Sono in vacanza, sto facendo il pieno di luce che mi servirà a illuminare l’inverno. Dovrei starmene buona buona senza pensare al blog ma è inutile, non resisto. Come mi muovo, come sfoglio un giornale o un libro, pesco qualcosa di interessante…

È di poche ore fa questo lancio Agi.

Un gruppo di scienziati londinesi ha scoperto un “modo nuovo” di combattere il cancro che potrebbe portare a trattamenti piu’ efficaci di quelli attuali. Invece di focalizzarsi sulla distruzione delle cellule tumorali, il metodo si concentra sulle cellule sane che circondano il tumore, che sono indotte a ‘scoraggiare’ le cellule cancerogene contrastandone la diffusione.

La ricerca della Queen’s University di Belfast è stata pubblicata sulla rivista “European Molecular Biology Organization Journal”.

Gli scienziati hanno studiato il cancro alla cervice e quello alla gola scoprendo che la proteina del retinoblastoma (Rb), presente nelle cellule, è responsabile della comunicazione fra le cellule sane e quelle cancerose. Le cellule sane, infatti, sono programmate a inviare messaggi a quelle cancerose, in qualche modo “incoraggiandole” a diffondersi. Se però si attiva la proteina Rb, diminuiscono i fattori che incoraggiano questa invasione e il cancro non si diffonde.

La scoperta potrebbe portare a nuove forme di terapia che non siano valide solo per il cancro alla cervice e quello alla gola ma anche per altri tipi di cancro in cui questa proteina, o altre simili a essa, gioca un ruolo analogo.

Senza sminuire il lavoro degli scienziati londinesi (ci piace un sacco l’idea di rafforzare le cellule sane invece di bombardarle) questa proteina ci pare una gocciolina nell’oceano, una scheggia di meteorite nello spazio, una formichina nella savana… Sì, insomma, un riflesso dell’infinitamente piccolo.

Abbiamo capito che la ricerca deve procedere a piccoli passi, sappiamo che una tecnologia efficace e nuova non può essere introdotta dall’oggi al domani, pena il terremoto dei mercati… Sissignori, cataclismi in borsa. E dunque si deve galleggiare nel conosciuto, analizzando senza guizzi, sbriciolando senza alzare il capo, fino a diventare ciechi senza accorgersene. L’orizzonte è perduto. Il fine non esiste quando il mezzo comanda.

Sto leggendo la biografia di Luigi Di Bella, “Il poeta della scienza”(Emmeci edizioni), 444 pagine scritte dal figlio Adolfo, e la prima cosa che vorrei gridare è: SI APRA UN’INCHIESTA!!!

È un canovaccio da tragedia greca, un genio buono crea la pozione della salvezza (non sminuzza ma applica le sue nozioni di fisiologia alla clinica, vivaddio una ricerca che “serve” alla salute). E per farlo usa medicine che si trovano già in farmacia. I geni del male sono pochi con molti servitori: i principi attivi, per dirne una, spariranno subito dal mercato.

Lo si farà passare per ciarlatano, altri si faranno vanto delle sue scoperte…

Sì, tragedia greca: tutti si continua a morire di cancro, poveri e ricchi, buoni e cattivi. La regia diabolica ha fatto passare il suo sistema di cura (unico), le sue certezze (al di fuori nulla è lecito) e ne resta imprigionata, i servitori di belzebù muoiono di tumore come gli altri e continueranno… Non conta vivere, non si guarda l’orizzonte. Quel che non si può perdere è la quotazione in borsa!

Tornando alla scoperta della proteina, leggo a pag 381 della biografia di Luigi DiBella come lo scienziato illustrò alla stampa la sua terapia: “Non si distruggono le cellule cancerose intossicandole, ma favorendo la competizione tra cellule sane che crescono e quelle neoplastiche, alle quali viene impedito di crescere, grazie all’azione differenziata delle sostanze utilizzate le una sulle altre. Con la stimolazione della crescita delle cellule sane – apparentemente assurdo – impedisco quella delle cellule cancerose “.

E a pag 308: “Oggi si adopera il principio della chemioterapia che si fonda su vecchi concetti immunitari…colpire presto, colpire forte, ossia con sostanze capaci di uccidere gli elementi neoplastici… Non esiste, al momento, una sostanza con tossicità differenziale, ossia che sia tossica per le cellule neoplastiche e non per quelle sane. Per questo ho respinto la chemioterapia e mi sono rivolto verso un altro principio: creare le condizioni biologiche tali da impedire la ulteriore proliferazione delle cellule neoplastiche senza distruggere le preesistenti. Quindi, creare un ambiente biologico ostile ma non un ambiente farmacologico tossico. Ho scelto tra tutta la letteratura esistente le sostanze che, a una minima tossicità, accoppiassero la dimostrata capacità di incidere su uno o più processi di guarigione e di evoluzione dei tumori. Ecco un complesso di sostanze che agiscono centripetamente sulla cellula neoplastica e che incideranno, di volta in volta, insieme o successivamente, su una delle miriadi di reazioni biologiche che sono responsabili della vita di queste cellule”.

Correva l’anno 1997…

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