Il conflitto tra Armenia e Azerbaijan con il passare delle ore assume dimensioni sempre più preoccupanti, anche alla luce della rivelazione di un aereo dell’aviazione armena, un Sukhoi Su-25 abbattuto da un F-16 turco che sancisce un coinvolgimento diretto della Turchia nel conflitto. Mentre l’Unione europea si limita a un generico appello al cessato il fuoco e l’Italia mantiene un posizionamento neutrale, bisognerà capire come si schiererà la Russia nei prossimi giorni. Il conflitto in Nagorno Karabakh (Artsakh per gli armeni) non ha solo una ricaduta di carattere storico e culturale (l’Armenia è una nazione cristiana mentre l’Azerbajian a larga maggioranza musulmana) ma economico e geopolitico in particolare per il tema del gas. “Il Giornale” ha intervistato in esclusiva l’ambasciatore armena in Italia Tsovinar Hambardzumyan.

Ambasciatore, per quale motivo negli ultimi giorni c’è stata un aumento dell’escalation tra Armenia e Azerbaijan?

A dire il vero l’Azerbaijan non ha mai celato il suo obiettivo strategico di risolvere il conflitto nel Nagorno Karabakh attraverso l’uso della forza, mantenendo alta la tensione lungo la linea di contatto e il confine armeno-azero. In una serie di occasioni, il presidente azero ha pubblicamente denunciato gli sforzi dei Co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE finalizzati alla risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno Karabakh, facendo così apertamente ricorso alla guerra. A tal fine, l’Azerbaijan coinvolge anche forze esterne, tra cui la Turchia, con una crescente presenza in Azerbaijan, specialmente nella regione di Nakhichevan. Questa offensiva è stata preceduta da anni di retorica guerrafondaia e discorsi di incitamento all’odio al più alto livello da parte della leadership azera, di cui da ultimo la dichiarazione del presidente azero all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 23 settembre che ha dato il “via libera” a questa aggressione sconsiderata. Era una dichiarazione colma di parole di incitamento all’odio e la manifestazione di un chiaro intento genocidiario verso la popolazione armena. In mancanza di una risposta adeguata da parte della Comunità Internazionale, questa offensiva non è stata una sorpresa.

Quanto incide nel conflitto la cosiddetta “geopolitica del gas” sul passaggio dei gasdotti da oriente verso l’Europa?

Prima di questo attacco, l’Azerbaijan aveva lanciato due attacchi su larga scala contro l’Armenia: nel 2016 e nel luglio 2020, finanziati apparentemente dai petroldollari. Sfortunatamente, i soldi provenienti dalle risorse energetiche sono utilizzati dall’Azerbaijan non per promuovere il benessere dei propri cittadini ma per acquistare grandi ammontari di armamenti e per finanziare la guerra. È opportuno notare che la volta scorsa l’attacco ha avuto luogo nella regione di Tavush dell’Armenia che si trova molto vicino alle infrastrutture energetiche internazionali dell’Azerbaijan. Ovviamente è stato un atto calcolato per attirare l’attenzione su questo problema di tutti i paesi portatori di interesse, attraverso dichiarazioni manipolative secondo cui l’Armenia minaccerebbe di far saltare gli oleodotti e i gasdotti. Nessuna delle dichiarazioni della parte armena contiene tali minacce. E senza dubbio, sfortunatamente, l’Azerbaijan strumentalizza e le sue risorse energetiche e le usa come mezzo di contrattazione nelle sue relazioni con l’Europa.

Quale soluzione diplomatica propone il governo armeno per risolvere la situazione?

L’Armenia condanna con fermezza l’aggressione azera che è in flagrante violazione del diritto internazionale, tra cui quello umanitario. Tale aggressione viola l’accordo trilaterale sul cessate il fuoco del 1994 e gli impegni presi dall’Azerbaijan nel contesto del processo di pace per il Nagorno Karabakh sul non uso della forza. Abbiamo ripetutamente e per lungo tempo tentato di addivenire a un accordo con l’Azerbaijan per l’istituzione di meccanismi di monitoraggio al confine armeno-azero così come lungo la linea di contatto per rinforzare il regime del cessate il fuoco. Sfortunatamente, i nostri tentativi non hanno avuto sucesso.

