Le ultime perplessità sul dilagare dei telefoni cellulari in mano ai bambini e sulla loro pericolosità sono arrivate oggi dell’associazione dei Medici per l’Ambiente (Isde) di Roma. Tant’è che l’epidemiologa Devra Davis ha proposto la dicitura “tenere lontano dai bambini” come si fa con le medicine.

“In questo momento non siamo in grado di affermare con certezza che le microonde dei cellulari provocano malattie – ha spiegato la Davis – ma ci sono sufficienti evidenze per avere un ragionevole dubbio, e nessuno vorrebbe giocare alla roulette russa con i propri figli”.

Nel mondo ci sono diversi esempi di autorità sanitarie che si stanno preoccupando del problema: la città di San Francisco sta obbligando i produttori a mettere un ‘bugiardino’ all’esterno delle confezioni, mentre in Francia una legge obbliga i produttori a indicare la possibilità che l’uso sia dannoso per i più piccoli. In Israele, il paese con più utilizzatori al mondo, a seguito di un aumento dei tumori della ghiandola salivare tra i giovani si è deciso di creare un istituto di ricerca apposito che studierà il problema.

“Dal punto di vista scientifico ci sono già delle evidenze, anche se non conclusive – ha sottolineato Davis, che è stata membro della National Academy of Sciences – un articolo su Jama ha dimostrato che un utilizzo prolungato cambia il metabolismo del cervello, mentre alcune prove hanno visto che la penetrazione delle microonde nel cervello è doppia nei bambini, che hanno un cranio più sottile, e molto maggiore nei feti, in cui le cellule si stanno formando”.

Non ho nessuna intenzione di giocare alla roulette russa con le principesse. La sera in camera facciamo piazza pulita di caricatori, computer, sveglie elettriche e quant’altro possa trasmettere onde.

E il cellulare? Ho ceduto io a metà anno – prima media – quando la principessa grande ed io non ci siamo trovate a metà strada, lei era ai suoi primi rientri da sola e io uscivo dalla redazione (già, il posto a cui debbo il mio aggiornamento continuo sui fatti di nera). Insomma, è bastata  una fitta al petto – la manciata di minuti durante i quali ho perso lei e il respiro –  a farmi cambiare idea.

La sera stessa ho tirato fuori un cellulare inutilizzato (“mamma, dicevi che non serviva…, non mi importa di essere l’unica a non averlo, davvero…”). Nell’arco di un pomeriggio ho fatto a pezzi le buone intenzioni,  il manuale del perfetto genitore, gli accordi con il principe.  E così, e finalmente, la mia ansia è scesa giù rasoterra.

Perfino oggi, giorno di gita scolastica con andirivieni di  pullman, mi sono beata di un sms clandestino (“siam arriv”). Ma la notte, il cellulare anti-ansia, dorme fuori dalla stanza.

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