Ultimo giorno di vacanza in Liguria. Cielo terso e aria settembrina, finalmente. Ho accarezzato la costa che vedevo da bambina e da ragazza, ogni estate. Le curve frastagliate e, sotto, gli scogli. I pini a ombrello, le ortensie all’ombra e le palme al sole. Li ho accarezzati con gli occhi. Trovandoli sorprendentemente uguali: colline, grotte, alberi: già, la natura – ma anche le scalette che portano al mare, gli oggetti, i fogli di giornale e le parole scritte – vivono più a lungo di noi.

( Il trampolino, che vedete nella foto sbiadita, non c’è più. Era il 1981, dopo gli esami di terza media mi cimentavo nei tuffi carpiati, il fotografo è il mio papà. Dovrei dirvi che anche lui non c’è più – ma per me c’è sempre – e che mi è rimasta la sua macchina fotografica, con un esposimetro manuale e lo stesso odore di allora).

L’ho toccata più e più volte, questa costa, e ieri, lunedì di fine estate, l’ho attraversata con le scarpe di gomma, per 18 km (eh solo 10 di corsa…). L’ho accarezzata con le suole. E, intanto, via libera ai pensieri. Quanto si cambia con gli anni? Quanto pesa la memoria del passato sul presente? Sono la stessa Gioia che si tuffava dal trampolino? Sarà vero quel che dice Matteo (amico di gioventù convertito al buddismo tibetano) che siamo totalmente diversi, “agglomerati di sensazioni sempre nuove” ? E perchè faccio gli stessi sbagli? E perché ogni tanto no? Non farà solo comodo ignorare il passato?

E senza storia chi siamo?

PS. la foto accanto è un quadro del mio bel presente

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