L’Armenia chiede alla Comunità Internazionale di condannare formalmente l’aggressione dell’Azerbaijan e di sottolineare che il conflitto non può avere soluzione militare. L’Azerbaijan dovrebbe essere esortato a cessare immediatamente le ostilità, ritornare al tavolo delle negoziazioni e comprendere che la risoluzione stabile e duratura del conflitto dovrebbe essere raggiunta attraverso mezzi pacifici e sulla base del compromesso.

Quali pensa saranno gli sviluppi nelle prossime settimane?

Questa domanda dovrebbe essere indirizzata alla parte che ha lanciato questa offensiva. Noi non vogliamo la guerra e reiteriamo il nostro impegno verso le negoziazioni pacifiche. Allo stesso tempo, l’Armenia, come garante della sicurezza dell’Artsakh, prenderà le misure necessarie per proteggere la popolazione del Nagorno Karabakh e per rispondere proporzionalmente all’aggressore. L’Armenia è pronta a cooperare strettamente con i Co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, comprendenti la Russia, la Francia e gli Stati Uniti, per restaurare e preservare la pace e la sicurezza nella regione.

I media italiani parlano di Nagorno Karabakh ma sarebbe più corretto parlare di Artsakh vuole spiegare perché?

 

Secondo la Costituzione dell’Artsakh nel 2017 il nome del Nagorno Karabakh è stato ufficialmente cambiato in “Repubblica di Artsakh” ma, a prescindere dal nome usato, l’Artsakh è un paese indipendente con tutti gli elementi costitutivi di uno Stato: il popolo, il territorio e la sovranità. Artsakh è il suo popolo ed ha il diritto di decidere del proprio destino e di poter vivere in pace e in sicurezza nella propria terra. Nagorno Karabakh è il nome usato a livello internazionale per fare riferimento al conflitto, ma viene spesso usato anche il termine ”Il conflitto di Artsakh”.

Ritiene che il governo italiano e il Ministro degli Esteri Di Maio dovrebbe intervenire Assumendo una posizione in difesa dell’Armenia?

Siamo grati alle autorità italiane e in particolare al Ministro degli Esteri Di Maio per la loro posizione equilibrata. A differenza dei nostri vicini, noi non cerchiamo mai di rovinare le relazioni degli altri Paesi con l’Azerbaijan, comprendiamo bene i loro interessi nel campo energetico in Azerbaijan. Il Governo italiano è ben consapevole che nella nostra regione la situazione è molto fragile e siamo fiduciosi che anche in futuro, il Governo continuerà a sostenere con le sue dichiarazioni e con le azioni il processo negoziale sotto l’egida del Gruppo di Minsk dell’OSCE.

L’intervento del’Unione europea attraverso l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrel ha mantenuto una posizione neutrale chiedendo la cessazione delle ostilità, vi aspettavate una presa di posizione diversa e più incisiva?

 

Le dichiarazioni della comunità internazionale – tra cui anche quelle dei Co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE e dei paesi che loro rappresentano – relative all’inasprimento della situazione lungo tutta la linea di contatto tra l’Artsakh e l’Azerbaijan, dimostrano chiaramente che la comunità internazionale condanna l’uso della forza e la violazione della pace e della sicurezza nella regione.

Di fronte a una tale unanimità nella posizione della comunità internazionale, la parte azera si è data alla diffusione di informazioni palesemente false, accusando gli armeni di aver scatenato le ostilità. Naturalmente, auspichiamo da parte della comunità internazionale un sostegno più determinato alla giusta causa: al diritto del popolo di Artsakh all’autodeterminazione, al diritto di vivere e di lavorare in pace, di decidere del proprio destino. Ma paradossalmente, tutti coloro che lo fanno vengono perseguitati, minacciati e ricattati dall’Azerbaijan. Vorrei attirare l’attenzione del mondo civile sul fatto che oggi, nel XXI secolo, in Azerbaijan, sul sito ufficiale del Ministero degli Affari Esteri, esiste una “lista nera” dove vengono inseriti tutti gli stranieri che visitano l’Artsakh. Vi informo anche, che in questa lista di 113 pagine ci sono 73 italiani.

