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Conte "il rosso" tra tasse e migranti

Conte "il rosso" tra tasse e migranti

Sempre più rosso che giallo. Entrato in quota grillina, Giuseppe Conte sta lentamente completando la propria metamorfosi. Quale sarà il suo futuro politico è impossibile predirlo. Certo è che il riposizionamento del premier è collocabile, almeno a livello ideologico, tra le braccia della sinistra. Niente di cui meravigliarsi: nel Movimento 5 Stelle non manca certo la componente progressista che, a periodi alterni, domina o soccombe rispetto all’ala più conservatrice. In questa fase di governo “Giuseppi” ha deciso di dare una pericolosissima virata a sinistra alla propria strada. È solo opportunismo o sta svelando la sua reale natura?

A distanza di un anno dalla fine dell’esecutivo con la Lega, viene da sorridere a immaginare quanto deve aver sofferto quando sedeva a trattare al tavolo con Matteo Salvini. Non dobbiamo lasciarci trarre in inganno, però. Il caso della Ocean Viking è solo l’ultima accelerata in ordine temporale. Ieri pomeriggio la nave di Sos Méditerranée, con a bordo i 180 clandestini, che la Francia e Malta non hanno voluto accogliere, ha incassato il via libera a sbarcare a Porto Empedocle. Conte ha ceduto al ricatto dell’ong francese al termine di un lungo, ma stranamente silenzioso braccio di ferro che, a questo giro, non ho trovato sponda tra i parlamentari piddì. Che fine hanno fatto Graziano Delrio, Matteo Orfini e Davide Faraone che l’anno scorso sono andati in soccorso di Carola Rackete? I dem si sono guardati dal salire a bordo per non attaccare lo stesso governo di cui fanno parte. Alla fine, nonostante il gelo che è venuto a crearsi negli ultimi giorni tra il premier e il segretario piddì Nicola Zingaretti, sono comunque riusciti a passare all’incasso.

Sono settimane che Conte si coccola l’elettorato del Partito democratico. Venerdì scorso, per esempio, insieme alla compagna, ha fatto un’improvvisata alla proiezione inaugurale del Cinema America. Prima ha posato per alcune foto con la maglia degli attivisti, poi si è seduto sui cuscini a terra per vedere il film La bella vita di Paolo Virzì. Nel pomeriggio, a Palazzo Chigi, aveva ricevuto i frati di Assisi per farsi illustrare un documento che promuove “un’economia circolare e sostenibile come risposta alla crisi climatica e finanziaria del nostro tempo”. Tutto fumo negli occhi, per carità. Ma anche i gesti hanno valore. E, dopo il faccia a faccia di giovedì scorso con Zingaretti e la (finta) armonia ritrovata, il governo se ne è uscito con un programma per rilanciare il Paese a dir poco delirante. Al prossimo Consiglio dei ministri il governo dovrà varare il Programma nazionale di riforma. Da lì capiremo se premier e segretario dem hanno fatto pace davvero. Non solo. Capiremo anche chi avrà la meglio sul Mes. Prendere o lasciare? I dem sono favorevoli, i grillini no. Nel frattempo, però, il piano dell’esecutivo è una summa della peggior ideologia di entrambi i partiti. Si ripropongono (ahimè!) di far svoltare l’Italia imbrigliando le aziende con l’ambientalismo. Annunciano un fantomatico “alleggerimento della pressione fiscale” paventando, però, “una riforma complessiva della tassazione diretta e indiretta”. E rilanciano la crociata di bandiera della parità di genere. Un vero e proprio buco nell’acqua, insomma.

Silenziata l’ala di destra del Movimento 5 Stelle, Conte spinge il Paese a sinistra. Tornano i porti aperti e torna pure una politica economica assistenzialista e nemica di chi ha ancora il coraggio di fare impresa in Italia. In un momento tanto difficile, è la ricetta peggiore se vogliamo provare a rialzare la testa e venir fuori dalla crisi scatenata dalla pandemia.

Per questo il capitolo giallorosso andrebbe chiuso al più presto e la parola riaffidata agli elettori.

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