Eh no, cara pulce. Non ci siamo. Non è così che si fa. Hai sbagliato un calcio di rigore e per questo la tua Argentina, per la terza volta di fila, ha perso una finale. Va bene. Macchissenefrega: non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore.AFP_CH08X-k9sH--896x504@Gazzetta-Web

Proprio tu, poi, dovresti saperlo meglio degli altri: sei ricco, bello, famoso. Insomma, dalla vita ha avuto tutto ed a quelli come te la vita regala sempre un privilegio sopra l’altro. Anche quello di essere modelli da imitare. Ricordi? Qualche anno fa l’Unicef ti ha nominato suo ambasciatore, perché tu potessi parlare ai bambini e spiegare loro la forza dei sogni, perché tu potessi insegnare agli adulti a non trattare da schiavi i bimbi. E che fai ora? Fai cilecca (per una volta) e ti ritiri?

No, caro Leo. Non è così che si fa. Rispettiamo le tue scelte, condividiamo il tuo dolore, apprezziamo la tua onestà, ma se pesi bene i sentimenti in gioco ti accorgerai che è solo l’egoismo (il tuo) che rischia di vincere la partita. Null’altro. Da quel campo non puoi uscire. Almeno, non per un tiro sballato. Per rispetto verso chi ti guarda da casa e veste le tue magliette. Per chi pur di rimanerci, in campo, ha affrontato sfide più gravi. Non solo contro se stesso.

Chiedi a Eric Abidal, ex difensore del tuo Barcellona, capace di battere un tumore al fegato con un tackle scivolato di testardaggine e voglia di vivere. Fai una telefonata a Francesco Acerbi, più modesto ma ugualmente orgoglioso e dignitosissimo giocatore del Sassuolo: lui un calcio lo ha dato al cancro ai testicoli per tornare a segnare in serie A. Alla faccia di chi lo vedeva già con un piede nella fossa. Come Janko Tipsarevic, uno che dopo aver perso il match sorrideva e saltava come un fanciullo davanti ad un lecca lecca magnum: a maggio, al Roland Garros, il tennista serbo era stato appena preso a pallate dal canadese Milos Raonic. Eppure festeggiava: dopo aver affrontato un tumore e tre interventi chirurgici, aveva potuto rimettere piede sul rosso.

No, Leo, non puoi. Metti la maglia dell’Albiceleste e risali a bordo, chè di capitani senza coraggio è già pieno il mondo.

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