La più grande delle Fake news si trova a ridosso di Napoli. E possono farcirla con ogni possibile mieloso aggettivo ma la realtà è pronta a smentirli. È la stazione ferroviaria di Afragola, quella definita la più bella del mondo solo perché disegnata dall’archistar Zaha Hadid. Costata 70milioni di euro, nata male e cresciuta peggio, rischia di diventare una cattedrale nel deserto come pure tanti commentatori avevano profeticamente annunciato.

Un monumento alla modernità su cui si continuano a riversare valanghe di elogi nonostante si sia perso il conto delle inaugurazioni a dimostrazione che il parto non è stato del tutto indolore. In una delle ultime, quella del 2015, il Governatore De Luca, austero come suo solito, tuonò: <<questa non è la quarta inaugurazione, è l’ultima>>. Difatti, a giugno di quest’anno, ci siamo ritrovati con l’ennesima passerella per una nuova inaugurazione, questa volta con Gentiloni, il Ministro Delrio, Gioia Ghezzi e Renato Mazzoncini, Presidente e AD di FS Italiane.

Un pachiderma avveniristico di dimensioni colossali adatto per servire un flusso …udite, udite, di sole 29 partenze giornaliere. Quasi un treno ogni ora. E che qualcosa non andasse per il verso giusto se ne accorse già la Corte dei conti quando in maniera perentoria stigmatizzò l’investimento eccessivo, a suo dire sovradimensionato rispetto al numero di potenziali viaggiatori. Così come ne ebbe consapevolezza lo stesso sindaco di Afragola che, pur tra consueti convenevoli e reiterati tagli di nastro, non si astenne dal definirla un’astronave abbandonata nei campi.

Per verificare se il timore del primo cittadino sia fondato, basta compiere una breve visita. Appena entrati, gli ultimi dubbi vengono fugati e saltano all’occhio deficit e inefficienze.

Nonostante la campagna mediatica ossessiva e le smentite delle istituzioni, la stazione mostra proprio le stimmate di una futura cattedrale nel deserto, come se ne vedono tante in giro per il nostro Paese. Ancora oggi sono manifeste le deficienze sul piano logistico, dell’accoglienza ai clienti e dei servizi. All’interno si vaga invano alla ricerca di un’edicola, di un negozio, un ristorante, un bar. L’unico che c’era, ora è chiuso grazie a possenti catene e ad una bella ordinanza di sequestro. Tanti controsoffitti sono spaccati e dalle interiora di questo mostro di tecnologia penzolano fili elettrici di vari colori. A far compagnia al passeggero in attesa del treno quantità industriali di polvere disseminata su finestre, pavimenti, muri, poltrone, sedie. Si segnalano per la loro ossessiva presenza anche i nastri segnaletici rossi e bianchi che delimitano non poche zone ancora inaccessibili al pubblico.

All’esterno la situazione non muta e non dirado si vedono operai su impalcature. Il parcheggio è privo di pedaggio non per scelta ma perché non funzionante. Fino a Giugno era sotto sequestro perché i magistrati pensavano fossero stati occultati nelle fondamenta rifiuti tossici e nel recente passato, hanno pure sviluppato un filone d’inchiesta per vagliare le «autorizzazioni a costruire».

La segnaletica esterna che dovrebbe facilitare gli automobilisti latita e si rischia di vagare senza meta, peraltro, in una zona di per sé già isolata in cui posteggiano notte e giorno prostitute di colore. E la questione logistica non appare secondaria se rimarchiamo il fatto che solo un paio di settimane fa una donna ebbe un arresto cardiaco e morì dopo aver atteso invano l’arrivo rapido di una ambulanza che invece giunse dopo più di un’ora.

Tutte queste informazioni le abbiamo raccolte in una dozzina di minuti, tanti quanti sono serviti al vice-ministro Calenda per compiere il tragitto dal binario all’uscita e che, cortesemente, si è fatto immortalare dal sottoscritto all’entrata della stazione, evidentemente pensando ad un fan del Pd.

Sono certo avrà fatto le mie stesse considerazioni.

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