Ho intervistato un chirurgo plastico, la lancio nel  blog, come si faceva una volta con i messaggi in bottiglia, per lasciarla pescare a chi ne ha bisogno. 

Si chiama Marcello Bonavita, è chirurgo onco-plastico dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano,  asporta tumori e “ricostruisce” 350 seni in un anno (alla fine dell’intervista vi dirò perché ho scelto lui).

Dottore, via il tumore, via il seno?

“Non è più così. Fino a qualche anno fa si era convinti di  dover lasciar passare cinque anni prima di  ricostruire la mammella. Era una visione antiquata perchè l’intervento ricostruttivo non ha niente a che fare con il decorso della malattia e soprattutto non pregiudica la lettura delle mammografie di controllo”.

Spieghiamo bene.

“Oggi si esce dalla sala operatoria dopo aver fatto una quadrectomia (l’asportatazione di uno spicchio di mammella) o, in caso di mastectomia, (quando viene tolta tutta la ghiandola mammaria) con un espansore mammario, sorta di palloncino pieno d’acqua, che prepara i tessuti a ricevere la protesi definitiva. In questo secondo caso si dovrà poi fare un secondo intervento, più o meno dopo  sei mesi”.

Chi decide se togliere solo uno spicchio o tutta la ghiandola?

“Fondamentali sono le dimensioni del tumore, se è sotto i 2 centimetri e la mammella è  medio-grande in genere si fa la quadrectomia. I chirurghi suddividono il territorio della mammella in cinque quadranti o  “spicchi” e se ne asporta uno, quello con la parte malata”.

Poi però resta un seno con un avvallamento…

“Non è vero. Quando il chirurgo è bravo fa il “rimodellamento” contestuale. È un’operazione che richiede una mezz’ora di lavoro in più in sala operatoria, in pratica si sposta del tessuto della ghiandola mammaria e lo si usa come riempitivo. Il risultato è più che buono, tanto più se il seno è grande, resta solo la cicatrice che col tempo diventa poco visibile”.

Se il tumore è più di 2 centimetri o il seno è piccolo invece?

“Si fa la mastectomia, ossia si asporta l’intera ghiandola e si ricostruisce la mammella.  Non è più l’intervento demolitivo di un tempo, a volte  si possono lasciare cute e capezzolo a meno che il tumore non sia vicinissimo al capezzolo o non lo abbia intaccato”.

Un seno con protesi non è mai uguale all’altro

“Per questo, in caso di asimmetria, si fa un intervento solo estetico sull’altra mammella”.

Togliere il tumore, mettere l’espansore, poi la protesi, poi rifare anche l’altro seno, in certi casi intervenire anche sul capezzolo, tutti interventi e anestesie, non è una passeggiata …molte donne non ce la fanno, perché?

“Sono convinto che se una donna è bene informata accetta questi passaggi come tappe verso la guarigione completa e anzi si avvicina prima a un personale benessere interiore. Che passa anche dalla sessualità, dalla propria immagine riflessa, dal piacere di indossare un vestito. La paura è conseguenza della mancanza di informazione. Se gli oncologi per primi non parlano di questi aspetti, le credenze si autoalimentano e una donna può pensare che la ricostruzione non permetta di leggere correttamente una mammografia. E poi molte credono di non poterselo permettere, invece gli interventi di chirurgia plastica sono gratuiti anche dopo moltissimi anni dalla mastectomia per tumore”.

Cos’è il lipofilling e cosa significa “ricostruire il seno con le cellule staminali”?

“Sulle cellule staminali spesso si leggono cose inesatte. Le cellule staminali vengono distinte in embrionali e adulte, le prime non le possiamo usare; le seconde, invece, sono  quelle che si ricavano dal tessuto adiposo: permettono di formare altro tessuto adiposo, connettivo e nuovi vasi sanguigni. È in quest’ultimo senso che vengono impiegate per migliorare l’aspetto del seno, quando si vuole ridurre il segno della cicatrice, riempire una parte scarsa di grasso, cicatrizzare un tessuto reso atrofico dalla radioterapia, ammorbidirlo,e a volte ripristinare la sensibilità al tatto”.

Come funziona?

“In anestesia locale, si preleva del grasso dalle cosce o dall’addome con una cannula sottile, poco alla volta, io seguo le tecniche di Coleman e di Rigotti, il tessuto adiposo viene centrifugato per liberarlo da scorie e viene inserito nella mammella con cannule ancora più piccole, a volte si aggiunge del plasma ricco di piastrine (Prp) prelevato dalla stessa paziente. Fondamentale è la gradualità, iniettare (poco) grasso facendo più iniezioni, questo permette al grasso di attecchire e col tempo si crea nella mammella un nuovo tessuto, sano e vitale. A seconda dei casi si decide se ripetere il trattamento sino a quattro volte e più, a distanza di quattro-sei mesi”.

Il fatto che si ricreino nuove cellule nel seno espone a un rischio tumore?

“Affatto. Non è che ogni cellula che cresce diventa cancro. La formazione di un tumore segue meccanismi precisi e ben noti, diversi da questo che è un innesto di cellule staminali autologhe”.

Il perché ho scelto di intervistare Bonavita è semplice, è il chirurgo che mi ha operato. Non l’ho scovato navigando nel web (non ha un sito), non l’ho visto mai neppure in tivù. L’ho trovato con il passaparola, la mia garanzia sono stati i miei due carissimi amici che  me l’hanno presentato. Grazie Roberta e Riccardo.

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