Giorgio-NapolitanoGiorgio nacque a Napoli per sventura. Era diretto a nord, dalle parti del castello di Racconigi, dove lo attendeva una famiglia di alto lignaggio di cui mai nulla si seppe. Mentre era in volo, si sfilò dal fagotto della cicogna e cadde ai piedi del Vesuvio. E perciò all’anagrafe fu registrato come Giorgio il Napolitano.

Fu allevato da una famiglia benestante che impartì ordini precisi alla governante: il pargolo doveva essere tenuto lontano dalla plebe; uniche frequentazioni possibili, salotti chic, scrittori ed intellettuali.

Fino ai dieci anni non ebbe cognizione del fatto che in quella città vi fossero vicoli bui e panni stesi, bambini scalzi, guappi, femminielli e malefemmine. Quando da adolescente vide per la prima volta un operaio ebbe uno choc. Rinvenne grazie ai sali e fu portato in una villa sulla collina di Posillipo. Con la dovuta cautela, la governante gli svelò che Napoli era infestata da zotici mangiatori di pizze e strimpellatori di mandolini e che per essere à la page non doveva mai e poi mai venire a contatto con uno di essi.

Sempre vestito di tutto punto il piccolo Giorgino non ci pensò due volte ad indossare camicie monocromatiche perché, fino al 1945, andava di moda il nero. Fu un Guf (Giovane Universitario Fascista), ma un fascista ‘diverso’, così come è sempre stato un napoletano ‘diverso’.

Appena cambiò il vento rimpiazzò il nero con il rosso. E diventato adulto, si inventò una nuova professione, quella del ‘migliorista’. Voleva rendere migliore il comunismo italiano; troppo operaista, troppo falce e martello, troppo terra-terra per i suoi gusti. Era un comunista sì, ma ‘diverso’.

Non vi riuscì, ma in fondo non gli interessava più di tanto perché, nel frattempo, le sue nobili origini lo avevano portato a occupare gli scranni più alti di Botteghe Oscure e di Montecitorio.

Ma il sogno era portare a termine quel viaggio interrotto della cicogna. E nel terzo millennio vi riuscì. Prese infatti residenza, e per lungo tempo, al Quirinale, vecchia dimora sabauda. Lì, si impratichì nel tipico gioco napoletano delle tre carte, facendo apparire e scomparire in un battibaleno maggioranze di governo, presidenti del consiglio, ministri e senatori a vita.

Ora è in pensione, ma è un pensionato ‘diverso’. Si diverte ad apostrofare i leghisti che inveiscono contro l’Europa. Un tempo lo faceva lui, quando esaltava l’avanzata dei carri armati russi in Ungheria ed aveva in odio il vecchio continente.

Ma diamine! Lui lo faceva in modo ‘diverso’, mica come quei zoticoni della Lega.

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