Livia Pomodoro, ex presidente del Tribunale di Milano e attuale presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, da anni guida con successo lo Spazio Teatro Noh’ma. Proprio la Scuola di Restauro dell’Accademia di Brera ha riportato al suo antico splendore una statua che a Milano ci parla di Patria e di Risorgimento: parole quanto mai attuali in questo periodo di ricostruzione sociale post pandemia. Pochi cittadini però conoscono questa statua. E’ l’Italia Turrita realizzata in marmo di Carrara da Alessandro Puttinati nel 1850 e posta 170 anni fa su quello che all’epoca era il rilievo più alto della città, il cosiddetto Montemerlo, oggi a nord-ovest dei Giardini Pubblici Indro Montanelli. Vandalizzata nel 2016 con la rottura di un braccio e di parte del libro su cui erano scritti i nomi dei patrioti deportati allo Spielberg, la statua muliebre simbolo dell’Italia è stata restaurata e oggi inaugurata. Ce ne parla Livia Pomodoro.

 

Presidente, grazie all’impegno dell’Associazione degli Amici dei Giardini Pubblici (AGIAMO) e al restauro del Comune di Milano curato dalla Scuola di Restauro dell’Accademia di Belle Arti di Brera, di cui lei è Presidente, è stata finalmente restaurata con successo  la statua dell’Italia Turrita, situata ai Giardini Pubblici Indro Montanelli. Un omaggio, dunque, a Milano e ai milanesi?

È un omaggio all’Italia essendo anche l’anniversario dei 160 anni dell’Unità d’Italia. Poiché questo è un omaggio di carattere universale è rivolto a tutta la comunità italiana e a tutti  coloro che si identificano in un simbolo, come lo è questa statua dell’Italia Turrita che ci ricorda chi si è sacrificato per i diritti di tutti e per il rispetto reciproco. Non posso perciò pensare che sia un omaggio solo a Milano e ai milanesi, ma a tutta la comunità che in essa si riconosce.

 

Per celebrare questo evento lo Spazio Teatro No’hma, ha realizzato uno spettacolo per la rassegna “Domeniche Speciali” dal titolo: “L’Italia s’è desta! Viva una statua Viva”…

Questo spettacolo fa infatti parte delle “domeniche speciali” del nostro teatro, una rassegna che ha sempre ottenuto un grande successo, anche durante il lockdown. Abbiamo realizzato nel tempo sospeso una raccolta degli spettacoli mandato in streaming per coloro che non potevano uscire di casa. Mentre adesso siamo molto felici di farlo dal vivo. Questo nuovo spettacolo andrà in streaming non solo in tutta Italia, ma in tutto il mondo.

 

Lei ritiene che il patrimonio artistico italiano sia adeguatamente preservato?

Penso proprio di no. Penso che ci siano molte lacune anche di carattere legislativo. L’Italia è un museo a cielo aperto,  Bismark diceva che noi italiani siamo “gli stupidi custodi di un museo”. Sicuramente questa è un’affermazione poco lusinghiera per noi ma è un complimento al patrimonio artistico italiano. Preservare questo patrimonio in assoluto è davvero difficile, però la determinazione nostra e della nostre Istituzioni, io credo, sarà quella di cercare di farlo nel tempo e nel migliore modo possibile.

 

Parliamo di teatri: il No’hma, teatro dedicato alla città di Milano, che lei guida da anni con successo, è sempre stato no- profit con ingresso gratuito e aperto a tutti. Da dove deve ripartire il teatro italiano dopo che la pandemia ha vuotato le sale per più di un anno?

La pandemia è stata un lasso di tempo sospeso in cui hanno purtroppo pagato le conseguenze soprattutto le strutture teatrali, cinematografiche,  di cultura e così via. Io con il mio teatro sono stata particolarmente audace con la messa in onda in streaming e adesso anche in versione  online per  un pubblico mondiale, con un intero palinsesto anche internazionale. E’ stata un’esperienza bellissima. Io credo che il teatro deve avere non solo una ripartenza ma avere soprattutto la voglia di ricostruire le vere ragioni per le quali si fa teatro. Che  non sono soltanto ragioni economiche per riempire le sale, ma sono ragioni che risalgono all’antichità. Ragioni che consentono all’uomo, attraverso la messa in scena teatrale, non solo di rappresentarlo, ma anche di indicare quali sono i grandi problemi dell’umanità, come cerchiamo di risolverli e, soprattutto, di dare suggestioni e suggerimenti per una vita civile più armonica, dotata di quella  bellezza che nel mondo è assolutamente indispensabile.

