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Christian Raimo rimugina con una certa periodica ossessività sui propri tormenti che sono poi linfa vitale di certa sinistra; quella sinistra che, per decenni, ha monopolizzato cattedre universitarie, studi televisivi, case editoriali e tutto il resto. Congettura chissà quali scenari di fronte ad una realtà che, a leggerla con animo spurio da farneticante ideologia, rientra nella normale elaborazione culturale e nella più ordinaria discussione pubblica. Ma agli emancipati progressisti del nostro tempo provoca una sgradevole orticaria quella galassia di case editrici, convegni, associazioni culturali ed iniziative editoriali che, negli ultimi anni, sta incrementando a dismisura la propria presenza e pervasività.

«I neofascisti si stanno organizzando» e poi «L’antifascismo oggi o è militante o non è» sembrano slogan dei tempi di Valle Giulia. La seconda affermazione di Raimo, tuttavia, non merita alcuna confutazione. Ho in più occasioni scritto che il fascismo fu mille cose ma essenzialmente traducibile e sintetizzabile nella figura di Mussolini. Storici di chiara fama (si dice così, no?) hanno spiegato molto bene questo concetto e sciorinato ogni possibile motivazione, prima e meglio di me. Senza Mussolini non è più possibile immaginare una riproposizione del fenomeno se non in termini folkloristici e, in alcuni casi, parodistici. Dunque, anche l’antifascismo di cui Raimo mena vanto è una caratterizzazione ideologica che si connota identitariamente grazie alla ineludibile necessità del riconoscimento di un nemico; che, però, come dicevo, non esiste. E che non esisterà più perché Mussolini è morto nel 1945.

Certo, la bravura di questi signori è stata (ed è) quella di aver trasposto su un altro piano la questione e di averla agghindata col solito taglio moralistico e manicheo. Tanto bravi da aver trasformato un sostantivo in aggettivo e quindi, per definizione, dando la possibilità ad ogni controversia contemporanea di identificarsi e spiegarsi in quel termine: un uomo che picchia un altro uomo è infatti da ritenersi un «fascista»; un imbecille che importuna ed usa violenza verso una donna di colore è un «fascista», e così via. Ma questa è cosa nota! E se i ‘sinistri’ non vogliono capirla, noi ce ne faremo una ragione.

Ciò che inquieta è il rimestare nel torbido; far passare l’idea che il solo fatto che piccole case editrici che hanno una discreta eppur significativa presenza sul territorio nazionale ma che non accedono ai soliti circuiti di Premi letterari, Fiere e cose del genere (sempre monopolizzati dalla sinistra tanto cara a Raimo e a tutti coloro che gli esprimono consenso ogni qual volta lancia slogan di questo tipo), sia esso stesso elemento preoccupante per la tenuta democratica. Insomma, un evento spurio dalla ‘normalità’ democratica.

Sarei anche stanco di ribattere a questa solfa reiterata, antica e improduttiva almeno sotto il profilo dell’elaborazione culturale. Per ciò che mi riguarda continuo a credere che l’impegno di tanti amici e di tante penne brillanti come Giuli, Stanca, Giubilei, Dell’Orco, sia utile per articolare la discussione intellettuale e non renderla asfittica.

E mi sembra ancora più offensivo e irrispettoso il fatto che citando le passate Fiere del Libro, Raimo affermi che «però era garantita la presenza di case editrici catacombali come le Edizioni di Ar». A ben intendere… si direbbe una sorta di ‘’operazione Panda’’, di cui quasi dovremmo ringraziarlo(li) per la indubbia magnanimità. Mentre adesso si debba segnalare come pericoloso il fatto che i libri pubblicati da case editrici ‘’non progressiste’’ (Raimo, va bene non progressiste?) inizino ad essere tanti, troppi, e allora il fenomeno andrebbe immediatamente regolato (ed uso il termine ‘’regolato’’ come eufemismo).

Caro Raimo, si rassegni e soprattutto non metta nello stesso calderone picchiatori e complottisti, terrapiattisti e nazisti dell’Illinois, razzisti e chi reputa necessario regolare i flussi migratori, sovranismo e totalitarismo, conservatorismo e medioevo, chi legge Heidegger e chi vuole gasare gli ebrei, la questione rom, le curve di calcio, Luca Traini, Torre Maura e Primo Levi.

E’ un giochetto che non funziona più! O meglio, funziona solo nei talk show politici, veri e propri teatrini del nulla, e nelle Fiere e nei Premi Letterari dove si incontrano e si premiano gli amici degli amici.

Io scrivo di Ernst Jünger e di Prezzolini, di Scruton e di Longanesi, di Aron e di Simone Weil, e tento di non fare macedonie. D’altra parte il ‘sinistro’ Giovanni Raboni, dalle colonne del Corriere della Sera, disse che erano i più importanti scrittori del Novecento. Ma questa è storia a Lei nota.

Eviti di farne anche Lei di macedonie! C’è un mondo al di fuori della sua finestra. Respiri a pieni polmoni e non abbia timore.

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