Vorrei rendervi partecipi – almeno un po’ – della leggerezza  che lo psicologo Stefano Gastaldi è riuscito a trasmettermi in un’ora e mezza di chiacchierata. Gastaldi è il responsabile scientifico di Attivecomeprima, la onlus nata nel 1973  per aiutare le donne operate al seno (che oggi sostiene psicologicamente chiunque si ammali di cancro) e in più fa parte del comitato etico dello Ieo, istituto europeo di oncologia. Insomma, è uno che degli effetti del tumore se ne intende. E parliamo soprattutto dello strascico che non si vede. Quello che imprigiona le tue riflessioni e costringe la tua immaginazione a un movimento ossessivo, senza-via-di-uscita: un film? Pensi al cancro. Una pizza?  Pensi al cancro. Una visita inaspettata? Pensi al cancro… e magari se ne uscissero fuori lacrime e rabbia

Il perché Gastaldi trasmetta leggerezza pur facendo il mestiere che fa è un mistero, ma ormai voi siete abituati alle mie domande senza risposta…

Attivecomeprima è stata fondata da Ada Burrone, colpita dal tumore al seno a 40 anni (oggi è una felice settantottenne), e Gastaldi vi si impegna dal primo giorno, ossia da  trent’anni.

La onlus ha una sede unica, in via Livigno 3 a Milano (02-688.96.47), ma collegamenti operativi in tutta Italia. La frequentano un centinaio di persone alla settimana, i malati di tumore e i loro parenti o amici, affettuosamente chiamati care-giver, ossia coloro che si fanno carico della malattia. “Spesso sono più in difficoltà dei pazienti, devono sapersi adattare, “guidano” rischiando. La loro è una posizione sacrificale, densa di grandi ansie – spiega Gastaldi – In genere i mariti delle donne con tumore al seno si comportano come i papà in gravidanza, in alcuni casi fanno scelte importanti per stare vicino alla loro partner, rallentano il ritmo lavorativo o prendono un’aspettativa… Quelli che mollano? Avevano una relazione già critica alle spalle o sono persone molto fobiche, vittime di mille paure…”

Quando un trauma irrompe nelle vite, inevitabilmente, porta a galla questioni irrisolte, occasioni perdute, conflitti. “D’abitudine facciamo dei test all’inizio delle terapie e alla fine – aggiunge Gastaldi – Valutiamo ansia, aggressività, depressione. In genere “dopo” si riduce la fragilità emotiva e l’aggressività che prima era rivolta verso se stessi si dirige verso l’esterno, talvolta sugli altri, per questo il ruolo dei care-giver è delicato.  La ricerca dell’equilibrio – personale e familiare – è un’arte”.

Quando il trauma è grave, la vita cambia, “ma il cambiamento non deve essere peggioramento – insiste Gastaldi – C’è una strada virtuosa che è quella di mettere in moto parti di noi a cui non avevamo dato spazio. Quando temiamo di perdere la vita, ci chiediamo: vogliamo andare avanti così? Se la rabbia e  la paura conseguenti all’evento traumatico sono “sostenute” ci permettono di scoprire sfaccettature inedite di noi stessi, ci fanno diventare più veri

Ma un tumore non ammorba solo i pensieri. Spesso, la  malattia da un lato e le  cure dall’altro, danneggiano anche il  corpo, che è la nostra casa. “Nostro compito è ridurre questi effetti, le cicatrici, le dermatiti, la perdita dei capelli, il diventare sterili quando si desidera un figlio, la paura di invecchiare in fretta, di dover gestire nuovi disturbi subentrati dopo le terapie pesanti. A volte la somma dei malesseri è più intollerabile del male stesso”.

Per questo Attivecomeprima lavora a trecentosessanta gradi con i reparti di vari ospedali, dal Fatebenefratelli di Roma a Le Molinette di Torino, c’è sempre un medico che insegna a ridurre la fatigue, la stanchezza provocata da chemio e radio, ci sono corsi di danza, yoga e canto, “per recuperare lo schema del corpo ferito,  non si tratta di discipline buttate lì a casaccio, c’è un filo che le lega assieme”. Un progetto, una cura.

Attivecomeprima è una onlus, le terapie non si pagano ma l’associazione vive di offerte.

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