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A proposito della discussione pubblica sulla eventuale scarcerazione di Totò Riina per motivi di salute, riporto alcuni brani tratti dal mio libro L’ubbidiente democratico.   

 

“Il Minculpop del politicamente corretto assume su di sé il carico di modello civile assolutizzante e si snoda in mille modi più o meno visibili. E nel suo armamentario ampio e variegato non può mancare l’inibizione ideologica nei confronti di chi sostiene un teorema abbastanza semplice: chi sbaglia, paga. A favore del colpevole di qualche reato penale e che perciò sconta il suo crimine nelle patrie galere, si mette sempre in moto un circolo mediatico che astutamente combina atteggiamenti caritatevoli, filantropia e finalità civilizzatrici con una così imponente forza di convincimento da far diventare problematico ribattere e mantenersi ben saldi sulle proprie posizioni. (…).

C’è nella brodaglia di cui parlavo prima, qualcosa di consistente, seppur non visibile a tutti. Alligna nella società attuale la logica del ‘nessuno tocchi Caino’ al posto del ‘nessuno tocchi nessuno’ che ribalta una indicazione biblica in un dogma sociale ferocemente settario. Ed è forse proprio qui che si è inceppato il meccanismo; vale a dire quando i santoni di una certa intellettualità hanno alimentato l’idea che una società evoluta debba sempre muoversi nell’alveo della correttezza politica il cui fatale sbocco risieda in una tolleranza che sfoci nel perdonismo. Ma la vita non è un’avventura per educande che fanno vanto della loro irreprensibilità e, purtroppo, nemmeno quel mondo fatato che immaginavamo da piccoli. Tra il profluvio di coccarde libertarie che imperversano a destra e a sinistra ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di ammettere che solo aiutando Abele a non diventare Caino possiamo poi pensare a salvare quest’ultimo? Fingendo invece di sposare ogni tipo di asserzione perché di moda o qualunque patacca ideologica tronfia di sguaiata esuberanza (e che dovrebbe provocare un moto di orrore per il solo fatto che se ne fanno ancora riserve di caccia elettorale) si rischia di non saper più uscire dal minaccioso disagio del cupio dissolvi. (…).

Ma un filo sottilissimo tiene insieme la tolleranza e la volontà prevaricatrice di azzerare gli effetti delle tragedie con un colpo di spugna travestito da magnanimità evangelica; senza mettere nel conto il rischio che non espiare le colpe possa rappresentare la più alta manifestazione di ingiustizia e di barbarie nei confronti di chi è vittima, lo zenith dell’anarchia. Perché se non possiamo eliminare la violenza dalla storia, è pur vero che, per quanto possibile, possiamo contenerla attraverso diritto e certezza della pena.    ”

 

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