Trump è abituato alla bolgia stupenda degli stadi del midwest americano, che riempie ogni volta che deve fare un comizio. Figuratevi se un Presidente come lui può trovarsi a suo agio a Davos. E invece c’è andato, e si trova a suo agio perchè anche lui è un miliardario, molto probabilmente di maggior successo e fama rispetto ai tanti presenti nella cittadina svizzera.

Quello che però ha dato più all’occhio è che, nel mare magnum gretiano (e furbesco, ca va sans dire, essere gretini va di moda e e fa bene al portafogli), arriva DJT che sciorina i numeri di un paese in pieno decollo industriale, con la disoccupazione ai minimi e che viaggia come una locomotiva. Qualche anno fa, a Davos, gli asset manager e i banchieri avrebbero applaudito a man basse ad un presidente USA che portava quei risultati, stavolta invece il discorso è diverso. Trump è nemico del gretinismo, crede nello sviluppo industriale e crede in un ambientalismo pragmatico e non ideologico. E soprattutto non crede nella decrescita felice.

Trump è la rappresentazione plastica di un’America che non accetta l’ideologismo ambientalista tout court, ma che con il suo capitalismo libero dalle gabbie statali è il paese che più fa nella lotta all’inquinamento. Pensiamo all’estrazione di gas metano, la più valida, economica e pulita alternativa ai combustibili fossili derivati del petrolio. L’America produce talmente tanto metano che c’è una sovrapproduzione, con relativo crollo dei prezzi per i consumatori. Una manna dal cielo.

Senza i peana degli ambientalisti da salotto, l’America di Trump cresce, produce, dà lavoro, prospera e soprattutto è meno inquinante. Spiegatelo a Greta.

 

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