreti di una tradizione storica e multiculturale i cui uomini e donne hanno costantemente contribuito allo sviluppo e alla ricchezza della civiltà occidentale e a fruttuosi scambi con tutti popoli. Il coraggio della pace implica il coraggio di essere testimoni attivi e intelligenti di una comunità di creature e credenti nell’unico Dio, che agisce con responsabilità e rispetto per i diritti di tutti gli esseri umani”.