Per non parlare dei giornalisti e degli attivisti per i diritti umani che vengono semplicemente terrorizzati e che quotidianamente ricevono minacce per aver scritto sull’Azerbaijan cose che non piacciono al regime di Aliyev. Ecco, anche questo è un aspetto in merito al quale auspichiamo  una reazione da parte dei nostri partner europei e della comunità internazionale. I tentativi dell’Azerbaijan di trasferire la propria morale dittatoriale in Europa vengono spesso ignorati dalla società europea e diventano perciò una tendenza troppo pericolosa.

Qual è il ruolo della Turchia in questa escalation?

La preparazione dell’ultima offensiva è stata accompagnata da esercitazioni militari su larga scala tra l’Azerbaijan e la Turchia a luglio che hanno coinvolto migliaia di militari, centinaia di veicoli corazzati da combattimento, artigleria e aviazione militare, inclusi aeromobili a pilotaggio remoto. È preoccupante che dopo le esercitazioni militari, il personale militare turco e l’attrezzatura utilizzata sono rimasti in Azerbaijan. Inoltre, sin dall’aggressione azera di luglio al confine con l’Armenia, la Turchia ha apertamente supportato le attività militari dell’Azerbaijan contro l’Armenia e ha giustificato l’uso della forza. Il 27 settembre, poco dopo l’inizio dell’offensiva su larga scala contro il Nagorno-Karabakh, la Turchia ha ancora una volta unilateralmente e senza riserve supportato l’Azerbaijan, aumentando così la tensione.

Ritiene che la Turchia possa rappresentare un pericolo per gli interessi dell’Italia nel Mediterraneo, in Africa e nei Balcani?

La Turchia di oggi è una minaccia non solo per l’Italia, per il Mediterraneo, ma anche per tutte le regioni: per il Caucaso meridionale, per l’Europa, per l’Africa, per la regione asiatica. Oggi, fortunatamente, molti paesi sono giunti alla conclusione che le aspirazioni neo-ottomane della Turchia stiano diventando sempre più pericolose di giorno in giorno.

Penso che se la Turchia non viene contenuta oggi, molto presto diventerà un male maggiore per tutte le regioni. D’altra parte, ci tengo a precisare che oggi la Turchia e l’Azerbaijan non possono più essere considerati separatamente. Come si definiscono loro, sono due stati, ma una nazione.

Come si è posta la Russia che ha storicamente in legame di amicizia con l’Armenia in questa situazione?

Come ha notato, abbiamo rapporti storicamente cordiali con la Russia. Abbiamo una vasta e prospera comunità armena in Russia. La Russia è il nostro alleato strategico e il nostro partner economico numero uno. Con la Russia siamo nelle stesse alleanze economiche e di sicurezza. E, tornando alla Sua domanda, vorrei notare che la Russia è uno dei paesi Co-presidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE. Con la mediazione della Russia, nel 1994 è stato firmato l’accordo del cessate il fuoco trilaterale tra l’Armenia, l’Azerbaijan e il Nagorno Karabakh, che è ancora in vigore. Poche ore dopo l’attacco di ieri, il Ministero degli Esteri russo ha rilasciato una dichiarazione chiedendo un cessate il fuoco immediato e inizio di colloqui per stabilizzare la situazione. Continueremo a lavorare con tutti i Co-presidenti del gruppo di Minsk per trovare una soluzione pacifica al conflitto.

Anche Papa Francesco si è espresso per un cessate il fuoco, non ritene sia necessario oggi più che mai sottolineare il secolare legame tra i cristiani nel mondo e tra il cattolicesimo e il cristianesimo armeno?