 

Quando anni fa ha preso le redini del Teatro No’hma, dopo la scomparsa di sua sorella Teresa, ha mantenuto uno stile già intrapreso e che funzionava. Cosa è cambiato artisticamente in questi ultimi anni e quali prospettive per le future stagioni?

Certo, lo stile è cambiato perché anche mia sorella Teresa avrebbe voluto così. Cambiare ed evolversi per arrivare a un pubblico sempre più vasto. Noi tra l’altro non facciamo pagare il biglietto e non abbiamo nessun contributo dallo Stato, ma abbiamo dei mecenati che ci sostengono e finanziano per amore della cultura.  Puntiamo ad un livello altissimo di sperimentazione e al tempo stesso di spettacolo. Ci misuriamo con le compagnie di tutto il mondo: dall’Australia alla Cina. Proprio l’altra sera abbiamo realizzato una rappresentazione straordinaria da Taiwan.  Abbiamo tante occasioni di raffronto e confronto con i teatri e con le rappresentazioni di tutto il mondo. Il Covid ci ha insegnato che il mondo è cambiato e  non è vero che possiamo tornare alla normalità. La parola normalità è, tra l’altro, una parola limitativa. Noi andiamo incontro ad un mondo diverso e nuovo che ci è stato consegnato anche dalle riflessioni sulla vita e sulla morte. Riflessioni che siamo stati costretti a fare e che ci accompagneranno ancora.

 

Il Covid non ha svuotato solo o teatri ma messo in difficoltà l’insegnamento in generale: scuole, università e anche l’Accademia di Belle Arti di Brera, che conta quasi 5000 iscritti. Come avete organizzato i corsi per non interrompere l’attività?

Gestire l’Accademia è stato complicato ma noi abbiamo realizzato una piattaforma  per i nostri studenti, in particolare cinesi, in quanto ci sono problemi che con il satellitare non si possono superare. E l’abbiamo fatto per consentire agli studenti di completare i loro studi, anche se lontanissimi  da Milano e dall’Accademia. Recentemente ho fatto un’inaugurazione dell’anno accademico 2021 e ho detto ai miei studenti, e a tutti coloro che hanno partecipato, che  quest’ultimo anno e mezzo  ci è servito per lavorare alacremente ad immaginare il futuro. Un futuro di relazioni internazionali, di nuove conoscenze, di nuove esperienze. Abbiamo messo in campo una grande disseminazione di attività artistiche: dallo scalo a Farini, all’ex Isotta di  Fraschini di Saronno, alla Cascina Ovi di Segrate.   Insomma ci stiamo espandendo in tutto il mondo perché i nostri giovani devono immaginare un futuro forte e  significativo anche di raffronto di esperienze creative diverse.

 

Che importanza può avere l’arte nella ripresa, non solo economica ma anche psicologica nella gente?

Grandissima. Pensi a quanta gente oggi viene in teatro e ringrazia per avere finalmente un luogo in cui potersi incontrare. Per la cultura ed il teatro arriva gente da tutto il mondo, attratti dalle esperienze culturali che noi proponiamo e vogliono confrontarsi con noi perché qui in Italia trovano qualcosa in più.

 

Esiste una metropoli internazionale che può rappresentare per Milano un modello a livello culturale?

Pensi a quando parlavamo della Grande Mela, di New York o di città esotiche come Seul, dove la Corea del Sud ci ha insegnato tante  cose sulla danza.. Ci sono competenze che arrivano in tutte le città del mondo. Quello che noi dobbiamo fare, e cercare di ottenere con i nostri cittadini, è che le nostre città siano luoghi a loro misura, dove vivere bene e in armonia con gli altri. Ma, soprattutto, quello che dobbiamo riuscire ad ottenere è che la nostra dimensione umana, professionale e scientifica non venga sminuita dalle esigenze di profitto, ma esaltata da quelle dell’arte.

 

Palazzo Reale, il Pac, La Scala, la Triennale, il Piccolo Teatro, Brera, sono istituzioni che rappresentano la cultura italiana nel mondo, secondo lei?

Ma certamente. Il nostro brand dell’Accademia di Brera, per esempio, non è solo un brand a livello internazionale,  ma produce un’economia molto forte come indotto proprio qui a Milano. Un indotto forse anche superiore a La Scala. Come vede abbiamo tutte le potenzialità per poter dire che la cultura italiana nel mondo può essere un  biglietto da visita straordinario.

 

Cosa si augura per il futuro dell’Italia?

Di trovare finalmente una strada che sia adeguata alle esigenze di tutti i cittadini, nessuno escluso. Che quindi non ci sia diversità, che ci sia rispetto degli uomini e che la dignità di ognuno, in qualsiasi luogo sia nato e a qualsiasi comunità appartenga, venga rispettata nel miglior modo possibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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