I guai per Ryanair, una delle più importanti ‘low cost’ al mondo, sembrano non aver fine. La compagnia irlandese ha annunciato che, dal 10 novembre e fino a marzo, ridurrà la flotta di 25 aerei e, dal 2018, saranno almeno 10 gli aerei in meno utilizzati. A fine ottobre avrà dunque cancellato oltre duemila voli con disagi per complessivi 400mila passeggeri.

Taglio adottato per far fronte a un piano ferie straordinario dei piloti. Motivazione plausibile ma francamente non del tutto esauriente rispetto già ad una lettura poco smaliziata. Perché qui siamo di fronte, e per la prima volta, ad una concatenazione di eventi che si pone come paradigma dell’intero contesto culturale che sorregge una pervadente ideologia economica.

Ormai è chiaro che dietro tutto ciò, e quindi anche dietro l’esodo dei piloti e degli equipaggi, ci siano sopratutto condizioni di lavoro intollerabili, lontane da standard che almeno sulla carta vengono universalmente riconosciute. Probabile che, grazie a Ryanair, si stia scoperchiando un vaso di Pandora di cui tutti conoscevamo l’esistenza ma di cui le massime istituzioni politiche internazionali facevano finta di ignorarne il contenuto. Perché l’economia sulfurea del terzo millennio che offre infiniti vantaggi ad ogni singola persona e, al contempo, toglie diritti all’operaio e all’impiegato in ogni sua forma e contesto, è per la grande massa lavoratrice una triste e concreta realtà.

La stessa questione delle tasse non pagate negli Stati in cui fanno profitti da parte di colossi come Facebook e Google rappresenta un aspetto dello stesso problema. Anche in questo caso si confondono capziosamente opportunità e svantaggi. I sostenitori di questa ideologia economicista tendono infatti sempre ad amplificare le prime in modo da circoscrivere pericolosità e estensione dei secondi.

Dietro i voli a bassissimo prezzo, di cui pure noi beneficiamo, o le stupende possibilità offerte dalla rete e dai social network, c’è il marchio evidente di coercizioni ai singoli individui e al potere legittimo degli Stati nazionali. Invero, questo modello economico da una parte agevola la nostra vita e dall’altra, tendendo solo alla crescita infinita del valore delle aziende, finisce per utilizzare gli operai come strumenti mai indispensabili, e perciò pronti ad essere divorati o espulsi dai processi produttivi.

Un capitalismo malato e deforme che si nutre di uomini per alimentare sé stesso e di cui avevamo letto in saggi oramai in disuso ed ora tornati di moda.

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