Come sapete bene l’Armenia è la prima nazione ad aver adottato la Cristianità come religione di stato e ciò rappresenta il cuore dei nostri valori nazionali. Vorrei ricordare a tal proposito che il Santo Padre, Papa Francesco, ha indicato la sua visita in Armenia del 2016 come “Pellegrinaggio alla prima nazione Cristiana”.

Tra la Chiesa Apostolica armena e la Chiesa Cattolica c’è un dialogo continuo come testimoniato anche dalla recentissima visita presso la Santa Sede del Catholicos di tutti gli armeni ​Kare​k​in II, purtroppo interrotta a causa dell’attacco dell’Azerbaijan.

Per quanto riguarda il Nagorno-Karabakh, ci tengo a sottolineare che il conflitto non ha un contesto religioso come l’Azerbaijan sta cercando di presentare sperando di ottenere il sostegno da parte dei paesi musulmani. Abbiamo ottimi rapporti con la stragrande maggioranza dei paesi musulmani, a partire dal nostro vicino Iran e dal Medio Oriente fino alla regione asiatica.

Ad oggi quale sono i legami economici e culturali tra l’Italia e l’Armenia, qual è il rapporto tra le nostre nazioni?

Uno dei miei obiettivi primari come Ambasciatore dell’Armenia in Italia è lavorare per portare le nostre relazioni economiche bilaterali allo stesso livello con le nostre eccellenti relazioni politiche. Gli investimenti italiani in Armenia crescono di anno in anno. Attualamente in Armenia sono presenti più di 170 imprese con la partecipazione del capitale italiano. Cresce l’interesse degli imprenditori italiani in Armenia, gli investimenti effettuati nel periodo più recente si riferiscono ai settori del tessile, della ceramica, dell’energia.

Negli ultimi due anni, il nostro fatturato commerciale è aumentato quasi del 50%. Purtroppo, a causa della pandemia da coronavirus, nella prima metà di quest’anno abbiamo registrato una diminuzione del fatturato commerciale del 21%.

L’adesione dell’Armenia all’Unione Economica Eurasiatica, nonché l’Accordo di partenariato globale rafforzato firmato con l’Unione Europea, offrono nuove opportunità per l’espansione della cooperazione tra Armenia e Italia nell’ambito economico. Facendo investimenti in Armenia, gli imprenditori italiani potranno accedere, senza dazi doganali, al mercato di oltre 180 milioni di consumatori dell’Unione Economica Eurasiatica.

Quanto alle nostre antiche relazioni culturali, lo spazio che abbiamo per questa intervista non sarà di certo sufficente nemmeno per una presentazione sommaria. Viaggiando per l’Italia, da Nord a Sud, si possono trovare innumerevoli antiche testimonianze dell’amicizia tra i nostri popoli. Mi limiterei a citarne solo alcune: il primo libro stampato in lingua armeno fu pubblicato proprio in Italia nel 1512. Per gli armeni cristiani rappresenta un valore immenso il fatto che le reliquie di San Gregorio l’Illuminatore, primo Catholicos della Chiesa Apostolica armena, siano custodite nelle chiese di San Gregorio Armeno di Napoli e Nardò.

Uno dei centri più importanti della rinascita della cultura armena nei tempi moderni è l’isola di San Lazzaro a Venezia dove esiste da quasi tre secoli la Congregazione dei padri Mechitaristi, un importante centro di armenologia, che ha dato il suo contributo inestimabile all’arricchimento del patrimonio scientifico e culturale armeno e mondiale.

Le varie città italiane hanno i Santi Patroni, che sono anche Santi armeni, come San Gregorio Illuminatore, San Biagio, San Miniato, ecc.

I fili che legano i nostri popoli sono così forti e profondi che dopo l’indipendenza dell’Armenia dall’URSS non ci è voluto nessuno sforzo particolare per stabilire ottimi rapporti interstatali con l’Italia.

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