Prendo spunto da un commento pubblicato sul “Corriere della Sera” scritto da Gianfranco Fini intitolato “Al centrodestra serve un’identità programmatica” per dare vita a una breve riflessione sull’atavica mancanza di unità della destra italiana resa drammaticamente evidente negli ultimi anni. 

Scrive Fini: “non ha senso continuare a sfogliare la margherita per individuare la personalità cui affidare il ruolo di candidato premier se prima non si definisce l’identità culturale e programmatica del centrodestra. I leader sono indispensabili per disegnare una prospettiva per il futuro e per renderla credibile con un coerente programma di governo, ma quando non c’è chiarezza sulla linea politica da seguire non c’è alcuna possibilità di avere una leadership vincente”. Come dargli torto?

Peccato che questa identità culturale sia stata progressivamente distrutta da scelte politiche scellerate e non restano che macerie. Oggi occorre ricostruire la destra con volti e protagonisti nuovi ma partendo da idee comuni già esistenti che non devono essere antivalori bensì istanze propositive.

La centralità della famiglia, di cultura e istruzione

Riappropriarsi della battaglia per la tutela della famiglia, nucleo centrale e imprescindibile della comunità; dare vita a politiche serie di regolamentazione dell’immigrazione; aumentare la sicurezza nelle nostre città; mettere al centro l’istruzione e la cultura imprescindibili per la formazione dei cittadini del futuro lasciate colpevolmente in mano alle forze politiche progressiste.

Basta frammentazione

Occorre cercare di superare la frammentazione che da sempre caratterizza la destra italiana in cui prevale l’individualismo, una tendenza che già denunciava Prezzolini nel suo libro con Claudio Quarantotto Intervista sulla destra riferendosi agli “scrittori di destra” ma che può essere applicata al mondo della destra politica:

Lo scrittore di destra generalmente non piace nemmeno alla destra, perché è troppo indipendente. Vuol sempre ragionare con la propria testa e non con quella del segretario del partito. Ed è sempre pronto a criticare gli altri come a criticare se stesso. Questa indipendenza, che è una manifestazione di libertà, è un bene, naturalmente, e costituisce una forza, almeno fino a quando non si trasforma in un individualismo esasperato, in solipsismo. Allora diventa una debolezza, che favorisce il successo dell’organizzazione culturale della Sinistra, che rappresenta l’esatto contrario. Ma, si sa, in guerra contano più le truppe disciplinate che gli eroi isolati”.

Secondo Fini “nel centrodestra continuano ad essere misteriose le basi su cui costruire l’Unità, con quali valori e principi comuni renderla solida” in realtà questi valori e principi esistono e sono rappresentati dai pensatori conservatori che dal XVIII secolo in avanti hanno dato vita a un pensiero ricco di sfaccettature ma comune su alcuni punti: la tutela della comunità e dei corpi intermedi (famiglia, religione), la difesa della nazione, la salvaguardia dell’identità.

Condivisibile è invece la sua stigmatizzazione di quella politica che invoca l’uscita dall’euro è il ritorno alla Lira, una proposta che serve a ricercare qualche consenso elettorale in più piuttosto che avere una reale fattibilità. Chi auspica l’uscita dall’Europa seguendo il modello Brexit dimentica la sovranità monetaria della Gran Bretagna e il suo status unico nel contesto europeo per ragioni storiche e geografiche.

Se la destra vuole realmente acquisire credibilità nei confronti dell’opinione pubblica deve saper proporre un programma di governo chiaro e realizzabile che vada oltre semplici slogan e spot elettorali.

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