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Se c’è un tema che la recente campagna elettorale ha toccato con una certa assiduità è stato quello della sicurezza. Tuttavia, non è sfuggito ai più che, in non rari casi, le esigenze di un dibattito serrato volto alla raccolta del consenso si sia impantanato su alcune specifiche questioni (il tema della ‘legittima difesa’, per esempio) escludendo dal circuito delle analisi e delle discussioni tutto quanto il resto… che non è poco e tantomeno di facile soluzione. E quando parliamo di ‘tutto quanto il resto’ il riferimento va diretto alla macro-criminalità così pervasiva e centrale nella realtà sociale di intere regioni ma anche alla ‘micro’ che, per natura e vastità, provoca non minori seccature (per usare un eufemismo) sul piano delle vite individuali e delle comunità più ristrette.

Al Sud tutte le vicende che attengono specialmente, ma non solo, alla lotta al racket, alle estorsioni mafiose, al contrasto dei fenomeni criminali e alla diffusione della cultura della legalità si condensano in alcune specifiche zone con una intensità, violenza e potenza di fuoco e di pervasività a tutti i livelli che non ha pari in nessun paese occidentale.

Quando nelle regioni del Nord si parla di «grave malessere urbano» il riferimento è a vicende criminose pesanti ma che fanno capolino solo da qualche anno; quando invece in quelle del sud si accumulano vecchi problemi irrisolti a nuovi e che oramai si intersecano con una acclarata e scadente qualità della vita, a problemi relativi al tasso di scolarizzazione e alle sue conseguenze sul lungo periodo, ad una altissima disoccupazione, a reati di varia natura (ma in particolare quelli predatori) e a omicidi e furti, si fa in modo da tenere sempre troppo alta la percezione di insicurezza da parte dei cittadini, oltre ogni limite consentito. E non è solo percezione.

Le province di Napoli e Caserta sono in tal senso un unicum. In quelle zone, come se non bastasse, si segnalano frequenti reati nella pubblica amministrazione, e vi sono intere aree geografiche non di piccole dimensioni che fondano parte rilevante della propria economia sulle ‘centrali del falso’ o le truffe sui fondi pubblici.

Tali considerazioni non sono sulfuree e noiose reiterazioni di certa pubblicistica sociologica ma dati che vengono segnalati annualmente dai più quotati istituti di ricerca. Sono, appunto, il cancro da cui qualunque azione politica dovrebbe ripartire e che invece professionisti dell’antimafia e una mediocre classe politica contribuiscono a lasciare integro.

L’infiltrazione mafiosa nell’economia legale non solo è un cancro quasi inestirpabile ma una metastasi che oramai tenta di consolidarsi anche in talune aree del Nord, dove le organizzazioni criminali agiscono in maniera differente, e cioè prevalentemente inquinando il mercato dei capitali, grazie al quale non poche imprese possono ‘godere’ di legami di dipendenza diretti o indiretti. Ma tutto questo, in campagna elettorale viene lambito mentre sono toccati punti inerenti alla questione multiforme e complessa della legalità più spicciola, quella per esempio legata ai furti in casa e a fatti criminosi di questo tipo. Se dunque ci si attende una risposta energica da parte della politica si rischia di rimanere delusi e quindi deve esser sollecitata dalla società civile.

Caserta, che è la provincia martoriata per eccellenza, titolare di una delle mafie più potenti al mondo, terra di Gomorra e dei Fuochi e di mille altre questioni tenta coraggiosamente di mettere insieme energie varie per avversare tali fenomeni tenendo presente che, come diceva Giovanni Falcone, nessuna istituzione degna di questo nome può chiedere o pretendere dal singolo cittadino di diventare un eroe e sostituirsi alle forze di governo nelle varie articolazioni territoriali.

Ecco perché iniziative che innervano associazionismo, forze dell’ordine, magistrati e rappresentanti della Chiesa cattolica in un territorio sconquassato come quello, non possano che rappresentare un punto positivo. E dunque il fatto che questo accada in un momento di impasse politica e dopo la bagarre della campagna elettorale fornisce maggior forza ad una iniziativa pubblica (che segnaliamo) come quella capeggiata da Enrico Trapassi e dalla sua associazione, e che vedrà al tavolo dei relatori Nicola Barbato (poliziotto e medaglia d’oro al valor civile), magistrati come il Procuratore aggiunto Rosario Airoma (Vicepresidente centro studi Rosario Livatino) e don Aniello Manganiello.
Iniziativa che, venerdì 20 aprile, tenterà di porre un sigillo, una sorta di timbro per una nuova ripartenza, riportando ‘nero su bianco’ le varie «esperienze di legalità e giustizia» che pure esistono in quella terra, ma anche tentare di segnare un percorso insieme di resistenza e di rinascita.

 

 

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