Nella vita, a volte, occorre prendere posizione. Uscire dal torpore, dalla comodità del silenzio, per dire da che parte si sta. Per dimostrare che non si vegeta, per offrire una testimonianza, per affermare un’idea. Giusta o sbagliata che sia.

Mai come in questo momento storico, ad esempio, è il tempo di dire, con orgoglio e a testa alta, che si sta dalla parte delle madri e dei figli. E magari anche un po’ al fianco di Eleonora Cimbro. La deputata del Pd ha postato su fb una foto che la ritrae mentre allatta al seno il figlio. 13177670_10209208204791716_5928959893962526527_nA corredo, poche parole: «Io continuo a credere che il legame che si crea tra una mamma e il suo bambino nella vita prenatale sia fortissimo e che nessuna mamma volontariamente doni il proprio figlio ad altri per altruismo. E che questo legame duri tutta la vita». Banalità, si sarebbe commentato fino a qualche anno fa. Adesso, invece, certe opinioni occorre quasi bisbigliarle in maniera carbonara, se non si vuole rischiare la forca. Alla Cimbro è capitato di essere pubblicamente censurata da cinque suoi compagni, parlamentari e di partito, che in meno di un amen l’hanno additata d’essere una bigotta. Scatenando consapevolmente, e probabilmente anche volutamente, una corsa all’offesa ed al linciaggio nei confronti della collega, mandata al rogo mediatico per il suo presunto oscurantismo.

Ora: che sulla maternità come sulle unioni civili e, più in generale, su ogni altro aspetto della quotidianità, si possano nutrire visioni differenti è normale. In democrazia, anzi, è (dovrebbe essere) un bene. Ma da qualche tempo a questa parte sul versante dei sedicenti libertari e progressisti va affermandosi un’intolleranza intollerabile. E chi contesta le ragioni dell’altro finisce con l’applicare all’ennesima potenza i principi che dichiara di voler contestare. Salvini è un razzista? Niente di più democratico che bruciare i libri da lui scritti. Del resto, non faceva così coi suoi avversari anche quel campione di libertà di nome Adolf Hitler? E se il professor Angelo Panebianco si permette di sostenere che in Libia una qualche presenza militare è necessaria, che si fa? Gli si occupa l’aula in cui tiene lezione, da bravi colonizzatori 2.0. Quando poi Giampaolo Pansa va in giro a presentare i suoi scritti sulla Resistenza, lo si bracca e contesta ovunque per tappargli la bocca: non erano morti per questo, per cancellare la facoltà di parola e di pensiero, i partigiani?

C’è da preoccuparsi, in questo Paese, per come vanno le cose. Dopo un ventennio sull’onda del politicamente corretto, passata la sbornia va facendosi largo la violenza – sempre più non solo verbale – di chi non ha nulla da dire, ma ha tanto da urlare. Il dibattito mai iniziato sulla maternità surrogata – e quello truce sul post della malcapitata Eleonora Cimbro – lo dimostra. E il Governo del Rottamatore rottamato ci mette del suo: questione di fiducia per il voto finale sulle unioni civili. Non c’è più spazio per confrontarsi, in Parlamento e nelle piazze. «S’è discusso per decenni, adesso è il momento di decidere», ripete Renzi a ogni piè sospinto, che si tratti di giocare a briscola e calare l’asso o di cambiare la Costituzione, che tanto per lui pari sono. Via i corpi intermedi, svuotate di senso e funzioni le camere di compensazione sociali e politiche, s’avanza il liderismo da operetta: a giudicare dalle cronache parlamentari e dall’Italia vista attraverso la lente dei social forum (e differenza non se ne trova) sembra d’essere tornati indietro di secoli. Quando la formula delle relazioni era una ed una sola, riassunta da Giuseppe Gioachino Belli nei suoi sonetti: «Io so’ io, e vvoi nun zete un cazzo».

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