Per comprendere le motivazioni che hanno portato il Movimento Cinque Stelle a passare da un governo con la Lega a un probabile esecutivo con il Partito Democratico, non è sufficiente limitarsi alle cause politiche ma occorre analizzare più in profondità i motivi dell’alleanza che si sta formando in una prospettiva culturale e metapolitica. Il Movimento Cinque Stelle è l’unica vera e propria forza populista in Italia ed è a tutti gli effetti un movimento post-ideologico. Anche la Lega negli ultimi anni ha subito un’evoluzione che l’ha portata a diventare un partito con un carattere post-ideologico intercettando sia un elettorato di destra sia ex elettori di sinistra ma, la storia di una forza politica che sembra tra le più moderne a causa della propria comunicazione pur essendo il partito da più anni in parlamento, porta con sé un preciso retroterra ideologico che, sebbene attenuato, rimane soprattutto al nord. Il pensiero di Miglio, anche se accentuato e non più centrale nella linea politica della Lega, porta in eredità alcune battaglie come quella per l’autonomia.

I grillini non hanno nulla di tutto ciò, il movimento nasce come un prodotto politico di laboratorio e senza né una base ideologica né un pantheon di pensatori e autori di riferimento. I Cinque Stelle non hanno la tradizione di pensiero dei liberali, dei conservatori, dei socialisti, dei socialdemocratici. Se dovessimo individuare la base ideologica del pensiero grillino potremmo ricercarla nel relativismo applicato alla politica contemporanea, la mancanza di valori di base che caratterizza il movimento porta a un’oscillazione anche antitetica delle posizioni politiche e una convergenza verso idee di sinistra o di destra a seconda del momento o della necessità.

Diventa perciò accettabile agli occhi della classe dirigente e dell’elettorato grillino il passaggio da un’alleanza con un partito come la Lega a un probabile accordo con il Pd. Nessuna sconfessione da un punto di vista ideologico perché i grillini non hanno né un’ideologia né un pensiero politico definito ma qualcosa forse di più grave, il tradimento di anni di battaglie anti sistema, contro gli accordi sotto banco e contro la “vecchia politica” fatta di inciuci. Allearsi con il Pd dimostrerebbe che una politica fatta solo di onestà e trasparenza non è sufficiente se non accompagnata da una retroterra valoriale e da solide radici culturali che devono guidare l’operato politico. Su questo punto si basa la discrimine tra buona politica e anti politica, i promotori dell’anti politica sono disposti a tutto pur di portare a termine i propri obiettivi, chi invece è animato da un ideale, da una visione della società e della politica fondata su valori che derivano da una secolare tradizione di pensiero, non è disposto ad accettare scelte che contraddicono il proprio pensiero e contrarie alle volontà dei cittadini. Non stupisce perciò il rischio di un voltafaccia dei grillini, quando non si ha una storia culturale alla base di un progetto politico, pensatori di riferimento, una letteratura da cui attingere, questo è il risultato.

Colpisce di più la deriva della sinistra italiana, nato dall’unione di un partito erede del PCI e da una forza politica che rappresentava le correnti di sinistra della DC, il Partito Democratico dovrebbe essere l’erede della tradizione socialista, socialdemocratica, in parte comunista, basata sul pensiero di Gramsci, Gobetti, Salvemini, Bobbio, Rosselli. La sinistra italiana ha una tradizione nobile e importante che dovrebbe guidare l’azione politica dei suoi leader e si fonda su una scuola di partito nata dalle celebri Frattocchie, ha una classe dirigente strutturata, un proprio apparato e, alleandosi con i Cinque Stelle, un movimento anti sistema che ha votato solo pochi giorni fa il decreto sicurezza, la legge sulla legittima difesa, la flat tax (misure tutt’altro che di sinistra), contraddice la propria storia con una scelta che sconfesserebbe tutte le posizioni assunte negli ultimi anni.

@giubileif

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