Coronavirus

Così ci facciamo male

Così ci facciamo male

Stato di emergenza perenne. Il premier Giuseppe Conte ci sta pensando. Mancano un paio di settimane alla fine di quello decretato quando è scoppiata l’emergenza coronavirus, ma sul tavolo di Palazzo Chigi è già pronto il foglio che proroga la sospensione della democrazia per altri sei mesi. Se verrà decretato, ci attende un altro semestre sotto vuoto: non solo al presidente del Consiglio rimarrebbe il diritto di emanare (quando e come vuole) tutti i Dpcm che più gli aggradano, ma c’è anche il rischio che alle prime avvisaglie di una recrudescenza dei contagi venga decretato un nuovo lockdown. Va benissimo preservare la salute dei cittadini, ma qui sembra che per tenere in vita un governo in coma si finirà per ammazzare un intero Paese.

Non ci sono evidenze scientifiche per prolungare lo stato di emergenza. Non lo dico io che sono un signor nessuno. Lo dicono, senza troppi giri di parole, luminari come il professor Alberto Zangrillo, il virologo Massimo Clementi, che ha minacciato di scendere in piazza qualora Conte dovesse procedere su questa strada, e l’infettivologo Matteo Bassetti, tanto per citarne alcuni. Il lockdown, deciso in modo rocambolesco a marzo, ha sicuramente contribuito a salvare moltissime vite evitando che il contagio si propagasse in tutto lo Stivale e che il sistema sanitario nazionale collassasse definitivamente. Da mesi, però, gli indicatori registrano la ritirata del virus. Pertanto basterebbero i consigli dei virologi (l’uso della mascherina, l’igiene personale e un minimo di distanziamento) per evitare che l’indice del contagio torni a valori preoccupanti. Tenere il Paese ancora sotto una campana di vetro rischia di ferire sia la democrazia sia l’economia.

Andiamo con ordine. Per mesi, facendosi scuso dell’emergenza sanitaria, Conte ha esautorato il parlamento. Si è circondato di innumerevoli e strapagate task force ed è andato avanti a suon di Dpcm. I risultati non sono stati dei migliori? Qualche dubbio sulle tempistiche nell’attuazione delle zone rosse, lo hanno sollevato pure i pm di Bergamo che stanno indagando sulla strage in Val Seriana. E che dire degli interventi economici? Il rilancio non c’è stato. Due milioni di italiani stanno ancora aspettando la cassa integrazione e i bonus, sventolati come un trampolino per la ripartenza, si sono rivelati del tutto inutili. Non c’è alcun motivo perché il premier continui su questa linea. E tagliar fuori le Camere per salvare un governo fiaccato dai litigi non farebbe altro che togliere fiato alla democrazia.

Lo stesso discorso va fatto al tessuto sociale e produttivo. Gran parte del Paese non è mai uscito dal lockdown. Ancora troppe persone sono rinchiuse a lavorare in casa. E il governo sta valutando la possibilità di estendere lo smart working fino a fine anno. A mio avviso è una follia. È, infatti, arrivano il momento di aprire gli occhi: se andiamo avanti così, la nostra economia non ce la farà. Vivere in una bolla blocca i consumi, fa fallire negozi, ristoranti e imprese e genera disoccupazione. Non ricordo in vita mia il centro di Milano così vuoto. Per le strade non solo non si vedono turisti, ma nemmeno la frenesia dei lavoratori. Le strisce blu delimitano il vuoto per svariati metri. E le saracinesche di molti bar continuano ad essere abbassate. È inutile tenere aperto se nessuno entra per ordinare nemmeno un caffè. Prima o poi, lo stesso ragionamento inizieranno a farlo anche i grandi marchi che vedono l’e-commerce “rubargli” sempre più introiti. Fino a quando reggeremo ad andare avanti così? Anche chi si sente immune dalla crisi economica, deve capire che se il sistema viene giù, viene giù per tutti. E allora rischieremo di farci male.

Molto male.

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